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I dati Covid truccati, le verità della Regione e i numeri del Lotto

Di Mario Barresi |

Il siparietto più emblematico, fra un’audizione e l’altra, è quando in Antimafia s’attende l’arrivo (molto in ritardo, ma giustificatissimo) di Mario La Rocca, reduce dall’audizione-maratona in commissione Salute. Mentre il monitor inquadra i deputati regionali in annoiata attesa, da un microfono birichino, lasciato aperto dal dem Nello Dipasquale, rimbomba una domanda: «Ma chi stiamo aspettando, Babbo Natale?».

E in effetti è un po’ così. Il plenipotenziario della sanità siciliana al tempo del Covid, in un tour de force di oltre cinque ore, prova a regalare un po’ di serenità a un governo regionale messo all’angolo dagli eventi, prima ancora che dalle opposizioni. Con l’ombra dell’inchiesta sui dati falsi, che ha costretto l’ex assessore Ruggero Razza a dimettersi, con l’ex dirigente del Dasoe agli arresti domiciliari, con tutto il peso sulle spalle del governatore-assessore Nello Musumeci e del doppio dirigente (La Rocca, oltre alla Pianificazione strategica, ora guida ad interim anche il dipartimento Attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico), alla vigilia si sente forte l’attesa per una giornata dal forte valore anche politico.

E ha un suo preciso significato l’assenza di Musumeci, con annesso sfogo con la presidente della commissione Salute, Margherita La Rocca Ruvolo (Forza Italia), che aveva “osato” convocare anche lui, in veste di assessore facente funzione, nell’audizione di ieri. «Ma non lo capisci in che momento siamo? Mi vuoi fare processare dalle opposizioni?», il senso della sfuriata del governatore prima di comunicare che sarebbe stato sostituito, per sopravvenuti impegni, dal capo della sua segreteria tecnica, Giacomo Gargano. L’assenza di un governatore «che pretende di fare l’assessore alla sanità a tempo perso, mentre tutto intorno sta crollando» viene bollata come «gravissima» dai componenti grillini della commissione Salute, i quali hanno chiesto (e ottenuto) la diretta in streaming della seduta. «Con tutto il rispetto per i giornali – afferma la presidente La Rocca Ruvolo in apertura – è in questa sede che bisogna dare le risposte su questioni che interessano i cittadini».

Ma il super dirigente, in fin dei conti, se la cava. Porta i compiti fatti da casa sul caos dei numeri per la zona rossa a Palermo e provincia, risponde sulla matrice dei dati finiti nelle intercettazioni sui «morti da spalmare», risponde con freddezza alle critiche delle opposizioni, sguscia dalla domande più ostiche, butta la palla altrove, spesso in tribuna, sulle responsabilità che non gli competono. E rassicura: «Stiamo affrontando bene la pandemia». Alla fine, magari, ognuno manterrà le proprie posizioni. Ma, da ieri, ci sono sul tavolo cifre e spiegazioni che arrivano dalla Regione per la prima volta. E che magari sarebbe stato opportuno fossero state fornite prima.

A partire dalla giungla palermitana. Dove, prima ancora delle polemiche sul lockdown, c’è un’emergenza in corsia. L’ospedale Cervello e quello di Partinico, che accolgono i pazienti Covid, sono ormai pieni; situazione analoga si registra anche a Termini Imerese. Alcuni pazienti in attesa sono stati dirottati all’ospedale di Petralia Sottana dove si accolgono malati a bassa intensità di cura. La mappa, comunque rassicurante, viene fornita da La Rocca e dal commissario Covid di Palermo, Renato Costa.

«Si resta basiti e attoniti nell’apprendere le dichiarazioni del commissario Costa rese alla commissione. Si resta basiti nel leggere che a Palermo non c’è stato il tracollo degli ospedali», sbotta Angelo Collodoro, vice segretario regionale della Cimo, sindacato dei dirigenti medici». La Rocca snocciola i dati aggiornati sulla piattaforma Gecos. In questo momento in tutta la Sicilia risultano disponibili 436 posti dedicati al Covid in terapia intensiva, dei quali 185 occupati; nelle degenze ordinarie restano disponibili 935 dei 2.165 letti disponibili. Un andamento dell’occupazione dei reparti che, rivendica il dirigente, «ancora regge». Ma ora «quello che manca sono soprattutto i posti letto di terapia semi intensiva perché questa seconda ondata ha delle caratteristiche cliniche diverse dalla prima: minor impegno della terapia intensiva ma con un gran numero di soggetti più giovani contagiati e con una richiesta di assistenza intermedia».

Poco dopo, davanti alla commissione Antimafia, La Rocca tornerà anche sul caso dell’audio in cui lo scorso novembre incalzava i manager sanitari a «caricare i dati» sulla piattaforma per rispettare il programma fissato dall’ex assessore Razza. Alla richiesta del presidente Claudio Fava sull’esito della relazione degli ispettori inviati in Sicilia dal ministro Roberto Speranza, il burocrate risponde che «i risultati non li abbiamo ricevuti, ma ho feedback informali dai direttori generali su una corrispondenza sostanziale» fra i posti indicati e quelli davvero disponibili. «Addirittura in qualche caso ce n’erano pure di più», aggiunge ricordando solo «una contestazione sulla tipologia dei posti al Garibaldi». Il sindacalista Collodoro la pensa diversamente: «Scene di un film già visto un anno fa, uno squallido teatrino con dati forniti da coloro che taroccavano i posti letto già a novembre. Avanti così, con i numeri al lotto».

A proposito di numeri. La Rocca, nella lunga audizione, ammette che «inseguiamo con due settimane di ritardo la situazione epidemiologica nazionale». Ma rivendica: «Se non fossimo intervenuti su Palermo avremmo rischiato di far diventare “rossa” tutta la Sicilia». Con questa spiegazione sui dati: «Quando il governo Musumeci ha firmato l’ordinanza per Palermo, il dato era di 209 contagi su 100mila abitanti ma avevamo la percezione di una maggiore diffusione delle varianti e registravamo pure la pressione sugli ospedali. Quel dato ora è consolidato: l’incidenza è di 275 casi su 100mila».

Ma ci sono altri numeri delicati. Quelli finiti nell’inchiesta di Trapani (ora il fascicolo è a Palermo) che ha decapitato i vertici della sanità siciliana. «Le statistiche che finiscono all’Iss, e che determinano le scelte del governo nazionale, sono caricati in forma singola dalle strutture periferiche con record personali», spiega La Rocca all’Antimafia, distinguendo poi «i dati per la comunicazione», ovvero quelli della Protezione civile, «con un tipo di raccolta disaggregata e disallineata nel tempo». E quindi? «Andare dietro alla comunicazione giornaliera sui numeri del Covid, che nessuno ha la possibilità di consolidare, ha fatto sì che si creasse un clima di sfiducia nelle istituzioni», scandisce il burocrate.

Questi numeri, comunque, non rientrano in un flusso che è a disposizione del Cts siciliano. «In nessun modo è coinvolto nella fase di raccolta dati e di trasmissione», conferma La Rocca. Sollecitato da Fava sul fatto che ai “saggi” della Regione non vengono chiesti pareri dallo scorso gennaio, il dirigente taglia corto: «Il Cts è un organo esterno. Viene convocato quando l’assessore ritiene necessario un suo parere. Se non lo ritiene non lo convoca». Poco prima, davanti alla commissione Salute, Salvatore Scondotto, coordinatore del Cts ammette che «ci siamo riuniti una o due volte a marzo». Ma la Regione non sembra più avere bisogno di loro, anche perché, si giustifica La Rocca, «siamo già alla terza ondata e su molte delle cose che dovevamo sapere ci siamo già confrontati».

Con una nota ufficiale, infine, l’Antimafia regionale ha chiesto ai dirigenti del soggetto attuatore per l’emergenza Covid, della Protezione civile regionale, della Centrale unica di committenza e ai dipartimenti della Sanità i dati sulle gare per beni e servizi, sull’assunzione di personale, sui conferimento degli incarichi. «È uno dei capitoli in cui si gioca la credibilità della Regione», dice Fava. Anche se La Rocca, nell’audizione, giustifica una mancata risposta sugli appalti dell’inchiesta “Sorella Sanità” con un’orgogliosa stizza: «Non me ne sono potuto occupare. Forse perché sono impegnato a gestire una pandemia?».

Twitter: @MarioBarresi

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