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Vaccinare i più piccoli sì o no? Tante domande e pochi dati

Di Enrica Battifoglia |

Roma – Il via libera della Cina al vaccino Sinovac per i bambini e i ragazzi da 3 a 17 anni arriva a circa una settimana dai dati di Israele sui casi di miocardite nei giovanissimi vaccinati e va ad alimentare le domande sull’opportunità o meno di vaccinare i bambini. Sono relativamente pochi i dati disponibili per i ragazzi dai 12 anni in su, dal momento che le sperimentazioni sono state condotte solo sugli adulti e che nel mondo sono pochissimi i giovani che hanno avuto il vaccino. Mancano del tutto i dati sui bimbi da 3 a 12 anni.

Quello che sappiamo è che «i vaccini si sono dimostrati formidabili in termini di efficacia e protezione» e che «è giusto vaccinare i bambini», dice all’Ansa Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto farmacologico “Mario Negri”. «I dati che abbiamo riguardano i ragazzi al di sopra dei 12 anni: prima di questa età non abbiamo idea e non abbiamo dati», ma «è importante studiare i bambini perché bisognerà trovare il dosaggio giusto», osserva.

In generale si sa che «tra 15 e 24 anni la reattività immunologica è più vivace che negli adulti», ma scendendo nel dettaglio dei vaccini anti Covid gli unici dati finora pubblicati arrivano da Usa e Israele e si riferiscono al vaccino Pfizer/BioNTech. I primi, pubblicati sul New England Journal of Medicine, sono stati presentati all’agenzia regolatoria americana Fda per l’autorizzazione e si basano su 2.260 adolescenti fra 12 e 15 anni. Di questi 1.131 hanno preso il vaccino con la stessa dose prevista per gli adulti; gli altri hanno avuto un placebo. Sono dati che dicono che «la sicurezza c’è, in quanto non si sono rilevati eventi avversi inaspettati, ma solo disturbi comuni come febbre, mal di testa e dolori articolari. È anche vero che questi casi sono pochi per vedere eventuali eventi avversi».

I dati di Israele, relativi a 5 milioni di bambini vaccinati, hanno rilevato 257 casi di una rara forma di miocardite, ossia un’infiammazione del muscolo cardiaco che in alcuni casi è transitoria e che in altri potrebbe avere conseguenze gravi. «È un fenomeno estremamente raro ma c’è: non si può far finta che non ci sia. Va studiato e capito». Un rischio analogo possono correrlo i bambini che si ammalano di Covid-19, hanno osservato i Centri per il controllo delle malattie (Cdc) Usa.

Sono tante le domande aperte, ma per Remuzzi il punto fermo è che «certamente un giorno bisognerà vaccinare i bambini» e che si dovrà «scegliere il momento giusto. Il “quando” farlo – ha aggiunto – dipende dal Paese in cui ci si trova e dalle dosi disponibili». Per esempio, «in Italia oggi la priorità non sono i bambini, ma il 10% degli over 60 non vaccinati e il terzo degli over 50 senza la prima dose. Prima di pensare ai bambini dobbiamo arrivare all’85%-90% di adulti che hanno ricevuto la prima dose». Dare la seconda dose ai più anziani e fragili, conclude, «è un modo per proteggerli dalla variante indiana, o Delta, destinata a sostituire quella inglese, o Alfa, nel giro di settimane».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA