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Lucia Borsellino: «Il giorno della strage

Lucia Borsellino: «Il giorno della strage mio padre aveva con sé l’agenda rossa»

Il racconto della figlia di Paolo al processo: «Ma La Barbera negò»

Di Redazione |

CALTANISSETTA – «Il 19 luglio del 1992, il giorno della sua morte, vidi mio padre mettere nella borsa, tra le altre cose, un’agenda rossa da cui non si separava mai». Lo ha detto Lucia Borsellino, figlia del magistrato assassinato dalla mafia, deponendo al quarto processo per la strage in corso a Caltanissetta.   «Non so perchè la usasse – ha aggiunto – o cosa ci fosse scritto perché non ero solita chiedergli del suo lavoro. Qualche mese dopo la strage l’ex questore Arnaldo La Barbera ci restituì la borsa di mio padre. L’agenda rossa non c’era più. Io mi lamentai della scomparsa e chiesi che fine avesse fatto. La Barbera escluse che ci fosse stata e mi disse che deliravo». Lucia Borsellino ha ricordato il teso scambio di battute con La Barbera, che coordinò il pool che indagò sulle stragi Falcone e Borsellino.   «Quando gli manifestai il mio fastidio – ha aggiunto l’ex assessore regionale – mi disse che avevo bisogno di aiuto psicologico». La figlia del magistrato ha raccontato di avere successivamente trovato a casa del padre un’altra agenda, di colore grigio, che consegnò all’allora pm di Caltanissetta Anna Palma. «Visto quanto accaduto nella storia di questo paese – ha aggiunto – chiesi che ne facessero delle fotocopie e che acquisissero quelle, ma che l’originale ci fosse restituito».   «Nessuno ci chiese perché attribuivamo tanta importanza all’agenda rossa. E invece credo che investigativamente fosse importante fare accertamenti». Lo ha detto il figlio del giudice Paolo Borsellino, Manfredi, deponendo al quarto processo per la strage di via D’Amelio. Il teste ha lungamente parlato del diario da cui il padre, raccontano i familiari, soprattutto negli ultimi giorni di vita non si separava mai e che scomparve dalla borsa del giudice dopo l’eccidio.   «Quando l’allora capo della Mobile Arnaldo La Barbera ci ridiede la borsa – ha aggiunto – e vedemmo che l’agenda non c’era e chiedemmo conto della cosa, si irritò molto. Sembrava che gli interessasse solo sbrigarsi e che gli stessimo facendo perdere tempo. Praticamente disse a mia sorella Lucia che l’agenda non era mai esistita e che farneticava. Usò dei modi a dir poco discutibili».   «Dopo Capaci mio padre aveva fretta di essere sentito dai colleghi di Caltanissetta che indagavano sull’eccidio e non si spiegava perché non lo convocassero. Tanto che in un’occasione pubblica fece un intervento con cui tentò, secondo me, di sollecitare una convocazione». Lo ha detto Manfredi Borsellino, figlio del giudice ucciso nel 1992, deponendo, a Caltanissetta, nel processo sulla strage di via D’Amelio il 19 luglio ‘92 a Palermo.

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