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Viaggio nella mente di Veronica «Che bello, siete tutti qui per me!»

Viaggio nella mente di Veronica «Che bello, siete tutti qui per me!»

Di Mario Barresi |
CATANIA. «Ma che bello, siamo tutti qui! Ci siete tutti, siete qui per me». Manca qualche minuto a mezzogiorno. La minuscola sala colloqui di piazza Lanza fatica a contenere il plotone di strizzacervelli. E lei fa un ingresso da star: «Sono pronta, chiedetemi tutto quello che volete ».
Veronica Panarello, nel carcere di Catania, comincia il suo viaggio dentro di sé. Ma nella prima tappa non parla del figlio, né di quella maledetta mattina del 29 novembre del 2015. Ci sarà modo di approfondire, in una full immersion già programmata per l’8 e il 9 febbraio prossimi.
 
Davanti a lei, schierati, in un clima che tutti definiscono «sereno e molto collaborativo» i periti che dovranno giudicare le sue condizioni mentali. Non diranno se ha ucciso il figlio Loris Stival, ma la perizia psichiatrica avviata ieri mattina – alla quale è condizionato il rito abbreviato davanti al gup di Ragusa, Andrea Reale – sarà decisiva per scrivere più di un capitolo nel giallo dell’infanticidio di Santa Croce Camerina.
Veronica, accusata di omicidio aggravato e di occultamento di cadavere, è arrivata sabato sera a Catania, proveniente dall’ex ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto.
 
«È guardata a vista anche nel carcere di piazza Lanza, ma non ha manifestato nessun gesto autolesionistico», rivela il suo avvocato, Francesco Villardita. «L’ho vista circa 10 giorni fa – dice entrando in carcere – e in quel momento non era in perfetta forma. È molto provata e sempre più magra». Il penalista, all’uscita, aggiungerà altri particolari: «È sedata, forse per la cura che le stanno somministrando. Le fanno la terapia magari per dormire o perché gli psichiatri della struttura ritengono necessiti di una cura farmacologica per problemi di ansia. Una scelta che non possiamo che condividere».
Contattato al telefono, il direttore dell’ex Opg, Nunziante Rosania, ci spiega: «Nessuna terapia particolare, soltanto semplici ansiolitici e dei blandi psicofarmaci, tutto nella norma».
 
Aggiungendo che la donna «s’è inserita molto bene all’interno della struttura, seguendo il percorso avviato dal nostro staff». Non ha rifiutato il cibo e ha partecipato alle attività con gli altri internati, Veronica, che «più volte ha chiesto di restare da noi», dice Rosania. Che ha avuto modo di «fare lunghe chiacchierate » con la donna.
 
Ma la “chiacchierata” cruciale, per Veronica e per il suo futuro processuale, è quella cominciata ieri con i periti nominati dal gup di Ragusa: Eugenio Aguglia, professore ordinario di Psichiatria dell’università di Catania e Roberto Catanesi, ordinario di Psicopatologia forense dell’ateneo di Bari. Per le parti in causa presenti Pietro Pietrini (consulente della difesa), Giuseppe Catalfo (per conto del padre e della nonna di Loris) e Silvio Ciappi (nominato dal nonno paterno).
 
Dopo l’insolita entrata in scena della perizianda, gli esperti seguono la normale procedura di quello che tecnicamente si chiama “primo accesso”: una conoscenza della persona. Veronica, in circa due ore di confronto, racconta di sé. Un’autobiografia ricostruita in libertà, partendo dall’infanzia difficile per poi proseguire tracciando le sue dimensioni di moglie e di madre, oltre che di figlia. Ma non si parla del rapporto con Loris, né si arriva al film della mattina dell’omicidio. Ci sarà tempo, così come per la ricerca più complessa: quella del movente che manca.
 
Un primo assaggio della personalità di Veronica, in un clima che Pietrini definisce di «grande collaborazione fra i colleghi ». Fu proprio il docente di Biologia clinica, direttore della Scuola Alti studi Imt di Lucca (sempre con l’altro esperto di Villardita, il neuropsicopatologo di Padova, Giuseppe Sartori, ieri assente a Catania) a firmare la perizia del Cogne-bis in cui si dimostrava come Annamaria Franzoni fosse «veramente convinta della sua innocenza».
 
Da Franzoni a Panarello, da Cogne a Santa Croce. Con due avvertenze. La prima: «Quello di una madre che uccide il proprio figlio è un crimine talmente contro natura, un conflitto così forte di istinti e di valori, che merita un’analisi molto approfondita e una comprensione psicopatologica presente accurata ». Dunque quello di Veronica è «un quadro complicatissimo», ma anche «una sfida scientifica per la comprensione sempre più profonda dei meccanismi delle turbe dell’animo umano».
 
Ma Pietrini invita a «distinguere nettamente il piano della perizia da quello processuale ». In altri termini: «Non c’è un nesso fra la salute mentale della Panarello e la sua colpevolezza». Tutti i periti, «in un gioco di squadra finalizzato a comprendere, senza alcun pregiudizio, il quadro della capacità di intendere e di volere e le eventuali forme di vizio di mente», cercano altro. Ovvero: cosa ha in testa Veronica, a prescindere dal fatto che sia un’assassina. E il ruolo di consulente di parte «non significa negare l’evidenza dei fatti, ma garantire all’assistita un suo diritto: che nel corso della perizia emergano tutti gli elementi della criminogenesi».
 
Anche lo psichiatra etneo Catalfo, consulente di parte civile, conferma il clima di fair play a piazza Lanza. E aggiunge: «Vorrei precisare che il mio mandato è “neutro”. Il signor Stival mi ha conferito l’incarico senza alcun pregiudizio sull’oggetto della perizia e non certo per sostenere tesi preconfezionate sulle condizioni mentali della moglie. Perciò sono doppiamente sereno. Il lavoro mio e della psicologa Maria Costanzo deve contribuire all’accertamento della verità scientifica e non di una verità di comodo. E in secondo luogo perché sono totalmente confortato dalla scelta del gup di Ragusa, che ha chiamato due periti di altissimo profilo professionale».
 
I consulenti si rivedranno l’8 e il 9 febbraio per proseguire il lavoro. Potrebbero essere le due sedute finali prima della stesura, consultando anche una montagna di carte processuali, della perizia super partes, da depositare al gup entro il 13 marzo. Ma è ipotizzabile anche la necessità di ulteriori approfondimenti e, quindi, di una proroga rispetto ai 60 giorni assegnati a partire da ieri.
 
E’ stato anche il giorno del giallo sull’ennesimo incontro fra Veronica e Davide. Avvenuto venerdì scorso, nella sala-visite dell’Opg di Barcellona. In mattinata si diffonde una versione, lanciata dalle agenzie: è stata lei a chiamarlo, «spiegandogli che aveva qualcosa da dirgli». Ma, alla conferma dell’ultima verità («Loris l’ho buttato nel canalone, ma non l’ho ucciso io»), il marito avrebbe lasciato il colloquio.
 
Una ricostruzione che il difensore Villardita, ammettendo «di aver appreso solo adesso dell’incontro», smentisce seccamente: «È stata lei a ricevere una visita a sorpresa del marito, durata pochissimo perché non c’erano argomenti, e non c’è alcun rapporto con Davide Stival». La sua assistita gli ha riferito della brusca interruzione del colloquio, voluto da lei, con un’assistente carceraria che l’avrebbe convinta a tornare nella sala. «Voleva che confessassi una cosa che io non ho fatto», è il racconto di Veronica.
 
Ma in serata Daniele Scrofani, legale di Stival, si dice «stupito di questa ricostruzione del collega Villardita, che forse non sa che è stata la signora Panarello, con ripetute telefonate e anche con una lettera spedita da Barcellona, a cercare insistentemente un incontro al quale il mio assistito ha deciso di acconsentire».
 
Chi ha cercato chi? Le versioni sono inconciliabili, ma l’esito del faccia a faccia è il medesimo: fra Veronica e Davide c’è un muro ormai invalicabile.
twitter: @MarioBarresi
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