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La Sicilia al centro delle strategie Nato

La Sicilia al centro delle strategie Nato A Sigonella il telecomando dei droni Usa

 A Trapani gli “Amx” per la Libia. Muos, attesa per la decisione del Cga

Di Mario Barresi |

CATANIA. Era già stato annunciato nell’estate del 2011 con l’enfasi riservata a «uno dei progetti strategici più importanti dei prossimi anni dell’Aeronautica militare degli Stati Uniti d’America». Ma poi, per ragioni economiche e di strategia militare, l’iniziativa è stata rimandata al bilancio per le costruzioni militari del 2016. Con una netta accelerazione negli ultimi mesi.

Ora è nero su bianco: si chiama “Uas Satcom Relay Pads and Facility”. Sorgerà nella base siciliana di Sigonella. E sarà una specie di “telecomando” mondiale per guidare i droni Usa nei cieli mondo. In termini tecnici si tratta di «un sito fornito di tutte le attrezzature necessarie a supportare le telecomunicazioni via satellite del “Sistema degli aerei senza pilota” (Unmanned Aircraft System – Uas) » e assicurare «lo spazio per la gestione delle operazioni e delle attività di manutenzione dei droni in dotazione all’Us Air Force e all’Us Navy», come si legge nel bando pubblicato dall’ufficio progetti del Dipartimento della Marina americana di Napoli.

Nel documento – rivelato dal blog del giornalista messinese Antonio Mazzeo – si dettaglia l’intervento previsto, con «attrezzature ed equipaggiamenti altamente sofisticati per le attività operative, amministrative e di manutenzione, così come di dodici ripetitori per le telecomunicazioni satellitari con i velivoli senza pilota, macchinari e generatori di potenza, un edificio centrale di comando e controllo, strade di accesso, infrastrutture di supporto e condutture sotterranee». Il centro satellitare per teleguidare i droni americani nei cieli del mondo sorgerà nella stazione aeronavale Nas 2 di Sigonella, su un’area di 1.200 metri quadrati, dopo la «demolizione e la rimozione delle vecchie infrastrutture ospitate nell’area». L’importo stimato per costruire l’infrastruttura militare è compreso tra i 10 e i 25 milioni di dollari, «a cui si aggiungeranno 1.225.000 dollari per l’acquisto delle apparecchiature destinate al Sistema di comando, controllo e telecomunicazione dei droni di guerra».

La società contractor dovrà consegnare i lavori entro 550 giorni dalla stipula dell’accordo con il Dipartimento della marina statunitense. A regime è previsto anche un incremento di risorse umane: verranno trasferiti a Sigonella 55 militari e 58 dipendenti civili dell’US Air Force. Nella base siciliana sarà realizzata pure un’ampia area per la sosta dei velivoli senza pilota Usa. «Il costo delle infrastrutture di supporto è superiore del 25% di quanto calcolato preventivamente perché la facility deve essere realizzata in un’area sottosviluppata e delicata dal punto di vista ecologico», spiega il Pentagono. La “Satcom Communications Support Facility” «non potrà contare sull’apporto finanziario della Nato». Ma cosa succederà nella base al confine fra Catania e Siracusa?

La prima risposta è nelle carte. Ovvero il verbale della seduta del Senato Usa del 14 aprile 2011, nella quale il vicesegretario dell’Us Air Force, Terry A. Yonkers, presentò in commissione Bilancio il progetto: «Noi rafforzeremo le nostre capacità di comunicazione con i comandi di guerra grazie alla stazione di telecomunicazione satellitare che realizzeremo a Sigonella». Il resto è nei documenti del Pentagono: «Il Sistema degli aerei senza pilota richiede un’ampia facility che assicuri la massime efficienza operativa durante le missioni di attacco armato e di riconoscimento a supporto dei war-fighters», si legge.

E dunque la costruzione del centro «è necessaria per supportare i link di comando dei velivoli controllati a distanza, in modo da collegare le stazioni terrestre presenti negli Stati Uniti con gli aerei senza pilota operativi nella regione dell’Oceano atlantico». Con il completamento di Sigonella saranno soddisfatte le richieste a lungo termine di ripetitori Satcom per i “Predator” (MQ-1), i “Reaper” (MQ-9) e i “Global Hawk” (RQ-4, nella foto al centro della pagina).

I droni controllati dal nuovo centro saranno utilizzati per le missioni pianificate dai comandi strategici di Eucom, Africom e Centcom, in modo da fornire in tempo reale le «informazioni più aggiornate ai reparti combattenti». E il sito siciliano «garantirà – aggiunge il Pentagono – la metà delle trasmissioni del Sistema dei velivoli senza pilota Uas e opererà in appoggio al sito di Ramstein, in Germania», a sua volta interconesso con la base americana di Creech, nel Nevada, principale “cervellone” delle operazioni con aerei senza pilota.

Con una precisazione importante: «Senza l’Uas Satcom Relay Site gli aerei senza pilota non saranno in grado di effettuare le loro missioni essenziali, non potranno essere sostenuti gli attacchi armati e si verificherà una riduzione significativa delle capacità operative odierne e un impatto negativo grave per le future missioni d’oltremare». Abbastanza per confermare, se mai ce ne fosse bisogno, l’importanza strategica di Sigonella. Una delle poche basi passate indenni dalla stretta di Barack Obama sulle spese militari.

«La base aereonavale siciliana – ricorda Mazzeo – ospita stabilmente dal 2009 alcuni droni-spia “Global Hawk” della Marina Usa e dal 2013 pure uno stormo di droni-killer MQ-1 “Predator” dell’US Air Force, utilizzati per le incursioni in Libia, Somalia, Regione dei Grandi Laghi, Mali e Niger. A partire dal prossimo anno, Sigonella farà pure da centro di comando e controllo dell’Ags-Alliance Ground Surveillance, il nuovo programma di sorveglianza terrestre della Nato che verterà su una componente aerea basata su cinque velivoli a controllo remoto “Global Hawk” versione Block 40, che saranno installati anch’essi in Sicilia». Ma non c’è soltanto Sigonella con i suoi droni in una Sicilia sempre più “hub” militare puntato su Mediterraneo e Medio Oriente.

A Trapani, provenienti dal 51º Stormo di Istriana (Treviso), sono schierati quattro Amx “Ghibli”, cacciabombardieri ricognitori dell’aeronautica militare con l’occhio puntato su tutto quello che succede e succederà in Libia. Lo scalo di Birgi fu già la base più importante, nel 2011, per le operazioni nel Nord Africa, oggi sempre più cruciale per la guerra al terrore jihadista. Resta da sciogliere un ultimo nodo decisivo: il Muos di Niscemi. L’impianto satellitare della Marina Usa, il cui sequestro disposto dal procuratore di Caltagirone è stato confermato dalla Cassazione, è l’unico anello mancante di un sistema globale di controllo delle telecomunicazioni con altri tre siti già attivi in America e Australia.

Contro il “Muostro”, da anni, si batte con coraggio un ampio fronte pacifista e ambientalista, che ha già vinto tante battaglie nei tribunali e nell’opinione pubblica. Adesso si attende quella decisiva: il 25 febbraio dovrebbe arrivare la decisione del Consiglio di giustizia amministrativa sulla pericolosità dell’impianto militare americano. Una vigilia avvelenata da quelle che i No Muos chiamano «rilevazioni scientificamente imbarazzanti», con riferimento alla misurazione delle emissioni elettromagnetiche sul tavolo di un collegio di verificatori. I quali si baseranno non su rilevazioni proprie (saltate a causa della mancata accensione del Muos, per l’impossibilità di prendere precauzioni per la popolazione e per la mancata taratura degli strumenti dell’Arpa), ma su dati forniti dall’Ambasciata Usa. I giudici del Cga sono chiamati a una scelta delicatissima. Sulla quale pesa anche il fortissimo pressing diplomatico degli americani. Che avrebbero sollecitato come “urgente” il dossier Muos agli alleati italiani, anche negli incontri bilaterali più recenti.

Gli imminenti raid in Libia e soprattutto l’incubo-Isis sono i principali argomenti buttati sul tavolo, con un certo nervosismo, dagli americani. Per far capire, una volta per tutte, agli alleati italiani che il Muos non può più essere una scartoffia da trattare nei tribunali siciliani. A breve scopriremo quanto sono stati convincenti.

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