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Agrigento, il Fec

L’arrivo del Salvator Mundi del Bernini ha fatto ricordare cosa fa il Fec

Le polemiche che hanno seguito il “prestito” del “Salvator Mundi”  hanno riportato in auge una sigla: “Fec”.

Di Gioacchino Schicchi |

Le polemiche che hanno seguito il “prestito” del “Salvator Mundi”  hanno riportato in auge una sigla: “Fec”. Un acronimo che riguarda il “Fondo edifici di Culto”, una struttura che dipende dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno che, anche se in pochi lo sanno, ha molto a che fare con il patrimonio culturale agrigentino, più per possesso che per “amore”.

Sì, perché se, si legge sul sito on line dell’Ente, “le attività istituzionali del Fondo, che prevedono la tutela, la conservazione e la valorizzazione dei propri edifici sacri, vengono finanziate con i proventi derivanti dalla gestione del patrimonio fruttifero e con un contributo annuale dello Stato pari a circa 1.800.000 euro”, nella nostra provincia si rimane in attesa da tempo che il Fec investa risorse in alcuni beni particolarmente “acciaccati”. Sì, perché all’interno del “Fec”, va sottolineato, sono inserite decine di luoghi di culto di grande valore monumentale presenti nella nostra provincia, che appartengono al Ministero. Due esempi per tutti sono la chiesa di Santo Spirito di Agrigento e il vecchio Duomo di Naro. All’interno della prima sono presenti i noti stucchi del Serpotta che oggi versano in pessime condizioni di  conservazione. Il Fec venne più volte “strattonato” negli anni passati prima di mettere in campo un intervento conclusosi ad inizio dello scorso anno che portò alla realizzazione di semplici lavori di messa in sicurezza, pulitura e prevenzione dello sfaldamento delle delicatissime opere. Nel frattempo però le immagini di stucco erano già state danneggiate dall’umidità, un problema che, ancora oggi, riguarda quella struttura. Meno “fortunato” è il vecchio Duomo di Naro, che attende da anni di essere riaperto dopo essere stata chiuso nel 2005 in seguito alla frana che riguardò la “Fulgentissima”. Accadde, qui, anche di meglio: gli enti tentarono per alcuni mesi di cercare di capire a chi appartenesse l’immobile prima di scoprire che era in carico al Ministero dell’Interno il quale, in realtà, oggi è un padre molto disattento.

Andando ai dati più “freddi”, nella nostra provincia il centro in cui si registra il maggior numero di beni Ministerali, è Sciacca, dove sono presenti le chiesa di Santa Caterina, San Francesco Di Paola, Dei Cappuccini, Del Carmine, San Domenico, San Francesco, Santa Maria Del Giglio, Santa Maria dello Spasimo, Santa Maria di Valverde, detta “delle Giummare”. Agrigento segue a distanza, con il santuario di San Calogero e le chiese di San Domenico, Santo Spirito e San Vincenzo. In ordine sparso poi troviamo: ad Alessandria della Rocca la chiesa Dei Riformati; a Bivona la chiesa Dei Cappuccini e qualla di Santa Maria Di Loreto; a Burgio la chiesa Sant’Antonio da Padova, quella della Beata Vergine del Carmelo e quella di San Vito; a Caltabellotta la chiesa del Carmine, la chiesa del Collegio di Maria; a Cammarata la chiesa di Santa Maria Di Gesù; a Canicattì le chiese dei Domenicani del Rosario, dei Santissimi Filippo e Giacomo e di Santo Spirito; a Licata le chiesa della Santa Maria Del Carmelo, di Santa Maria di Gesù, di Sant’Angelo e di San Francesco D’Assisi; a Naro, le chiese di Sant’Agostino, dell’Annunziata, di San Domenico e del Santissimo Salvatore; a Palma di Montechiaro la chiesa delle Benedettine e la chiesa delle Scuole Pie; a Racalmuto la chiesa di San Francesco D’Assisi, quella di San Giovanni di Dio e di Santa Maria Di Gesù e a Ravanusa la chiesa di Santa Maria Assunta.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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