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Alfano indagato, ecco le carte del complotto

Alfano indagato, ecco le carte del complotto per trasferire il prefetto Guida

Crisafulli: «Mai chiesto alcun trasferimento»

Di Mario Barresi |
ENNA – «Dobbiamo fare presto, dobbiamo risolvere questa cosa prima che il ministro parta per le vacanze di Natale». Così l’ex senatore del Pd, Mirello Crisafulli, intercettato al telefono, metteva fretta al Viminale. «Questa cosa» è il trasferimento dell’allora prefetto di Enna, Fernando Guida, che aveva messo il naso nella fondazione “motore” dell’Università Kore di Enna. «Questa cosa», alla fine, si fa. Davvero: il 21 dicembre il Consiglio dei ministri, su proposta di Angelino Alfano, nell’ambito di un turn over di 14 Prefetture, trasferisce Guida a Isernia. E non nomina il suo successore.
In quei giorni, però, c’è chi le vacanze le passa in ufficio. Mentre scorrono i titoli di coda di mezzo secolo di carriera: è l’ultimo atto dell’ex procuratore di Enna, Calogero Ferrotti, 24 ore prima dal suo pensionamento. Il 31 dicembre del 2015 dalla Procura di Enna parte – con profilo bassissimo, ma con notizie «di significativo rilievo» – un «rapporto», così lo definisce l’ex pm, sull’ennesimo “caso Enna”. Destinazione: il collega Giuseppe Pignatone, procuratore di Roma. Perché stavolta i nomi in ballo sono grossi. Grossissimi. 
 
Nasce da qui l’inchiesta che vede indagati per abuso d’ufficio: il ministro dell’Interno, Angelino Alfano; il viceministro Filippo Bubbico; il capo della sua segreteria particolare ed ex parlamentare Ds, Ugo Malagnino; l’ex senatore del Pd Mirello Crisafulli; il presidente dell’Università Kore di Enna, Cataldo Salerno.
 
L’ipotesi di reato  Il nodo sta proprio nel “siluramento”. Abusando del suo potere di ministro dell’Interno – questa l’idea dei pm di Roma – Alfano avrebbe proposto e fatto approvare il trasferimento del prefetto, che aveva avviato la procedura culminata comunque (quando Guida era ormai a Isernia) con il commissariamento della fondazione Kore, braccio operativo e finanziario dell’Università di Enna.  ll fascicolo è stato trasmesso dalla Procura capitolina al Tribunale dei ministri lo scorso 1º febbraio. Nell’avviso si legge che Alfano e gli altri quattro sono «sottoposti ad indagini per il reato di cui all’articolo 323 del codice penale, commesso in Roma il 23.12.2015». L’atto è firmato dal sostituto procuratore Roberto Felici e dall’aggiunto Francesco Caporale. 
 
Ma perché questo trasferimento? Guida, tra l’altro, era arrivato in Sicilia nel gennaio del 2014: meno di due anni prima, e cioè il termine minimo utilizzato di solito prima di destinare ad altro incarico i prefetti. L’ipotesi di chi indaga è che bisognava fermare un “nemico” della Kore.
 
I veleni sulla Kore  Riavvolgiamo il nastro. A Enna, in quei giorni di dicembre del 2015, la tensione è altissima. Il pm Ferrotti apre un’inchiesta, indagando per malversazione lo stesso Crisafulli, l’ex presidente della fondazione Salerno (già dimessosi, sostituito il 21 novembre dall’ex deputato regionale di Forza Italia, Edoardo Leanza), e i membri del Cda. La Procura sequestra inoltre un milione di euro dal conto corrente della fondazione: secondo l’accusa fondi indebitamente “congelati” e non trasferiti all’Ateneo; l’atto verrà però annullato il 14 gennaio dal Riesame. I vertici della Kore reagiscono all’indagine, inviando, tramite un legale vicino a Crisafulli, un esposto contro Ferrotti al Csm, al ministero della Giustizia e alla Procura generale della Cassazione. 
 
Quasi in contemporanea – e qui entra in gioco l’ex prefetto – Guida avvia, il 18 dicembre (cinque giorni prima essere trasferito a Isernia) il procedimento di commissariamento della fondazione Kore. Un iter che prevede 15 giorni per l’accesso agli atti e 30 per le deduzioni della difesa; dal 31º in poi il prefetto può decidere se commissariare la fondazione. Ma quel giorno, il 18 gennaio, il posto di prefetto sarebbe stato vuoto. Il successore di Guida, Maria Rita Leonardi, nominata dal Cdm nella serata dell’11 febbraio – un mese e mezzo dopo il trasferimento “incriminato” – s’insedia soltanto lunedì scorso, il 22 febbraio. Il 1º febbraio, comunque, la Prefettura di Enna, scioglie gli organi amministrativi della Fondazione Kore. E nomina tre commissari, per sei mesi (prorogabili): il prefetto Francesca Adelaide Garufi e i docenti Carlo Colapietro e Angelo Paletta. 
 
Il picco della polemica si tocca il 12 gennaio, alla cerimonia di commiato di Ferrotti. Che, provocatoriamente, lascia in prima fila una sedia vuota: quella del prefetto defenestrato. «Il suo allontanamento rappresenta un vero sfregio al tessuto vivo di questo territorio. Fin dal suo insediamento aveva dato l’immagine autorevole della presenza dello Stato, in una terra difficile. Al radicamento di questi principi basilari, alcune forze, da tempo, si dimostrano invece indifferenti, se non addirittura avverse», afferma il procuratore alla “festa” per il suo pensionamento. «Sono stati posti aperti tentativi di bloccare un’indagine della magistratura e di delegittimare con una denuncia fatti inesistenti contro chi stava conducendo quelle indagini nel pieno rispetto delle regole e senza alcun clamore mediatico», sbotta invece Sergio Lari, procuratore generale di Caltanissetta.
 
La matrice dell’indagine  Il filone romano in cui finisce Alfano nasce da atti dell’inchiesta sulla malversazione, alla quale lavora la guardia di finanza di Enna. Nel fascicolo circa 6-7mila intercettazioni. Fra queste una ventina di conversazioni, tra la fine di novembre e soprattutto il 21 e il 22 dicembre 2015  tra Crisafulli, intercettato, e Malagnino. Quest’ultimo, ex parlamentare Ds e oggi capo della segreteria particolare del viceministro Bubbico, è un dalemiano di ferro, finito già nelle carte (ma non indagato) dell’inchiesta della Procura di Bari sul crac della Kentron, mentre discute, nel maggio 2008, con l’imprenditore Francesco Ritella.
Nelle intercettazioni ennesi, Mirello e il suo interlocutore romano dimostrerebbero «confidenza» mentre discutono su come fermare Guida.  «Per me le posizioni più chiare – rivela il pm Ferrotti – erano quelle di Crisafulli e Malagnino, compagni di partito e di corrente, oltre che molto amici». Numerose le telefonate esplicite. Dove si auspica l’intervento di Alfano («Angelino sta dormendo!», si lamenterebbe Crisafulli) e Bubbico. «Nelle intercettazioni – ricorda Ferrotti – i due dicono che lo spostamento di Guida andava fatto in tempi brevissimi, entro Natale, perché poi Alfano sarebbe partito per le vacanze. Millanterie? Potrebbe darsi. Eppure le date e la successione degli eventi inducono a pensarla diversamente. Tanto più che alla fine ci sono state pure le telefonate di congratulazioni…». 
 
Nell’originario “rapporto Ferrotti” restava però «da approfondire il ruolo di Alfano e Bubbico». Quest’ultimo, in una chiamata con Crisafulli, verrebbe evocato dal capo della sua segreteria, Malagnino: «Tranquillo, ho parlato con Filippo». L’indagine a carico di Salerno, invece, è giustificata da un suo “iperattivismo” sulla vicenda: in quei giorni «si è recato a Roma per risolvere il problema, doveva incontrarsi con Bubbico e con Malagnino», annota Ferrotti.
 
Nel dossier partito da Enna anche altri due nomi eccellenti. Il primo, con «posizione da approfondire» è quello di Pino Firrarello, grande saggio di Ncd, ex senatore ed ex sindaco di Bronte, suocero del sottosegretario Giuseppe Castiglione. Il secondo è quello della senatrice del Pd, Anna Finocchiaro. «Il sodalizio provò a contattarla – ricorda l’ex pm – ma risulta che lei non si sia mai attivata».
 
Le reazioni  «La vicenda di cui si parla è un caso nato morto, superato e smentito dai fatti», replica Alfano, sostenendo che il movimento dei prefetti «è materia di esclusiva pertinenza del potere esecutivo e cioè un atto di alta amministrazione». Il ministro. «pur non avendo correttamente accesso agli atti», parla dell’accusa: un trasferimento «avvenuto in via del tutto ordinaria assieme a tanti altri» e, soprattutto, «senza aver ricevuto sollecitazione o pressione alcuna» nonché «con la piena condivisione dell’interessato». Inoltre, l’avvio della procedura di commissariamento era partita «con la piena consapevolezza e input da parte mia». Il trasferimento, tra l’altro, non avrebbe comportato problemi alla procedura: il viceprefetto vicario, sostiene Alfano, «è stato da me personalmente stimolato in questa direzione nel corso di una riunione con i prefetti della Sicilia e ha ovviamente provveduto a completare l’opera» tanto che il commissariamento «è avvenuto il 30 gennaio scorso». 
 
Crisafulli, contattato ieri sera, sostiene di «non aver ricevuto alcun avviso». Ma precisa, subito dopo, che «mi stavano cercando per una notifica, credevo che fosse un atto della cosa su Cuffaro (l’ex senatore è fra i 41 indagati per falso – sempre a Roma – sulle “visite sospette” a Rebibbia all’ex governatore siciliano; in una di queste Mirello portò con sé proprio Salerno, pure lui destinatario di avviso di garanzia, facendolo entrare come suo «assistente», ndr), mai potevo pensare che fosse questa storia». Il Barone Rosso è sott’inchiesta a Enna, oltre che per la malversazione, per abuso d’ufficio e invasione di edificio pubblico dopo aver “insediato” la facoltà romena di Medicina nei locali dell’ospedale Umberto I. E a caldo sostiene di essere «un libero cittadino che ha il diritto di lamentarsi dell’operato di un prefetto», ma assicura di «non aver fatto nessuna pressione su chicchessia».
 
Stessa linea di difesa per Salerno: «Non ho mai nascosto il mio giudizio sull’operato dell’ex prefetto, che ritenevo inadeguato e condizionato da commistioni familiari sul territorio. Ma l’ho fatto sempre alla luce del sole, con una lettera aperta in piena estate quando c’è ancora più luce e più sole». E poi, dice il presidente dell’Ateneo ennese, «io non partecipo a consigli dei ministri né trasferisco prefetti, vorrei capire che c’entro». 
 
Eppure la notizia più indigesta, a “Mirellolandia”, arriva in serata. E non riguarda direttamente l’indagine per abuso d’ufficio. «Il partito, a Enna, è stato commissariato a ottobre 2015. Il primo atto fu l’azzeramento del tesseramento del 2015 e quindi oggi Crisafulli non risulta essere iscritto», sibila il commissario (renzianissimo) del Pd di Enna, Ernesto Carbone.
 
Per Mirello – ex Pci-Pds-Ds che qui vinceva «pure col sorteggio», poi “impresentabile” dem – è un fendente al cuore.
Anche peggio dell’inchiesta su chi voleva cacciare quel prefetto scomodo da Enna. Prima che arrivasse Babbo Natale.  twitter: @MarioBarresi
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