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Autoriciclaggio, sequestrati 750 mila euro all'imprenditrice della Onlus per anziani di Agrigento

I sigilli a 10 immobili e due conti correnti

Redazione La Sicilia

04 Ottobre 2022, 06:09

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Un sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di 750mila euro, finalizzato alla confisca per equivalente, nei confronti di una imprenditrice agrigentina che opera nel settore dell’assistenza agli anziani e disabili, è stato eseguito dalla Dia.

La donna è indagata dalla Procura diretta da Salvatore Vella e dal pm Gloria Andreoli, per i reati di appropriazione indebita ed auto riciclaggio. L'attività degli investigatori della Dia attraverso l’analisi di scritture contabili, libri sociali, movimentazione di rapporti finanziari e altro materiale documentale, ha permesso, sostanzialmente, di ricostruire il modus operandi dei soggetti coinvolti accertando come siano riusciti nel tempo a reimpiegare il denaro provento dell’attività illecita scaturita dalla gestione di una società cooperativa Onlus. Il provvedimento di sequestro riguarda 10 immobili e due conti correnti bancari. 

LA VICENDA. I soldi delle estorsioni ai dipendenti, ai quali sarebbe stato imposto per anni il «cavallo di ritorno» sugli stipendi, sono stati riciclati e fatti sparire, finendo nelle casse degli amministratori della Suami, una onlus che si occupava di assistenza a disabili e anziani. L'indagata è l'imprenditrice favarese, Giusy Barba, 40 anni, accusata per i reati di appropriazione indebita e auto riciclaggio. 

 Le operazioni sarebbero state compiute insieme all’ex marito Salvatore Lupo e all’ex suocera Rosa Sferrazza, entrambi deceduti. La donna è morta per cause naturali mentre Lupo è stato ucciso il giorno di Ferragosto, freddato a colpi di pistola in un bar: per l’omicidio, che si incrocia con l'indagine che ha portato al sequestro, è stato arrestato Giuseppe Barba, padre di Giusy. 
 Ad illustrare l’inchiesta è stato, nel corso dii una conferenza stampa in procura, Salvatore Vella, il pm Gloria Andreoli e il capo sezione della Dia Roberto Cilona. "Le indagini sull'omicidio svolte dai carabinieri, che sono stati coordinati dal maggiore Marco La Rovere della compagnia di Agrigento, - ha spiegato il procuratore Vella - hanno dato conferma all’ipotesi investigativa secondo cui i beni della Suami erano stati fatti sparire in modo illecito attraverso operazioni di riciclaggio. Ad ammetterlo, con una nota nella quale si spiegava che la vendita di un immobile era stata solo simulata, sono stati gli stessi legali di Giusy Barba che l'hanno messo per iscritto nell’ambito di un contenzioso civilistico fra gli ex coniugi che ha portato a contrasti economici così forti che sono sfociati nell’omicidio di Salvatore Lupo. L’indagine conferma e rafforza il movente del delitto». 
 I sigilli sono stati apposti a 10 immobili e 2 conti correnti bancari. «Per appropriarsi dei beni - ha aggiunto Vella - Giusy Barba finge di cedere il lussuoso palazzo Cafisi, a Favara, alla stessa Suami. Viene simulato un preliminare di vendita con una caparra di 700 mila euro che verrà incassata dall’indagata perché la vendita non sarà mai perfezionata». 
 «Se fossero arrivate le denunce dei dipendenti vessati sarebbe stato più semplice arginare e prevenire una serie di condotte criminali. Purtroppo le difficoltà ataviche nel fare impresa e le difficoltà economiche in generale di questa provincia rendono assai complicato che tutto ciò avvenga» - ha detto il capo della Dia Roberto Cilona - . E’ stato molto difficile ricostruire i capitali della società e degli indagati, da questi capitali si stava era sviluppata un’economia illecita»