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«Così ho soccorso i feriti di Bruxelles»

«Così ho soccorso i feriti di Bruxelles» La strage raccontata da un siciliano

Sotto choc Massimo Medico, impiegato di San Cataldo VD - FT Parla il figlio di emigrati palermitani ferito: Io vivo per miracolo

Di Redazione |

BRUXELLES – “Non auguro a nessuno di vedere la scena che mi sono trovato di fronte io” stamani all’uscita della metro di Maalbeek. “È stato terrificante”. Massimo Medico, da San Cataldo, impiegato presso una ditta che si occupa di logistica per conto della Commissione Ue a Bruxelles, trattiene a stento le lacrime.

“Ero al lavoro in un edificio vicino ad una delle uscite della metropolitana quando ho sentito un grande boato e sono sceso in strada” con i miei colleghi. “Non erano ancora arrivati i soccorsi ed abbiamo prestato il primo aiuto come potevamo”, racconta ancora sotto shock.  “C’era odore di bruciato. Persone ferite. Non posso dire le immagini scioccanti. Ho visto una bambina ustionata, con i capelli bruciati, uno dei miei colleghi la teneva in braccio. “C’era anche una neonata, non credo fosse ferita”, aggiunge Medico, ma la descrizione si inceppa. Le parole trovano difficoltà a farsi strada in mezzo alla commozione.  

“La gente urlava, piangeva, erano feriti, bruciati, con dolori dappertutto. Abbiamo cercato di metterli al riparo nel miglior modo possibile. Nel frattempo sono cominciate ad arrivare le ambulanze. Abbiamo dato una mano anche a loro, perché all’inizio erano pochi. Abbiamo cercato di fare il meglio possibile”. Anche Rodolph Devilles, uno dei colleghi di Medico, è stato  tra i primi ad andare in strada per portare soccorso. Ha una coperta sulle spalle. Sotto indossa solo la maglietta a maniche corte. “Questa coperta? Me l’hanno data i pompieri – spiega -. Giacca e maglione li ho usati per portare conforto ai feriti. Abbiamo fatto quello che abbiamo potuto. La gente era impaurita, disorientata, anche parlare con loro era un modo per aiutarli”. 

Sono tre gli italiani rimasti feriti, secondo quanto si è appreso finora, negli attentati di Bruxelles. Sono Chiara Burla, di 24 anni, originaria di Varallo Sesia (Vercelli), residente a Firenze; Marco Semenzato, architetto originario del Veneto, ma da tempo in Belgio; e Michele Venetico, giovane dipendente dell’aeroporto di Bruxelles, figlio di immigrati di origini siciliane. Tutti e tre sono stati medicati in ospedale e sono poi stati dimessi.
 
“Ho appena parlato con mio nipote Michele. Non sapevo nulla perché non guardo la tv. È stato lui a dirmi che sta bene. Era sotto choc. Mi ha detto che ha visto la morte con gli occhi e che sono decedute molte persone”. Così Giuseppa Bonanno, che vive a Ciminna, racconta la telefonata col nipote Michele Venetico, tra gli italiani feriti nell’attentato all’aeroporto di Bruxelles. Il giovane lavora nello scalo belga. “Mio figlio Salvatore – spiega la nonna del ferito – e la sua famiglia sono emigrati in Belgio da 50 anni”. “Ora Michele – conclude – è a casa coi suoi. L’hanno dimesso dall’ospedale”.

Intanto una riunione tecnica di coordinamento interforze che ha esaminato gli aspetti di sicurezza pubblica a Catania e provincia si è tenuta a Palazzo Minoriti, convocata dal prefetto Maria Guia Federico, in seguito agli attentati terroristi in Belgio. Durante la riunione, informa una nota della Prefettura, “si è proceduto a una approfondita analisi della situazione di rischio e sono state programmate una diversa dislocazione delle Forze di Polizia e una rimodulazione dei servizi finalizzata al potenziamento delle attività di prevenzione generale e di controllo coordinato del territorio, con particolare attenzione alle esigenze di sicurezza dettate dagli attuali rischi di atti terroristici”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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