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Alcamo, imprenditore antiracket e antiusura

Alcamo, esponente antiracket e antiusura era invece protetto dai clan: 5 arresti

Caccia a Messina Denaro: in manette imprenditore antimafia VIDEO

Di Redazione |

L’antimafia era solo una facciata per Vincenzo Artale, imprenditore del calcestruzzo arrestato questa mattina assieme ad altre quattro persone con l’accusa di far parte della cosca di Castellammare del Golfo. Nel regno del boss latitante Matteo Messina Denaro, secondo quanto scoperto dalla Dda di Palermo, non c’era cantiere dove Artale non fornisse il calcestruzzo prodotto dalla sua impresa, la Inca.

Tra questi c’era quello per la frana che aveva invaso un viadotto della Palermo-Mazara del Vallo, così come quello per l’ampliamento del cimitero di Castellammare.

“È un sistema che viene adottato, l’antimafia di facciata dietro la quale si nasconde poi la commissione di reati di notevole entità – ha detto il procuratore aggiunto Teresa Principato – Anche l’imprenditore Vincenzo Artale ha subito danneggiamenti e li ha denunciati. Risulta essere una vittima della mafia ma al contempo, questa ormai la contraddizione di Cosa nostra, era colluso e si giovava delle intimidazioni della mafia per ottenere commesse e lavori”. In manette anche il presunto capo della famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo, Mariano Saracino, e poi gli affiliati Vito Turriciano, Vito e Martino Badalucco. Era Saracino, secondo gli inquirenti, a decidere le forniture di calcestruzzo in tutti i cantieri.

“Deve dire alla sua azienda che deve imparare a bussare quando arriva in un posto! Sapete benissimo come ci si comporta in questi casi”, disse Vito Turriciano al titolare di un’impresa di Gioiosa Marea (Messina) che doveva fare dei lavori nel Trapanese. A denunciare, dopo una serie di attentati, sono stati imprenditori edili e del movimento terra. Con pressioni ed intimidazioni, i committenti di lavori privati o le ditte appaltatrici venivano costretti a rifornirsi di cemento da Artale, che si sarebbe aggiudicato tutte le maggiori forniture nei lavori in zona. Diversi sono stati gli episodi estorsivi accertati nel corso dell’indagine, alcuni dei quali provati anche con la collaborazione delle vittime.

“Gli imprenditori hanno iniziato a collaborare e continuano a farlo. L’ultima denuncia l’abbiamo raccolta proprio in questi giorni”, ha detto il colonnello Stefano Russo, comandante provinciale dei carabinieri di Trapani. Apprezzamento per l’operazione antimafia condotta dai carabinieri è stato espresso sia dall’Associazione Antiracket e Antiusura di Trapani sia da Confindustria. “Il fatto che tra gli arrestati ci sia anche un imprenditore iscritto all’associazione antiracket di Alcamo – ha osservato il presidente di Confindustria Trapani Gregory Bongiorno – fa capire quanto sia importante non abbassare mai il livello di guardia.

Vicende come questa rischiano, infatti, di vanificare il lavoro fatto in tanti anni e dare forza a quanti cercano di confondere le acque. Conforta il fatto che al risultato di oggi si sia pervenuti grazie alle denunce di altri imprenditori”.

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