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Il colonnello D’Agata temeva la duplicazione delle intercettazioni tra Mancino e Napolitano

Di Redazione |

Il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, ex capocentro della Dia di Palermo tornato all’Arma dopo un periodo nei Servizi, indagato nell’inchiesta della procura di Caltanissetta che ha portato all’arresto dell’ex presidente di Sicindustria Antonello Montante, si interessò alla questione relativa a una possibile duplicazione delle intercettazioni tra l’ex senatore Nicola Mancino e l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano effettuate nell’ambito del processo Stato-mafia. E’ quanto emerge dall’ordinanza del gip.

Di quelle intercettazioni si parlò a lungo tra il 2012 e il 2013, quando il caso finì di fronte alla Corte Costituzionale che ne dispose la distruzione, e poi nel novembre 2015, quando il ministero della Giustizia dispose un’ispezione proprio per verificare che non vi fossero state omissioni o irregolarità.

L’ordinanza si focalizza su quest’ultima fase, e in particolare sulla «questione che aveva ingenerato nel D’Agata una certa preoccupazione e che riguardava la richiesta giunta alla Dda di Palermo da ambienti del Ministero della Giustizia tesa ad escludere che le intercettazioni» «potessero essere state in qualche maniera duplicate». Preoccupazioni emerse anche a seguito di articoli di stampa e che furono oggetto di commenti nelle conversazioni tra D’Agata e la moglie, intercettate a fine 2015 dai magistrati di Caltanissetta.

D’Agata continua a interessarsi della vicenda a inizio 2016, chiedendo informazioni a esponenti della Dia e poi discutendone direttamente con l’ex direttore dell’Aisi Arturo Esposito, anch’egli indagato, «il quale però – riporta l’ordinanza – non aveva dato alcun peso alla vicenda» e lo aveva poi informato che i progetti relativi al suo futuro lavorativo «non erano cambiati e stavano subendo solo dei rallentamenti». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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