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Bertone: «Capaci, la strage e gli interessi convergenti per eliminare Falcone»

Di Alessandro Anzalone |

Procuratore Amedeo Bertone, si avvicinano i giorni delle commemorazioni delle stragi del 1992. Si parla di altri 10 soggetti indagati, possibili ulteriori sviluppi?

«Le indagini sulle stragi di Capaci e via D’Amelio non possono dirsi definitivamente concluse come, peraltro, il mio Ufficio ha evidenziato nel corso della requisitoria finale sia del processo Capaci bis che di quello Borsellino quater. In quelle sedi, infatti, è stato sottolineato come ogni spunto riconducibile alle vicende stragiste sia stato e verrà ulteriormente analizzato e sviluppato dalla Dda di Caltanissetta con doverosa attività di riscontro. In questi anni, infatti, grazie ad un lavoro puntuale ed indefesso, del quale è stato dato ampio atto nell’ambito dei dibattimenti di cui sopra, sono stati escussi numerosi collaboratori di giustizia; è stata acquisita corposa e variegata documentazione e sono stati svolti accertamenti di carattere tecnico e scientifico, utili ad individuare ulteriori eventuali responsabili dei gravi fatti di sangue in oggetto. Tale opera di ricostruzione certosina delle vicende di quegli anni dovrà proseguire. Appare, comunque, di altrettanta evidenza che ogni ulteriore possibile sviluppo di investigazioni in ordine alla tematica in oggetto è, allo stato, coperto dal segreto investigativo e conseguentemente sono obiettivamente gravi, a prescindere dalla loro fondatezza o meno, alcune recenti notizie diffuse circa l’asserito coinvolgimento di ulteriori soggetti nella strage di Capaci».

Il procuratore di Caltanissetta, Amedeo Bertone

 

Il trascorrere degli anni complica il vostro lavoro e allontana la verità per quei gravissimi fatti?

«Effettivamente il trascorrere del tempo, da un lato, complica il nostro lavoro e questo è nella natura delle cose, ma, dall’altro, è altrettanto vero che manteniamo la speranza di riuscire a ricostruire ogni eventuale “tassello mancante” attraverso anche nuove fonti dichiarative. A ben vedere, i processi Capaci bis ed il processo Borsellino quater si basano proprio sulle propalazioni accusatorie di un nuovo collaboratore (nel 2008), Gaspare Spatuzza, ed hanno beneficiato dei progressi scientifici grazie ai quali è stata possibile l’evidenziazione, ad esempio, di impronte papillari su alcuni reperti (torcia, mastice e guanti) trovati a pochi metri dal cratere di Capaci. In questo senso, possiamo affermare che le limitazioni che il tempo inevitabilmente determina nella ricostruzione della verità sono, però, in parte, bilanciate dalla prospettiva di acquisire, attraverso le modalità di cui sopra, ulteriori elementi utili all’accertamento della verità».

Qualche anno fa venne detto che, secondo le risultanze della Procura di Caltanissetta, la strage Falcone fu deliberata ed eseguita solo da Cosa Nostra che non aveva bisogno di prendere ordine da nessuno. Andò veramente così?

«Allo stato, le ipotesi in ordine ai cosiddetti ”mandanti” esterni delle stragi” non hanno trovato adeguati riscontri. Quindi, fino a prova contraria, vale ancora il dato, suffragato dalle vecchie “regole” di “Cosa Nostra”, che l’organizzazione non prende “ordini da nessuno”. Semmai, come ha più volte evidenziato nei dibattimenti per le stragi del 1992 il collaboratore Antonino Giuffrè, già dalla fine del anni ’80 si era determinata una convergenza di interessi, esterni a “Cosa Nostra”, per l’eliminazione di Giovanni Falcone. In particolare, a questo proposito, occorre sottolineare che secondo Giuffrè, già braccio destro di Bernardo Provenzano, proprio lo straordinario attivismo investigativo di Giovanni Falcone e le sue non comuni intuizioni in materia di contrasto al crimine organizzato attraverso l’individuazione di piste che ricostruivano, ad esempio, i flussi finanziari di gruppi e soggetti legati a Cosa Nostra, avevano determinato l’effetto che segmenti del mondo imprenditoriale, ambienti massonici e servizi segreti “deviati” potessero guardare “con favore” all’eliminazione del magistrato. Non si potrebbe, dunque, allo stato ed in base alle acquisizioni fino ad ora acclarate da sentenze passate in cosa giudicata, parlare di “mandanti esterni” (proprio perché Cosa Nostra non prende ordini da nessuno), ma semmai di convergenza di interessi di alcuni soggetti, esterni al sodalizio, all’eliminazione del dottor Falcone».

Si avvicina una nuova sentenza per la strage di Capaci a carico del latitante Matteo Messina Denaro. Finora sono stati 43 i soggetti condannati, tutti di Cosa Nostra. Ci sono altre zone ombra da diradare?

«Le indagini sulle stragi di Capaci e via D’Amelio non possono certo subire battute di arresto per il mero trascorrere del tempo. Per la completa individuazione, infatti, di responsabilità penali per vicende cosi eclatanti, come per molte altre che hanno funestato il nostro Paese, appare evidente la necessità di continuare ad indagare su tutte le direzioni. A ben vedere, lo ribadisco ancora una volta, proprio il costante impegno della Dda di Caltanissetta per la ricerca della verità ha determinato l’avvio e poi la conclusione in primo grado, nel luglio del 2016, del processo Capaci bis e, nell’aprile 2017, del processo Borsellino quater e l’inizio del processo a carico di Matteo Messina Denaro (in corso di svolgimento innanzi alla Corte di Assise di Caltanissetta) per le due stragi. Pian piano ogni tassello, anche quello più piccolo ed apparentemente insignificante, può essere messo al suo posto consentendo di individuare ulteriori responsabilità penali. Va, tuttavia, condiviso il pensiero di chi ritiene che il compito della magistrato non è quello dello storico o del sociologo, bensì quello di individuare prove certe dopo avere scrupolosamente verificato tutte le ipotesi investigative».

Dopo oltre cinque lustri, ci si continua a chiedersi se fu solo la mafia a decretare e organizzare la eliminazione di Falcone e Borsellino, anche per via del clamoroso depistaggio che la Procura di Caltanissetta ha scoperto. È possibile ancora parlare di “interessi convergenti”?

«È possibile parlare di “interessi convergenti” alla eliminazione del dottor Falcone. L’espressione non sottintende, nella ricostruzione del pentito Giuffrè, l’esistenza di “mandanti esterni” alle stragi di Capaci ma consente di argomentare in ordine ad un “humus” di situazioni opache, legate ad ambienti imprenditoriali, massonici o ai servizi segreti “deviati”, che possono aver favorito la realizzazione della strage».

Davvero senza qualche “pentito di Stato” sarà impossibile arrivare a far piena luce su quegli accadimenti?

«È certamente plausibile che per far luce sulle eventuali “zone d’ombra” sulle stragi potrebbero essere utili ulteriori collaborazioni con la giustizia, interne o anche esterne a Cosa Nostra. Come la collaborazione di Spatuzza, nel 2008, ha fatto luce su aspetti fino ad allora sconosciuti delle dinamiche criminali sottese alla strage di Capaci (coinvolgimento di uomini del mandamento di Brancaccio), così non può escludersi che possano realizzarsi altre collaborazioni di soggetti esterni a Cosa Nostra che facciano luce su ulteriori segmenti degli eventi stragisti di quegli anni».

La recente sentenza di Palermo del processo sulla presunta trattativa “Stato-mafia”, può costituire una svolta anche per le vostre indagini?

«In astratto, in base a quello che è dato argomentare dal dispositivo della sentenza del processo “Trattativa”, non può escludersi che fra le risultanze di quel processo vi possano essere aspetti di interesse per indagini di competenza della Dda di Caltanissetta. È evidente, però, che solo leggendo le relative motivazioni, potremo verificare se e come sviluppare, in concreto, eventuali spunti investigativi sulle stragi di Capaci e Via D’Amelio».

Una recente vostra inchiesta, con la Direzione nazionale antimafia e la Procura di Roma, ha acclarato interessi dei clan Messina Denaro e Rinzivillo di Gela a Roma. Un quarto di secolo dopo le stragi, si può parlare di mafia sempre più invasiva nel tessuto economico e sociale anche di altre regioni?

«Le indagini della Dda di Caltanissetta relative al procedimento cd “extra fines”, che il 4 ottobre del 2017 hanno condotto all’arresto di numerosi esponenti della famiglia mafiosa di Gela che operavano anche fuori dal territorio siciliano, hanno documentato, oltre che i contatti romani di Rinzivillo Salvatore con Guttadauro Giuseppe, cognato di Matteo Messina Denaro, gli interessi illeciti del clan Rinzivillo di Gela relativamente ad attività imprenditoriali realizzate a Roma ed in diverse località del territorio nazionale ed estero. Si pensi, a titolo meramente esemplificativo, al controllo di una grossa fetta del mercato ittico realizzata attraverso una rete di intestazioni fittizie ed operazioni di riciclaggio realizzate in Sicilia, nel Lazio, in Germania ed in Marocco. Ciò a conferma che le mire espansionistiche della mafia in campo economico e finanziario sono in continua evoluzione e stanno assumendo proporzioni assolutamente allarmanti che richiedono il potenziamento degli strumenti investigativi tradizionali, anche attraverso la previsione di ulteriori e rapidi meccanismi di cooperazione internazionale fra autorità di Polizia e magistratura di diversi paesi, oltre che il rafforzamento o, quanto meno, la semplice copertura degli organici degli uffici giudiziari».

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