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Niente depurazione: altra multa Ue all’Italia (e su 74 emergenze, 50 sono in Sicilia)

Di Redazione |

La Corte di giustizia Ue ha imposto all’Italia una multa da 25 milioni di euro, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma di reti fognarie e sistemi di depurazione delle acque di 74 centri urbani.

La multa va ad aggiungersi ai circa 300 milioni che l’Italia ha pagato fino a oggi per altre due condanne, nel 2015 sull’emergenza rifiuti in Campania e nel 2014 sulle discariche abusive. E lo Stato continua a pagare 120mila euro al giorno fino a che la situazione in Campania non sarà normalizzata, 400mila euro al semestre per ogni discarica irregolare con rifiuti pericolosi non sanata e 200mila euro ogni sei mesi per quelle con rifiuti non pericolosi. Una situazione «grave», ammette il Ministero dell’Ambiente, sottolineando però che le multe sono «più che dimezzate rispetto all’orientamento di 6 anni fa» e che sono stati programmati 124 interventi nei 74 agglomerati, per un importo complessivo interamente finanziato di 1 miliardo e 800 milioni.

Sulle acque di scarico il nostro Paese era già stato condannato dalla Corte Ue nel 2012. A oltre sei anni di distanza il numero delle aree non conformi si è ridotto da 109 a 74. Circa 50 sono in Sicilia (per esempio frazioni di Palermo, Ragusa), 13 in Calabria (Reggio e Crotone), 6 in Campania (tra cui Ischia e Napoli Est), con un pugno di casi anche in Friuli, Liguria e Puglia. Ma il problema è nazionale. Ad oggi sono circa 900 in tutta la Penisola gli agglomerati che, per motivi diversi, non sono in regola con fogne e depuratori. Si va dalle grandi città a località turistiche, con Emilia Romagna e Molise uniche regioni a norma.

Mentre un portavoce della Commissione europea ricorda che “sono disponibili finanziamenti Ue per le infrastrutture idriche nelle regioni di convergenza e i prestiti della Banca europea per gli investimenti nelle altre regioni», i Radicali italiani annunciano che nei prossimi giorni presenteranno «denuncia alla Corte dei conti affinché i responsabili di questo danno erariale possano rispondere di persona». La «stangata da parte dell’Ue non fa che confermare l’assoluta irresponsabilità dei nostri amministratori» dichiarano in una nota Laura Ferrara, eurodeputata M5S, e Renato Bruno, consigliere comunale del Movimento a Scalea. La vicenda è la dimostrazione che “inquinare, e non impedirlo, è veramente un pessimo affare», commenta il Wwf. Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia, l’associazione delle imprese di acqua energia e ambiente, sottolinea che «la multa decisa dall’Ue all’Italia sulla depurazione ha radici nella mancanza di investimenti negli ultimi 60 anni, solo oggi grazie all’esistenza di un’Autorità di regolazione, possiamo dire che si sta migliorando».

“Le sanzioni economiche comminate dalla Corte di Giustizia Europea sono la conseguenza di una sentenza del luglio 2012 per violazione, in 109 agglomerati del nostro Paese, della normativa Ue in materia di trattamento delle acque reflue”. E’ quanto precisa il ministero dell’Ambiente in una nota aggiungendo che “in quella occasione la ‘multà per il nostro Paese era stata definita presuntivamente in 62 milioni di provvisionale e oltre 61 milioni di euro a semestre”.

“La definizione finale della provvisionale di 25 milioni e di una sanzione semestrale di 30 milioni di euro, con importi quindi più che dimezzati rispetto all’orientamento di 6 anni fa – si sottolinea – è la prova che da parte del governo italiano si è lavorato (e si continua a lavorare) per superare le inadempienze di fronte all’Europa e, soprattutto, per migliorare significativamente i servizi di depurazione delle acque ove sono insufficienti o inefficienti”.

Quindi il dicastero di via Cristoforo Colombo chiarisce che “dal 2014 il ministro Gian Luca Galletti ha avviato una serie di azioni per affrontare le criticità evidenziate dalla Ue. In particolare è stata avviata un’azione di coordinamento e impulso alle Regioni e agli enti locali che hanno la titolarità del servizio idrico e che come noto nella gran parte del Mezzogiorno non hanno attivato servizio idrico integrato con l’affidamento al Gestore Unico come previsto dalla legge”.

“Va rilevata – conclude la nota – infine la ripartizione geografica delle criticità pone con evidenza le problematiche esistenti soprattutto al Sud ed in particolare in Sicilia”.  I 124 interventi programmati nei 74 agglomerati – spiega il ministero – sono così distribuiti: Abruzzo 1 intervento (ultimato); Liguria 2 agglomerati – 2 interventi (2 in corso); Friuli 2 agglomerati – 2 interventi (1 in corso, 1 ultimato); Puglia 3 agglomerati – 5 interventi (4 in corso, 1 da avviare); Campania 6 agglomerati – 9 interventi (6 in corso, 3 da avviare); Calabria 13 agglomerati – 16 interventi (5 in corso, 10 da avviare, 1 ultimato); Sicilia 48 agglomerati – 89 interventi (7 in corso, 79 da avviare, 3 ultimati).

“Esercitando i poteri sostitutivi come previsti dallo Sblocca Italia inoltre tra aprile 2015 e luglio 2016 con 14 Decreti della Presidenza del Consigli dei Ministri sono stati nominati complessivamente 6 Commissari straordinari per 94 interventi. L’anno scorso, per superare le problematiche riscontrate e per riportare a unitarietà la situazione commissariale è stata infine predisposta la scelta di good governance, auspicata formalmente dalla stessa Commissione Eu, con la nomina del Commissario Unico, il prof. Enrico Rolle”, ricostruisce il ministero. “Nel luglio 2017 sono stati presentati i cronoprogrammi di adeguamento che prevedono la messa a norma degli agglomerati oggetto della causa entro il 2022-23 – continua – Oggi gli agglomerati ancora non a norma o assenti sono scesi a 74 (di altri 7 è previsto i collaudo entro fine 2018). Ma la situazione resta grave, nonostante le risorse finanziarie del governo coprano tutto, perché la governance del Sistema idrico integrato non è a norma di legge, in vaste aree non c’è il Gestore Unico e non ci sono spesso neanche gli enti d’Ambito con conseguente parcellizzazione e miriade di gestioni in economia da parte dei singoli Comuni o consorzi di comuni. Prova ne è che dei 124 interventi programmati (nei 74 agglomerati) per un importo complessivo interamente finanziato di 1 miliardo e 800 milioni, 83 sono gestiti dal commissario unico ma 41 restano in capo a Comuni, consorzi, Regioni e altri enti”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA