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«Ucciso perché collaborava con la polizia per scagionare il figlio»

Di Redazione |

Stava collaborando con la polizia su un caso di omicidio in cui era stato, a suo dire, ingiustamente coinvolto il figlio, che fu fermato e poi rilasciato. E’ il movente, ricostruito dalla Procura di Messina, diretta da Maurizio de Lucia, sull’omicidio di Domenico Cutè, ritenuto appartenente al gruppo criminale del rione Giostra, ucciso con tre colpi di fucile, il 25 gennaio del 2000.

L’inchiesta della Procura e le indagini della squadra mobile hanno portato anche a identificare gli autori del delitto, che sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Sono i fratelli ergastolani Giuseppe e Giovanni Giampiero Minardi, accusati di essere il primo il mandante e il secondo l’esecutore materiale dell’omicidio.

Il provvedimento del Gip è stato notificato nelle carceri dove sono già da tempo detenuti, rispettivamente, a Sulmona (Aq) e a Spoleto (Pg).

Agli atti dell’inchiesta sono confluite dichiarazioni di collaboratori di giustizia sull’omicidio, contestato ai due fratelli, programmato accuratamente, con una pianificazione perseguita nel tempo nonostante diversi tentativi non fossero andati a buon fine. Le ragioni dell’omicidio sono da ricercarsi nella violazione, da parte della vittima, del “codice mafioso” che imponeva “l’omertà”.

Cutè aveva fatto delle dichiarazioni sull’uccisione del salumiere Giovanni Postorino, assassinato durante una rapina commessa a Messina il 24 gennaio 1994, con lo scopo di scagionare il proprio figlio Antonino Natale, fermato nell’immediatezza del delitto e poi effettivamente rilasciato.

I fratelli Minardi sono ergastolani per diversi omicidi di mafia e ritenuti ai vertici di un gruppo criminale del rione Giostra di Messina. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA