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«Sono i prestanome di Messina Denaro», GdF sequestra beni per 60 milioni

Di Redazione |

Trapani – Un ragioniere di provincia riuscito ad accumulare un patrimonio milionario: un’escalation sospetta che ha portato Giovanni Savalle, 53 anni, finora quasi sconosciuto alla aule di giustizia, a diventare proprietario di uno dei resort più lussuosi della Sicilia, l’ex hotel Kempinsky. Il mega albergo è ora «Giardino di Costanza» dopo che nel 2013 Savalle rescisse il contratto con la catena alberghiera di resort di lusso. Le fortune del tributarista con un modesto reddito ufficiale sarebbero dovute a Cosa nostra che, appoggiandolo, l’avrebbe reso un ricco immobiliarista. Per gli inquirenti avrebbe la chiave della cassaforte di Matteo Messina Denaro, ultimo imprendibile boss di Cosa nostra.

Oggi la Finanza e il Ros dei carabinieri gli hanno sequestrato un patrimonio tra quote societarie e immobili stimato in oltre 60 milioni. Commistioni tra professionisti e criminalità organizzata di cui «racconta» anche un’altra indagine che oggi a Messina ha portato a 13 misure cautelari: 10 domiciliari, una custodia in carcere e due provvedimenti interdittivi per mafiosi, politici e imprenditori che avevano stretto un patto criminale per gestire la cosa pubblica a fini privati. Gli inquirenti, l’inchiesta è della Dia su coordinamento della Dda, parlano di un comitato d’affari con una protagonista indiscussa: Emilia Barrile, ex presidente del consiglio comunale, la più votata alle ultime comunali che ha mancato però l’elezione perché la sua lista, Leali, nome che oggi appare beffardo, non ha superato la soglia di sbarramento. Al Comune di Messina non si muoveva nulla senza il suo benestare. Imprenditori come Fiorino, il re della distribuzione alimentare, si rivolgevano a lei per avere favori e velocizzare le pratiche amministrative. In cambio la donna otteneva assunzioni di protetti, che poi le portavano voti, e appalti per le due coop che gestiva attraverso prestanomi. Una politica temuta e blandita con soci con condanne per mafia. «Le indagini – scrive il gip – rivelano la consuetudine della Barrile allo sfruttamento del potere di influenza che deriva dal ruolo pubblico per esercitare pressioni su dirigenti e funzionari del Comune per garantire il pronto soddisfacimento di interessi privati facenti capo a un ristretto gruppo di imprenditori cittadini a lei collegati da un inquietante logica del do ut des, essenzialmente costituito con prospettiva di ritorno sia elettorale che di assunzioni di parenti vicini presso attività imprenditoriali».

Se l’inchiesta messinese parte da una serie di intercettazioni, quella che ha portato al maxi sequestro nasce dalle rivelazioni di un pentito: il medico ndranghetista Marcello Fondacaro che ha reso dichiarazioni anche su un altro imprenditore del settore alberghiero finito sotto inchiesta, l’ex patron del Valtur Carmelo Patti, poi deceduto. Fondacaro racconta che Savalle aveva rapporti col latitante di Castelvetrano attraverso il fratello della donna con cui Messina Denaro ha avuto una figlia. L’ex cognato del boss e l’imprenditore dovevano partecipare alla realizzazione di un villaggio a Isola Capo Rizzuto che prevedeva la partecipazione al 33% di Cosa nostra e ndrangheta. Madre, padre e fratello di Savalle inoltre erano soci della Atlas Cementi dei mafiosi agrigentini Cascio. Recentemente Savalle è stato rinviato a giudizio per falso in bilancio in concorso con il titolare di un grosso laboratorio di analisi e ambulatorio palermitano: Locorotondo. Tra i beni sequestrati anche la struttura dell’ex kempsinsky che resta in attività ed è gestito da una società estranea alle indagini.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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