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Omega-3 dagli scarti di acciughe con la “rivoluzione” bucce d’arance

Di Michele Guccione |

PALERMO – Due scarti di lavorazione diventano una risorsa preziosa per la salute umana e per l’economia siciliana. L’equipe di ricercatori coordinati da Mario Pagliaro del Cnr di Palermo e da Beppe Avellone dell’Università del capoluogo siciliano (Rosaria Ciriminna del Cnr di Palermo e i borsisti Nino Scurria ed Erika Amore) ha scoperto un nuovo metodo, biologico ed economico, che consente di estrarre in alte rese gli omega-3 non più bollendo pesci interi con spreco di energia, ma dagli scarti di lavorazione delle acciughe attraverso il limonene, un solvente presente nell’olio essenziale della buccia d’arancia.

Dunque, con un colpo solo si attivano quattro processi virtuosi: si preserva l’ambiente marino riducendo la quantità di pescato; si fornisce all’industria farmaceutica una materia prima di altissima qualità e a basso costo, dato che non si consuma più energia per la bollitura e si lavorano rifiuti prima destinati al costoso smaltimento; si aprono nuovi canali di business per i pescatori e gli agrumicoltori siciliani; si crea nuova ricchezza per le imprese dell’Isola che lavorano il pesce e gli agrumi.

I ricercatori hanno utilizzato gli scarti della produzione dei filetti di acciughe di un’azienda conserviera di Sciacca. Dopo un semplice trattamento meccanico degli scarti, l’estrazione a freddo con il limonene restituisce gli omega-3 presenti in abbondanza negli scarti. Il limonene, poi, essendo un antiossidante e battericida, mentre estrae gli omega-3 li protegge dall’ossidazione e da altre forme di degradazione molecolare che possono limitarne l’efficacia.

L’olio così ottenuto ha un contenuto molto elevato di tocoferolo, ovvero la forma della vitamina E più benefica per l’uomo.Il nuovo processo fornisce un olio di pesce di qualità superiore, mentre il limonene usato viene recuperato integralmente al termine dell’estrazione, pronto per essere usato per ulteriori estrazioni di omega-3 direttamente presso i produttori dei filetti di pesce. Di entrambi, acciughe ed olio essenziale di arancia, la Sicilia è di gran lunga il primo produttore nazionale.

Le proteste contro la pesca indiscriminata finalizzata alla produzione degli integratori omega-3 si susseguono in tutto il mondo. Ad essere minacciati sono tanto i grandi banchi ittici come persino quelli di krill, i piccoli crostacei abbondanti nelle acque fredde dei mari del Nord in cui costituiscono lo zooplancton fonte primaria di cibo per balene, pesce azzurro e uccelli acquatici.

La gran parte degli integratori omega-3 è ottenuta dal pesce o dal krill tal quale, utilizzando processi energivori che partono dalla bollitura del pesce, seguita da numerosi step di raffinazione chimica. L’alternativa, praticata in pochissimi impianti di produzione (fra cui uno a Cuxhaven, la maggiore marineria della Germania), è quella di utilizzare gli scarti di lavorazione del pesce e dei crostacei.

Il pesce più pescato al mondo è l’acciuga: ogni anno se ne pescano milioni di tonnellate. Anche in Italia l’acciuga è la specie ittica più pescata: fra le proteste degli ambientalisti che ogni anno chiedono al ministero l’emissione di quote più basse, per consentire l’accrescimento dei banchi. Oltre che per l’alimentazione umana, le acciughe sono utilizzate per produrre il mangime per i pesci di allevamento, e per produrre integratori a base di omega-3.

Non tutti hanno la possibilità di consumare pesce fresco, e li assumono così sotto forma di integratori – generalmente capsule al cui interno è contenuto l’olio di pesce raffinato – per un mercato mondiale che ormai supera i 31 miliardi di dollari. In Italia, il consumo annuale di integratori a base di omega-3 è secondo solo a quello degli integratori multivitaminici, e si approssima ormai ai 100 milioni di euro annui con quasi 5 milioni di confezioni vendute nel 2017.

È di fondamentale importanza che i consumatori scelgano capsule e integratori omega-3 con la migliore certificazione di qualità (5 stelle Ifos) relativa al grado di ossidazione e al contenuto di mercurio e di sostanze organiche tossiche che purtroppo si bioaccumulano negli organismi marini lungo la catena alimentare, col risultato che nei pesci più grandi si ritrovano contenuti spesso elevati di tossine.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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