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Dissesto a Catania, il “salvataggio” si complica: Pogliese in missione

Di Giuseppe Bonaccorsi |

CATANIA – La missione a Roma del sindaco Pogliese per evitare il dissesto comincerà martedì mattina, quando il primo cittadino di Catania, accompagnato dal vicesindaco e assessore al Bilancio, Roberto Bonaccorsi, si recherà prima all’Anci e poi, in delegazione, andrà alla Camera in cui sarà audito nell’ambito dell’emendamento per concedere, ai Comuni a rischio dissesto, la possibilità di ottenere una proroga sino al 30 novembre per preparare un nuovo Piano di rientro che superi l’emergenza. Successivamente, il sindaco e l’assessore dovrebbero essere ricevuti al ministero degli Interni, secondo la tabella di marcia fissata da Pogliese con il sottosegretario agli Interni, Stefano Candiani, che due giorni fa è stato in visita a Catania.

Pogliese sta facendo il possibile per trovare una soluzione che eviti alla sua città un forte scossone che aggraverebbe il già difficile stato di povertà certificato. Sui tentativi del sindaco, però, rischia di abbattersi l’allarme sollevato – con una nota inviata qualche giorno fa alla Camera – dalla Corte dei conti, sezione centrale di Roma, che ha chiesto al Parlamento proprio di stralciare dal decreto “Milleproroghe” le norme che regolano la disciplina sui bilanci degli enti locali. In sintesi, i giudici contabili della sezione centrale ritengono le norme inserite nel decreto in palese violazione della Costituzione e le considerano rischiose per la finanza pubblica. Per questo chiedono alla Camera di impedire che agli enti locali riconosciuti falliti sia data la possibilità di evitare il dissesto attraverso la riformulazione di un piano di riequilibrio pluriennale, perché già in palese violazione dei precedenti.

«Impedire – scrivono i giudici – alle sezioni regionali dii verificare la situazione finanziaria complessiva appare in palese violazione degli articoli 81 e 97 della Costituzione, posta a tutela degli equilibri della finanza pubblica». E più avanti ritengono questo andamento dannoso perché «indebolisce il risanamento», si profila come «un accanimento terapeutico» e rischia di avere «gravi conseguenze per la finanza pubblica». In questo clima di forte dialettica istituzionale Pogliese si reca a Roma.

Intanto, sul fronte interno, due giorni fa l’assessore al Bilancio, Bonaccorsi, ha tenuto una riunione tecnica per capire quali strategie adottare per invertire la rotta e rimettere il Comune in equilibrio attraverso un percorso virtuoso che coinvolga le Partecipate, le spese del Comune e il recupero dell’evasione, soprattutto della Tari, vero buco nero delle finanze. Si prospetta una operazione per scovare i soggetti residenti sconosciuti all’ufficio tributi e per questo evasori totali. Si è trattato anche il tema della povertà, che oggi colpisce, secondo alcuni dati, il 41% della popolazione. Un dato enorme che la dice lunga sulla situazione della città che rischia di diventare emergenza.

Il sindaco, invece, ieri in conferenza dei capigruppo ha annunciato l’imminente invio all’Assemblea cittadina della delibera che contiene le richieste correttive sollecitare dalla Corte dei conti attraverso le note 153 e 154 prima della presentazione del ricorso al momento in fase di elaborazione nello studio del prof. Agatino Cariola. Si lavora senza sosta, ma l’impressione è che questa serie di novità – compresa la recente nota della Corte dei conti – possa portare a uno stallo nelle decisioni del Parlamento.

Intanto si cominciano a fare i conti al millesimo sull’ammontare dei debiti del Comune. Ad esempio si vocifera che alla fine del mandato della Giunta Stancanelli il Comune aveva all’incirca 830 milioni di debiti, esclusi gli interessi dei mutui. Poi si sono succedute due rimodulazioni dei mutui che hanno allungato a 30 anni l’ammontare dei prestiti, facendo salire vertiginosamente gli interessi trentennali a complessivi 332 milioni. Sotto la sindacatura Bianco la Giunta ha attivato il Dl 35 più, successivamente, il Dl 72 per oltre 200 milioni per pagare i debiti pregressi, ma non è riuscita a contenere la vertiginosa crescita delle anticipazioni di tesoreria, che dal 2013 al 2017 è salita da 41 milioni a 184. Più 140 milioni circa rispetto alla Giunta Stancanelli. A questa somma di debito vanno aggiunti all’incirca i 200 milioni in cinque anni di mancati introiti per Tari e Imu. Oltre a questi dati ci sono circa 95 milioni che potrebbero maturare da contenziosi. Ecco i dati che portano il debito attuale a oltre un miliardo e mezzo.

Negli uffici finanziari comunali si sostiene a mezze frasi che Catania per salvarsi avrà bisogno di non meno di 300 milioni. Lo Stato sarà disposto ad aprire nuovamente il portafoglio per concedere una somma simile?COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA