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Terremoti, la Sicilia e la paura del Big One: «Il pericolo viene dal fondo del Mar Ionio»

Di Giorgio Càsole |

Che la Sicilia sia una regione ad alto rischio sismico, soggetta ai fremiti del nostro pianeta, è un dato acquisito da tempo. La fascia orientale della Sicilia è stata colpita da terremoti disastrosi con una certa periodicità: nel 1169, nel 1542, nel 1693 – il terribile terremoto per cui ancora oggi, l’11 gennaio, si prega in chiesa – nel 1848.

Il 13 dicembre 1990 le province di Catania, di Siracusa e di Ragusa furono interessate da un terremoto, il cui epicentro fu nelle acque al largo di Augusta (città nel cui territorio – così come in quelli di Melilli e Priolo – sorge il polo petrolchimico più significativo d’ Europa). E’ ricordato come il terremoto di Santa Lucia, le cui ferite sono state quasi tutte rimarginate solo di recente. E, sempre solo di recente, i cittadini delle tre province interessate hanno potuto riscuotere dallo Stato le somme spese per riattare e mettere in sicurezza i propri immobili colpiti dal sisma. Il prof. Enzo Boschi, presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) fino al 2011, ha sottolineato: «Il terremoto di Santa Lucia fu per me un sisma molto speciale. Ricordo bene le ore immediatamente successive alla scossa sismica che colpì con violenza la Sicilia orientale. Ricordo soprattutto le preoccupazioni che questa scossa generò; preoccupazioni che andavano al di là dei più gravi effetti che il terremoto aveva già causato. Infatti, si fece strada la convinzione che l’evento potesse essere il segnale “premonitore” di un terremoto di più grave intensità».

Così non è stato. Non c’è stato, cioè, l’immane terremoto che gli scienziati si aspettavano. Non si deve, però, abbassare la guardia, anche perché persino un terremoto, considerato minore, come quello di Santa Lucia può provocare ingenti danni e decine di morti. Un uomo che non ha abbassato, non abbassa e non abbasserà la guardia è il sismologo e vulcanologo augustano Marco Neri, già collaboratore di Boschi all’Ingv, nella cui sede catanese è primo ricercatore. Neri va in giro, specialmente nelle scuole, a tenere conferenze sui rischi sismici perché afferma che «non si possono annullare i rischi naturali, ma se ne sappiamo di più, salviamo la pelle». Marco Neri, sui rischi sismici nella Sicilia orientale, ha tenuto di recente una conferenza dal titolo misterioso, quasi da film catastrofico: «Il pericolo viene dal mare».

 Perché questo titolo minaccioso?«E’ un titolo un po’ provocatorio, come tutti i titoli a effetto, per fare interessare la gente, ma c’è un fondo di verità. Nel mare Ionio, di fronte alle nostre coste, ci sono strutture sismogenetiche più importanti del Mediterraneo centrale, strutture che possono produrre, cioè, terremoti»

Il riferimento è alla faglia ibleo-maltese?«Sì, alla scarpata ibleo-maltese, un sistema di faglie che può produrre terremoti, come l’ultimo registrato nella Sicilia orientale: quello del 13 dicembre 1990. Desidero ricordare che il terremoto più violento avvenuto in Italia negli ultimi mille anni fu quello del 1693 nel Val di Noto».

L’immane terremoto dell’11 gennaio 1693, che distrusse le città della Sicilia orientale, da Messina a Ragusa?«Fu un evento realmente catastrofico, che non solo rase al suole le città della Sicilia orientale, ma ebbe ripercussioni a Palermo, distrusse case in Calabria e fu avvertito anche in Africa; un evento veramente importante, di magnitudo 7.4, alcune centinaia di volte più catastrofico di quei terremoti che hanno colpito l’Italia centrale nell’estate del 2016. Tutto questo viene da strutture sotto di noi, di cui non ci accorgiamo. Per questo, dico che il pericolo viene dal mare, anche se il mare non c’entra, ma il mare nasconde questa scarpata così importante».

Che cosa succede là sotto?«L’effetto morfologico della faglia sul fondale marino provoca un abbassamento di 30 metri della scarpata. Ogni volta che si produce un terremoto, la crosta terrestre di fronte alle coste siciliane, fa un piccolo scatto».

Il terremoto di Santa Lucia potrebbe essere definito, dunque, un “terremotino”?«Potremmo definirlo, alla siciliana,“babbo”, di 5 gradi, un terremoto che non fa nulla, in genere, se consideriamo che in Giappone se ne registrano centinaia ogni anno».

Ma crollarono le case, ci furono i morti a Carlentini.«Se le case ci crollano addosso è perché le nostre costruzioni non sono in grado di resistere a terremoti modesti. In molti comuni della Sicilia siamo all’anno zero o ancora peggio, sotto zero, quanto a capacità di costruire case in grado di resistere alle scosse, come in Giappone, dove riescono a convivere con i terremoti».

Quale può essere la soluzione? «Occorrono gli studi di microzonazione sismica».

Spieghi meglio. Di che cosa si tratta?«E’ un argomento delicato, che proverò a spiegare in due parole. Un terremoto – lo stesso terremoto – può produrre in un luogo effetti disastrosi e in un altro effetti nulli. Questo dipende dal sottosuolo: se il sottosuolo è fatto da una roccia calcarea, compatta e dura, gli effetti sono modesti; se, invece, accanto c’è un suolo compressibile, tortuoso, argilloso, ricco d’acqua, ecco che le onde sismiche si amplificano e le strutture, le case, possono essere danneggiate».

Occorre, dunque, costruire con criteri antisismici?«Si deve costruire con criteri antisismici, ma se il tecnico non conosce le informazioni che riguardano la zona dove costruire, può cadere in errore».

Chi deve provvedere?«E’ la Protezione civile che deve dare incarico alle università e a professionisti esterni di realizzare questi studi per metterci in pari con il resto d’Italia. Sicilia e Calabria rappresentano il fanalino di coda. Di recente la Protezione civile regionale si è finalmente attivata per cominciare a dare ai professionisti del settore – architetti e geologi – gli elementi per costruire meglio. Noi viviamo in uno dei settori a più alta sismicità del Mediterraneo. Abbiamo l’Etna, uno dei vulcani più attivi del mondo. Come scienziati non possiamo dire quando ci sarà il prossimo terremoto, ma siamo sicuri che ci sarà e sarà di elevata magnitudo. Abbiamo un solo modo, intelligente per difenderci: pensiamo a costruire bene».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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