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Lavoro in Sicilia, le figure richieste e gli incentivi impiegati malamente

Di Daniele Ditta |

PALERMO – Tante risorse disponibili, pochi posti di lavoro creati. Perché in Sicilia, malgrado consistenti incentivi, l’occupazione stenta a decollare? «Il mercato del lavoro risente del sistema complessivo dell’economica. Nella nostra Isola c’è un tessuto economico asfittico. E così gli aiuti, statali e regionali che siano, anziché stimolare la nascita di nuove aziende vanno a finire in quelle già esistenti. Che magari avrebbero assunto lo stesso, ma che sono più propense a farlo potendo beneficiare di sgravi». Nella prima spiegazione fornita da Enzo Silvestri, presidente della Fondazione consulenti del lavoro, si presenta – quasi visivamente – il primo ostacolo alla ripresa dell’occupazione: un’economia malata.

Per guarire ci sarebbe bisogno di una cura da cavallo. Da dove cominciare? «Accoppiando gli incentivi a interventi che agevolano il territorio – risponde Silvestri –. Zone franche fiscali o tassazione ridotta consentirebbero alle imprese di tornare a investire ed assumere. Un’altra leva per poter essere competitivi sono le infrastrutture, oggi tutt’altro che adeguate». In Sicilia il gap con il resto d’Italia forma una “voragine”, che non fa incontrare domanda e offerta di lavoro. Il mancato “matching”, come si dice in gergo, «è uno dei mali del nostro sistema» sostiene il presidente della Fondazione consulenti del lavoro, che delle politiche attive del lavoro ha fatto il suo “core business”. «La conoscenza delle normative e delle aziende – prosegue – ci ha permesso di collocare parecchi giovani nel mercato del lavoro».

Dai dati dell’Osservatorio dei consulenti del lavoro emerge ad esempio che il 50% dei tirocini attivati è sfociato in un’assunzione (a tempo indeterminato o determinato). Le figure professionali più richieste in Sicilia sono nei settori del commercio, della ristorazione e in generale dei servizi. Su tutti camerieri, baristi e collaboratori di cucina. «Il 40% dei rapporti di lavoro riguarda commessi di vendita al pubblico; il 20-25% operatori amministrativo-segretariali – rivela Silvestri – che in media percepiscono uno stipendio di 1.000-1.100 euro al mese. Si tratta di profili professionali di basso livello: ciò testimonia quanto poco le aziende siciliane abbiano investito in innovazione».

Il tirocinio prevede un’esperienza sul campo di massimo un anno (6 mesi rinnovabili per altri 6), con un’indennità minima a carico del datore di lavoro di 300 euro mensili. Con la fase due di Garanzia Giovani, la Regione intende supportare questa e altre misure per risollevare l’occupazione. «Oltre a Garanzia Giovani, che finora nell’Isola ha mostrato un basso rapporto fra soldi spesi e occupazione ottenuta – spiega Leonardo Giacalone, presidente della Consulta regionale dei consulenti del lavoro – un ragazzo siciliano che oggi vuole entrare nel mondo del lavoro può scegliere sostanzialmente quattro percorsi agevolativi finanziati dalla Regione: il tirocinio extracurriculare presso le imprese, con un budget di 25 milioni di euro; i tirocini presso gli ordini professionali (15 milioni); il bonus occupazionale per l’inserimento in azienda (stanziati 15 milioni di euro); e i voucher per l’apprendistato formativo di primo e terzo livello (11 milioni). A questi percorsi si affiancano quelli validi per tutti i disoccupati, cioè il contratto di ricollocazione, che conta su 15 milioni di euro, e l’assegno nazionale di ricollocazione». In tutto 81 milioni a disposizione.

«Si tratta – osserva Giacalone – di ingenti risorse finanziarie con le quali, però, non si riesce a creare un numero adeguato di posti di lavoro e a incidere sul tasso di disoccupazione, che in Sicilia resta il più alto d’Italia. Questo dimostra che qualsiasi ricetta, dagli incentivi al Rei, dalla formazione al reddito di cittadinanza, qui non può funzionare se non si creano nuovi posti di lavoro investendo le risorse comunitarie e nazionali nei settori in cui la Sicilia ha più vocazione».

Nel “mosaico” rappresentato dal mercato del lavoro, tante sono le “tessere” che concorrono a generare occupazione. L’apprendistato di primo livello è una porta aperta ai giovani per il lavoro di domani. Per le imprese la possibilità di formare il lavoratore a seconda delle proprie esigenze. Un percorso che inizia da studenti, tra i banchi della scuola superiore, e si concretizza con un regolare contratto di lavoro fino al diploma. Se il datore di lavoro conferma un apprendista di primo livello scattano gli incentivi all’assunzione. Un sistema “win-win”. Idem per l’apprendistato di terzo livello, riservato a universitari e dottori di ricerca.

«Alla Sicilia – dice Giacalone – serve un efficiente sistema dei servizi per l’impiego, capace di fare incontrare la domanda e l’offerta di lavoro e di accompagnare i giovani in un percorso di formazione davvero qualificante verso l’azienda». Sulla stessa scia Silvestri, che conclude: «Purtroppo la burocrazia pubblica negli ultimi 30 anni non si è riformata, ma ha portato addosso il fardello della stabilizzazione dei precari creati dalla politica. Tutto ciò a scapito della qualificazione, anche in settori importanti come i servizi per l’impiego».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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