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Crescita del Pil ed occupazione giovanile, Sicilia derelitta: decolla solo l’emigrazione

Di Michele Guccione |

Palermo. La Sicilia è l’unica regione del Sud che non cresce, anzi arretra, perde punti e scende al di sotto degli indicatori del 2008, l’anno di inizio della grande crisi. Lo dice Luca Bianchi (nella foto), direttore generale della Svimez, che oggi interverrà a Palermo alla convention di Confartigianato sul Sud i cui lavori saranno chiusi domani dal ministro Barbara Lezzi.Nell’intervento di Bianchi, ex assessore regionale all’Economia, sulle nuove dinamiche economiche del Mezzogiorno, al capitolo “Sicilia” c’è da piangere.

«Nel panorama di un Sud che negli ultimi due anni ha ripreso a crescere velocemente – spiega il D.g. dell’Associazione per gli studi sullo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno – la Sicilia si conferma come la regione con la minore crescita. Noi stimiamo per il 2017 un Pil dell’Isola ad appena +0,4%, cioè mancano ancora 12 punti di Pil rispetto a quello del 2008; mentre quello dello Sud va a +1,4%. Dunque, il Mezzogiorno cresce quasi quattro volte più della Sicilia, che così resta tagliata fuori, e questo ha pesanti impatti sociali».

Uno di questi è rappresentato dall’occupazione: «Soprattutto quella giovanile nell’età compresa fra 15 e 34 anni – evidenzia Luca Bianchi – che è scesa al 26%: di fatto, si sono persi 10 punti rispetto al tasso di occupazione giovanile del 2008, in pratica un punto perso ogni anno». Per i giovani, di conseguenza, aumentano le difficoltà a sistemarsi e persino a sopravvivere nell’Isola, tant’è che emigrano a ritmo serrato: infatti, è la stima Svimez, «negli ultimi 15 anni sono andate via dalla Sicilia 177mila persone, di cui ben 126mila giovani».

È una “strage” di giovani, quella che racconta Luca Bianchi, che trova conferma nel tessuto industriale, uscito dalla crisi «con un numero ridottissimo di imprese. Certo, quelle sopravvissute sono più solide, più capitalizzate, presentano migliori indicatori, crescono nell’export e nella loro struttura, ma sono troppo poche per potere sostenere da sole l’aggancio alla ripresa».

Quindi, secondo Luca Bianchi, occorre un grande piano di investimenti pubblici, ma «la Sicilia brilla per scarsa capacità di utilizzo dei fondi Ue. Il Por Sicilia è, con quello del Molise, quello che di fatto ancora non è partito dal 2014: infatti, gli impegni sono appena l’1,2% del budget e le somme pagate non arrivano allo 0,2%».

«Ciò incide sugli investimenti che mancano – denuncia Luca Bianchi – assieme all’assenza di una politica pubblica, nazionale e regionale, di accompagnamento dei settori che vanno bene, come il turismo».E se l’iniziativa privata comunque c’è, come nel caso della forte domanda di fare impresa da parte dei giovani che presentano istanza per l’incentivo “Resto al Sud”, a farne le spese è anche il sociale: «La Sicilia – sottolinea Bianchi – è indietro su tutti gli indicatori, dagli asili nido all’assistenza domiciliare. Per non parlare della carente assistenza sanitaria che alimenta l’emigrazione in altre regioni per curarsi». Infine, il gap di infrastrutture a servizio delle imprese: «Le Zes potrebbero essere una grande occasione. Eppure, mentre Campania, Puglia e Calabria hanno già presentato le loro proposte al governo nazionale, la Regione siciliana sta ancora lavorando alla sua».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA