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Rolex, mazzette, contributi elettorali e ristrutturazioni a sbafo per corrompere l'Ufficio del commissario contro il dissesto idrogeologico

L'inchiesta della Guardia di Finanza potrebbe aprire scenari clamorosi. Ai domiciliari Maurizio Croce

Fabio Russello

14 Marzo 2024, 10:04

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La struttura del Commissario del Governo per il dissesto idrogeologico, compreso il verticie e cioè Maurizio Croce, completamente asservita all’imprenditore che si occupava dei lavori di riqualificazione ambientale e risanamento igienico dell’alveo del torrente Cataratti – Bisconte e di altre opere varie nel Comune di Messina. Nelle carte della Procura di Messina - che ha chiesto ed ottenuto dal gip del Tribunale tre misure cautelari a seguito delle indagini del del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina – ci sono dazioni di denaro che vanno dalla ristruttarazioni di case dei privati (fino a 80 mila euro), a contributi elettorali (anche di 60 mila euro), il pagamento di spese universitarie e persino un Rolex Daytona da 20 mila euro.

Le misure cautelari

Due le persone finite ai domiciliari (compreso Croce), mentre ad un terzo soggetto è stata notificata una misura interdittiva della capacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione. I tre sono indagati, di corruzione nell’ambito dell’aggiudicazione e dell’esecuzione di appalti, promossi dal Commissario di Governo contro il dissesto idrogeologico per la Regione Sicilia.

L’indagine ha preso il via dal controllo disposto dal prefetto di Messina ed eseguito dal Gruppo Interforze, nel cantiere dei lavori di riqualificazione ambientale e risanamento igienico dell’alveo del torrente Cataratti – Bisconte e in altri cantieri nel Comune di Messina.

L'imprenditore e il traffico di influenze

Subito, come spiega la Guardia di Finanza, è emerso il ruolo del gestore e rappresentante di fatto dell’impresa esecutrice che risultava essere già stato indagato per traffico di influenze illecite, aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosi, nell’ambito di indagini coordinate dalla Dda di Catanzaro alcuni anni orsono.

La Guardia di Finanza ha approfondito l’indagine ed è emerso il coinvolgimento di componenti della stazione appaltante, pubblici ufficiali, in accordi illeciti con il gestore dell’impresa esecutrice dei lavori.

Anzi, è venuto alla luce anche il rapporto privilegiato tra il vertice della struttura commissariale e il rappresentante legale dell’impresa esecutrice dei lavori. Quest’ultimo, infatti – spiega la Gdf - al fine di ottenere una più favorevole e celere gestione delle fasi esecutive dell’appalto, ovvero di garantirsi future commesse pubbliche, in accordo con il vertice della struttura commissariale, prometteva ed erogava utilità varie ai funzionari incaricati di sovrintendere all’opera e, segnatamente, sia al direttore dei lavori che al funzionario incaricato di validare i lavori svolti.

Le mazzette per decine di migliaia di euro

Concretamente, le utilità consistevano nell’effettuazione di lavori edili presso abitazioni private risultate nella disponibilità dei medesimi funzionari pubblici, per importi complessivi quantificati in circa 80 mila euro; nonché, nel caso del funzionario impiegato direttamente presso la Struttura Commissariale, nel pagamento di tasse universitarie, per un corso di laurea che il medesimo funzionario intendeva frequentare, per un valore di oltre 7 mila euro.

Si appurava altresì che lo stesso commissario, avendo preso parte ad una competizione elettorale, aveva ricevuto dall’imprenditore, per il tramite di un intermediario finanziamenti illeciti della campagna elettorale, per oltre 60 mila euro. E per tentare di nasconderlo hanno escogitato un meccanismo di fatturazione per operazioni inesistenti, solo formalmente, intestate alla contabilità dell’appalto pubblico, grazie al quale era stata costituita la provvista finanziaria in capo ai responsabili di ulteriori imprese, con cui aveva ordinari rapporti economici, affidando loro il compito di effettuare i pagamenti a sostegno della campagna elettorale. Da qui la contestazione anche dell’illecito finanziamento ai partiti visto che i contributi venivano corrisposti, senza che degli stessi vi fosse traccia nelle deliberazioni sociali e nei bilanci delle ditte private coinvolte.

Secondo gli investigatori l’imprenditore tentava di reperire le risorse utili a corrompere i funzionari, facendole pesare direttamente e indebitamente sui costi dell’appalto pubblico.

Il Rolex Daytona da 20 mila euro

E’ stato anche documentato come il rappresentante di fatto della società affidataria dell’appalto avesse acquistato un orologio Rolex Daytona del valore di oltre 20 mila euro in favore della persona che faceva da intermediario per il finanziamento illecito della campagna elettorale ed effettuava, sempre a beneficio di quest’ultimo, lavori di ristrutturazione in un noto negozio di abbigliamento a Messina, per un valore di oltre 30 mila euro.

Da ultimo, sempre su richiesta del vertice della struttura commissariale, e, in questo specifico caso, con l’intermediazione di un altro soggetto privato legato da rapporti di fiducia al Commissario, la società appaltatrice aveva effettuato importanti lavori di messa in sicurezza in una rinomata struttura ricettiva privata, per un importo di quasi 100 mila euro.

Le due truffe sventate

Nel corso delle indagini, inoltre sono state state impedite due truffa: la prima, la cosidetta “truffa dei pali”, consistita nel collocare presso il cantiere, sfruttando la difficoltà di rilevare la difformità tra il dato formale/progettuale e quello reale, un numero di pali inferiore rispetto a quello previsto dal progetto (ben 291 pali in meno), per ottenere un maggiore ed indebito esborso di somme, a suo favore, per un valore di oltre 1,2 milioni di euro; la seconda, consistita nel simulato conferimento a discarica di rifiuti provenienti dal cantiere Catarratti – Bisconte (terre e rocce da scavo), riguardante, di contro, materiale proveniente da un diverso cantiere gestito dalla società esecutrice dell’appalto pubblico e posto all’interno di un immobile di proprietà di un privato, in modo da consentire all’impresa di richiedere il rimborso a carico della stazione appaltante ed ottenere, contestualmente, il pagamento dello smaltimento realmente avvenuto anche dal citato committente privato. Il provvedimento del gip ha previsto anche il sequestro di oltre 230 mila euro.