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San Michele di Ganzaria, mortadella al veleno per i cani: uno è già morto

Di Martino Geraci |

SAN MICHELE DI GANZARIA – C’è forte preoccupazione tra i cacciatori di San Michele di Ganzaria (Catania) per il recente caso di avvelenamento di un cane, verificatosi sulla Montagna Ganzaria. Il fatto, che ha subito innescato anche sul web una lunga scia di sdegno e rabbia, è avvenuto nei pressi di un bosco di eucalipto, in una zona vicina all’ex torretta “Cutuminello”.

Un cacciatore 60enne di lungo corso, sfruttando la bella giornata, aveva portato i suoi due amati cani a passeggio, per farli sgambettare un po’ tra gli alberi e le macchie mediterranee. Dopo circa un’ora di camminata, l’uomo riportava i due animali in auto, ma poco prima di ripartire per raggiungere un’altra zona, si accorgeva che uno dei due era in preda a violenti contrazioni. L’esperienza maturata in questi decenni gli ha fatto capire subito che si trattava di convulsioni da avvelenamento e, dopo avergli dato acqua con sale come primo soccorso, lo trasportava a tutta velocità verso la farmacia del paese, dove gli è stato somministrato un antidoto al veleno. Purtroppo, il cane non ha reagito ai farmaci e nel giro di mezz’ora è spirato. Com’è ovvio, il dolore ha assalito il padrone, il quale durante la notte, oltre a non trovare risposta ad una situazione così crudele, è stato colto dal timore che nei luoghi percorsi la mattina ci potessero essere altre esche avvelenate.

L’indomani, in compagnia di un amico, il cacciatore è tornato nella zona “Cutuminello”, dove le sue paure si sono materializzate. Infatti, l’uomo ha trovato in mezzo ad una pianta tagliamani, comunemente chiamata Disa, un boccone di mortadella con dentro una sostanza molto simile alla stricnina, potente veleno usato in particolare per le derattizzazioni. Al quel punto al 60enne non è rimasto che segnalare quanto accaduto nei due giorni alle autorità competenti, con la speranza che potessero, oltre che disporre la bonifica dell’area, come avviene per casi simili nel resto d’Italia, accertare se l’esca rivenuta fosse l’unica oppure ve ne fossero altre disseminate nell’area.

«Ho voluto sollevare questo caso – spiega Santo Lo Tauro, appassionato di caccia da oltre 40 anni – per sensibilizzare l’opinione pubblica. Nel 2018 non si possono più tollerare questi atti di barbarie contro i cani. Questa gente ignobile deve sapere che uccidere un cane è un reato penale, punibile da 5 mesi a 6 anni di reclusione. Questi fatti, inoltre, danneggiano la nostra Montagna, perché ogni anno è meta di tanti cacciatori di beccacce che arrivano anche dal Nord Italia. Se questo problema dovesse allargarsi, il contraccolpo economico sarebbe enorme».

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