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La nuova vita di Cuffaro in Burundi: «Ecco cosa facciamo laggiù»

Di Martino Geraci |

San Michele di Ganzaria. «Il giorno prima di ripartire per l’Italia ho assistito alla nascita di un bimbo. Era in gravi condizioni a causa di un tumore nelle parti addominali. Nel visitarlo, pensai di attivare tutte le procedure d’emergenza per trasportarlo in Sicilia, ma fui invitato a desistere dall’idea dalla direttrice dell’ospedale, la quale mi disse che quei soldi che avrei speso per il viaggio sarebbero serviti, invece, per salvare la vita ad altri cento bambini. Ascoltando quelle parole, fui assalito dall’angoscia, ma l’indomani mi imbarcai sul quel volo per l’Italia ancor più convinto e motivato di aiutare questi nostri fratelli poveri».

Totò Cuffaro, l’ex governatore di Sicilia, per molti ancora «il presidente», ha decisamente cambiato il suo orizzonte di vita. Costretto a dismettere la veste del politico, dopo la condanna a sette anni di reclusione per favoreggiamento personale verso persone appartenenti a Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio. Recluso nel carcere romano di Rebibbia dal 22 gennaio 2011, ritorna in libertà il 13 dicembre 2015.

E oggi Cuffaro indossa i panni del missionario: è da poco tornato dal Burundi, che l’Onu considera la nazione più povera del pianeta. Lì, assieme al dottor Stefano Cirillo, con il quale ha fondato l’Onlus Aiuti-Amo il Burundi.

Lo incontriamo nella sua tenuta nei pressi di San Michele di Ganzaria, nelle campagne che adora. «Per fronteggiare questa piaga – racconta Cuffaro, che dopo Pasqua farà ritorno in Burundi – abbiamo organizzato all’ospedale di Karusy un primo corso di ecografica. È stato straordinario vedere come medici, infermieri, religiosi e semplici volontari seguissero con vorace voglia di imparare le spiegazioni».

«Durante il viaggio nelle zone interne – prosegue Cuffaro – siamo andati a trovare i pigmei Batwa, una comunità di circa 2 milioni di persone che non ha ancora avuto commistioni con altre etnie. E’ un popolo molto bravo nella realizzazione di vasellame in ceramica, ma l’arrivo della plastica li ha messi in crisi economica. Pertanto abbiamo deciso di acquistare da loro 10mila vasi, che venderemo prima di Pasqua nelle più importanti piazze di Sicilia. I proventi li impiegheremo per sostenere questa tribù, così come stiamo facendo a Mabay dove abbiamo aperto un centro giovanile, sistemato una scuola e presto impianteremo in un capannone dei telai tessili per la produzione di maglie. Poi in agricoltura stiamo cercando di insegnare la coltivazione del grano e delle barbatelle da vigna».

«Ciò che portiamo in Burundi, dove presto arriverà un nuovo container pieno di farmaci, abiti, alimenti non deteriorabili e giocattoli per bambini – conclude Cuffaro – è il frutto dell’immensa solidarietà della Sicilia, da millenni terra di accoglienza e di ospitalità. Queste sono esperienze che ti cambiano per sempre la vita. Un inno alla speranza e alla voglia di vivere, nonostante le enormi difficoltà».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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