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Aereo Etiopia: l’addio a Sebastiano Tusa, «il più apprezzato dai siciliani» (ma il prof non leggerà mai quel dato)

Di Mario Barresi |

Non lo saprà mai. Sebastiano Tusa non saprà che è (era) l’assessore più apprezzato dai siciliani. Quella scheda dell’indagine di Demopolis, infatti, doveva rimanere riservata. Nello Musumeci aveva chiesto di non farla girare, almeno per ora, neanche fra i membri della giunta.

Il cronista stava proprio sbirciando quel dato, con promessa – adesso non mantenuta, perché non più mantenibile – di non divulgarlo. Con il 38% di giudizi positivi (e appena due siciliani su 10 scontenti), Tusa batte al fotofinish il collega Ruggero Razza e surclassa quasi tutti gli altri. «Il Professore è una garanzia, altro che rimpasto. Sebastiano non si tocca», era stato il commento del governatore ai pochi depositari di quell’informazione.

Non passano neanche altri dieci minuti, al tavolo di un bar del centro di Catania. Poco dopo mezzogiorno arriva la notizia, sotto forma di atroce sospetto: «Tusa stava andando a Malindi per una conferenza Unesco sull’archeologia subacquea. Potrebbe essere su quel volo». L’allarme, a metà mattinata, l’aveva lanciato Carmelo Briguglio, ex deputato ora a capo della segreteria particolare dell’assessore. «Al cellulare non risponde, è staccato», l’unica malaugurata certezza. In pochi hanno il coraggio di chiamare la moglie, Valeria Li Vigni, direttrice del museo d’arte contemporanea di Palazzo Riso a Palermo. C’era anche lei con il marito – raccontano – quando a fine 2018 l’archeologo aveva chiuso un accordo con il governo keniota per una nuova campagna di scavi subacquei. Qualcuno prova a contattarla: «Il telefonino di lei squilla, ma non risponde». E allora, pensando che i due siano insieme – come spesso, in un rapporto di sentimenti e di condivisione di passioni – si riaccende la speranza. Che però dura poco: la moglie di Tusa è a Palermo; jogging con un’amica e poi a messa.

Sui siti, intanto, rimbalza la certezza: «Nessun superstite, secondo il governo del Kenia». E a questo punto l’unica flebile illusione è che l’assessore non sia su quell’aereo. Chi può sapere se il numero del volo precipitato corrisponda a quello sul biglietto di Tusa? Parte una raffica di telefonate, uno dei destinatari è Salvo Emma, da sempre braccio destro di Tusa, da sovrintendente del Mare prima ancora che da assessore. «L’Unesco lo aveva invitato come relatore sulle prospettive dell’archeologia marina in Italia e in Kenia. Oltre all’invito erano arrivati anche i biglietti. Quando si dice il destino», dirà, affranto, nel pomeriggio all’Ansa.

Sì, quelle cifre maledette coincidono. E a questo punto scatta il canale ufficiale con la Farnesina. Musumeci è in ospedale per la convalescenza dopo «un piccolo intervento chirurgico di routine»; a tenere i contatti con il ministero è Razza. Al bar, anziché l’aperitivo, l’assessore ordina una camomilla. I minuti sembrano ore. Dentro cui scorrono, fra “googolate” per ammazzare il tempo e aneddoti per esorcizzare il peggio all’orizzonte, le istantanee di 11 mesi esatti da assessore. Dal fantasmagorico fantasma del predecessore Vittorio Sgarbi all’emendamento al collegato per destinare il 20% di incassi dei siti più ricchi a quelli più poveri, dalla vertenza-monstre dei custodi all’istituzione dei 15 Parchi archeologici, suo fiore all’occhiello.

Con un cruccio che lo indignava, quello sulla crociata di Siracusa contro di lui, capitanata proprio da Fabio Granata, che 18 anni fa lo volle nello staff in assessorato e poi gli cucì addosso la Sovrintendenza del Mare. «Non capisco perché non mi capiscono, il Parco di Siracusa si farà: perché chiedono il commissario?», lo sfogo amaro. Con i suoi collaboratori, che in assessorato lo chiamavano – come tutti i dipendenti, con orgoglio – «il Prof, uno di noi». Taciturno, sembrava che parlasse sempre sottovoce. Per non disturbare, per distinguersi in una politica ululata. Così come con silenzioso coraggio aveva sconfitto, nei mesi scorsi, un rognoso problema di salute.

C’è giusto il tempo di sbirciare, stavolta con un occhio diverso, la slide su Tusa assessore preferito dai siciliani. Dalla Farnesina arriva la conferma: è fra i 157 passeggeri. Razza, che di suo non dispone di un colorito mediterraneo, sbianca. Ed è lui, al termine di una complicata triangolazione fra Unità di crisi della Farnesina e vertici di Palazzo d’Orléans, a dover comunicare la notizia al governatore. In una chiamata interrotta da singulti e da silenzi. «Abbiamo perso un grand’uomo, la Sicilia e tutti noi. Sebastiano mi mancherà tantissimo», smozzica l’assessore alla Salute.

È l’una e mezza di questa brutta domenica di sole. La camomilla è finita. Il Campari pure. I familiari di Tusa sono stati avvertiti, la chimera che possa essere sopravvissuto è un analgesico che non fa più effetto. Comincia il giro di telefonate a colleghi di giunta e vertici istituzionali, che nel pomeriggio si uniranno nel coro di un cordoglio mai sincero come in questo caso. Espresso dalle bandiere a mezz’asta, si da ieri sera, a Palazzo d’Orléans.

Macché scoop, non c’è alcuna voglia di schiaffare la notizia sul web per primi: aspettiamo le agenzie. Con una cronaca sui generis – questa – semmai da raccontare. E il ricordo di quell’ultimo incontro con l’archeologo-assessore-gentiluomo che, mosca bianca fra i mosconi della falsa confidenza, preferiva dare del lei. «Assessore, ma che ci fa qui? È venuto a firmare il registro delle presenze?», gli avevamo chiesto – con il minimo sindacale di malizia giornalistica – nel nostro ultimo incontro due domeniche fa a Catania al congresso di DiventeràBellissima. Lui, sfiorando con le dita la vistosa montatura rotonda in celluloide, ci sussurrò una risposta che forse lo racconta meglio di qualsiasi altro “coccodrillo”: «E perché non dovrei essere qui? È l’evento del mio presidente! Io non faccio politica, non sono del movimento di Musumeci, non sono iscritto a nessun partito. Ma l’archeologia e le campagne di scavi mi hanno insegnato l’importanza del gruppo, del gioco di squadra». Quella risposta, nel convulso racconto politico, non finì in nessuna cronaca. Rimase nel taccuino. Da cui leggiamo l’ultimo appunto: «Perché essere assessore non significa dimettersi da essere umano…», ci disse Tusa.

Twitter: @MarioBarresi

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