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Ospedale San Marco, 11 anni per il taglio del nastro. Razza: «Mai più»

Di Giuseppe Bonaccorsi |

Per il San Marco ci sono problemi di personale?

«Ci sono in corso le procedure di selezione. Non è un caso se da parte dell’assessorato c’è stata una specifica autorizzazione per le selezioni. Mi fa anche piacere vedere che soprattutto per gli operatori socio sanitari e gli infermieri le procedure stanno segnalando un grande ritorno in Sicilia di lavoratori che operavano fuori. E’ un segnale importante che effettueremo anche in altre strutture. Stiamo lavorando a due concorsi per infermieri e socio sanitari».

E sul tema dei medici specializzandi…

«In effetti sono di meno rispetto alle esigenze del sistema. Ci sono state Regioni che hanno adottato soluzioni choc, come il Veneto che ha deciso di riassumere i medici andati in pensione per assenza di specialisti. Oggi in Sicilia scontiamo enormemente gli errori del passato. Se si laureano in Medicina 16mila studenti, ma ogni anno le borse di specializzazione sono per 9 mila, per un numero significativo di anni noi abbiamo perso forza lavoro che poteva essere messa a disposizione. E’ un tema delicato e noi dobbiamo attrezzarci. Io l’unica cosa che vedo è un dialogo sempre più fecondo tra Regione e Università. Per gli specializzandi stiamo facendo anche una intesa con l’ospedalità privata che finanzierà delle borse di specializzazione».

Lei oggi ha parlato di un modello San Marco che dovrebbe essere adottato anche in altre strutture dell’isola…

«Il caso S. Marco deve essere oggetto di riflessione. Stiamo parlando di una struttura che ha comportato 11 anni di lavori e attese dal suo concepimento, mentre c’è un fabbisogno di infrastrutture che ci lascia preoccupati. Perché stiamo programmando un nuovo ospedale a Siracusa e nuove infrastrutture su Palermo. Ma se il Sud deve recuperare il gap infrastrutturale occorrono anche regole più agili e snelle. Mi sono permesso di proporre nell’incontro tra le Regioni e il ministro un utilizzo della parte del codice degli appalti destinato alle opere di Protezione civile anche per gli ospedali. Se siamo indietro e abbiamo delle risorse non possiamo permetterci un altro S. Marco. Possiamo permetterci a Palermo di risolvere i problemi infrastrutturali fra 8, 10 anni? A Palermo c’è una grande incompiuta, l’Ispem, l’istituto pediatrico. C’è lo scheletro dell’opera perché un fallimento ha fatto sì che non ci fosse la prosecuzione dei lavori. Per questo vorrei che la vicenda S. Marco diventi l’occasione per riflettere su come velocizzare le procedure per realizzare le infrastrutture sanitarie. Non si può chiedere al Sud di volere recuperare la differenza con altre parti del paese se non si mette il sud nelle condizioni di operare velocemente. E il vero lavoro lo dobbiamo fare anche sulle tecnologie…».

In che senso?

«Siamo sicuri che non avrebbe più senso immaginare un approvvigionamento con affitti a lungo periodo? Questo è un altro punto di riflessione importante che stiamo affrontando in assessorato».

A Catania le aree dei vecchi ospedali a cosa saranno destinate?

«C’è una grande idea della quale si occuperà la commissione regionale che ho insediato. Ad esempio sul Vittorio l’idea del presidente Musumeci è quella di riqualificare tutta l’area per farne un grande luogo di cultura…».

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