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Ragusa-Catania, nuovo rinvio: ora il governo la vuole “pubblica”

Di Mario Barresi |

CATANIA – Ancora un pit stop. L’ultimo. Che potrebbe essere la tomba della Ragusa-Catania, opera morta prima ancora di nascere. Oppure una nuova strada per farla, questa benedetta strada, dopo essere usciti dall’ipocrisia istituzionale. Il governo nazionale non si fida del project financing dei privati. Non si fida fino al punto di proporre, per la prima volta ufficialmente, di trasformare l’autostrada in un’opera interamente pubblica.

Partiamo dalla notizia. Ieri sera, il Cipe ha rinviato il via libera alla Ragusa-Catania. Altri 60 giorni di tempo: prossima seduta fissata per il 13 maggio. Con questa motivazione: «Alla luce degli approfondimenti circa la sostenibilità economico-finanziaria del progetto autostradale e della sua struttura finanziaria, il Mit e il Mef presenteranno congiuntamente al prossimo Cipe una proposta articolata di deliberazione».

Cosa significa? «Vuol dire tutto e niente», sbotta Nello Dipasquale, deputato regionale del Pd, ieri presente alla seduta a Palazzo Chigi. L’ex sindaco di Ragusa parla di «nuovo incomprensibile rinvio, del tutto strumentale». E rivela ciò che non è scritto nella scarna scheda riassuntiva che motiva la fumata grigia. «La discussione sull’infrastruttura ragusana è stata rinviata di due mesi, mettendo in discussione il progetto di finanza perché dovrebbe essere presentato un progetto a totale finanziamento pubblico».

A Palazzo Chigi, ieri sera, c’era Gaetano Armao. Il vicepresidente della Regione ha manifestato, nel corso della seduta la contrarietà all’ennesimo rinvio, confermando che il governo Musumeci ritiene «sostenibile» il piano di finanza di progetto presentato dalla concessionaria Sarc Srl del gruppo Bonsignore: 667,9 milioni il costo complessivo del progetto, con una «riduzione ulteriore di costo effettuata dalla competente direzione del Mit in sede di istruttoria», una cifra «un ribasso rispetto agli 815 milioni del progetto preliminare e ai 691,7 milioni del progetto definitivo trasmesso dalla Concessionaria», come si legge nella scheda Cipe di ieri sera. Armao, alle deduzioni dei ministeri di Economia e Trasporti, ha ribattuto anche tirando fuori la carta 224 milioni in più, dall’entrata in funzione dell’opera al 2054, di gettito fiscale aggiuntivo per la Regione dovuto al trasferimento della sede sociale della concessionaria in Sicilia. «Soldi che ci siamo impegnati a dare ai Comuni per favorire gli utenti delle fasce più deboli come studenti e pendolari per abbattere ulteriormente le tariffe».

Ma il governo non ha voluto sentire ragione. Mit e Mef hanno deciso per la “pausa di riflessione”. Che prelude alla presentazione di una Ragusa-Catania interamente pubblica. Al quale mancherebbero, al netto del costo del progetto da pagare ai privati, altri 400 milioni. «A nome del governo – racconta Armao – su questo punto sono stato irremovibile: questi soldi devono essere nuove assegnazioni finanziarie dal plafond del Contratto di programma Anas. In ogni caso no alla sottrazione di risorse già stanziate per altre infrastrutture, e su questo punto il premier Conte e il sottosegretario Giorgetti sono d’accordo, né tanto meno dalle risorse Fsc già destinate alla Sicilia, e anche il ministro Lezzi su questo punto è d’accordo».

E adesso che succede? Per Dipasquale lo scenario è chiaro: «Un nuovo progetto a totale finanziamento pubblico vorrebbe dire tornare indietro di 14 anni e, secondo me, si rischia davvero di non vedere mai la realizzazione dell’autostrada Ragusa-Catania». Il deputato ibleo dunque invoca «una nuova e forte mobilitazione da parte di tutte le forze interessate, con una convergenza di tutte le forze politiche ed economiche, per impedire quello che potrebbe essere un vergognoso scippo al nostro territorio e un’ulteriore perdita di tempo».

Twitter: @MarioBarresi

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