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Operazione “Gisella” , così è stata fatta luce sul primo “notabile” politico ucciso a Catania dalla mafia

Di Redazione |

CATANIA – Il blitz antimafia denominato “Gisella” ha anche consentito, a 28 anni di distanza, di fare luce sull’omicidio del consigliere comunale Paolo Arena, esponente di spicco della Dc etnea, ucciso, a Misterbianco, a colpi di fucile il 28 settembre 1991. Si tratta di uno dei delitti commessi durante la guerra di mafia degli anni ’80 e ’90 fra il clan dei “Tuppi” e quello del “Malpassotu” Giuseppe Pulvirenti. Arena, segretario comunale della Dc locale e noto esponente della corrente andreottiana capeggiata dall’on. Nino Drago, fu uno dei primi “notabili” politici a cadere sotto i colpi delle lupare dei killer a Catania.

Dipendente del Comune di Catania in pensione da poco, Paolo Arena, 54 anni, era un esponente di spicco della Dc di Misterbianco. Sul suo omicidio, commesso il 28 settembre del 1991 davanti alla sede del Comune, la Dda della Procura di Catania, a conclusione di indagini dei carabinieri, ha aperto finalmente uno squarcio .

Militari dell’Arma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 26 presunti appartenenti alla cosca dei “Tuppi”, legata ai Mazzei, contrapposta tra gli anni ’80 e ’90 in una sanguinosa faida al clan Pulvirenti, alleato con la “famiglia” Santapaola, e il cui capo era Orazio Pino ucciso la settimana scorsa a Chiavari. Tra i destinatari del provvedimento restrittivo emesso dal Gip anche responsabili del delitto.

Membro della direzione provinciale della Dc, ex amministratore della Usl 35, una delle maggiori della Sicilia, prima consigliere e poi vicesindaco di Misterbianco, Arena era stato dipendente del Comune di Catania, ma da poco tempo andato era in pensione. Fu ucciso con colpi di fucile caricati a pallettoni davanti al Municipio di Misterbianco in pieno giorno. Tra i primi ad accorrere sul posto furono diversi consiglieri comunali che erano a Palazzo di città per un incontro di maggioranza Dc e Psi con l’allora sindaco Salvatore Saglimbene, democristiano, e altri esponenti politici. Mancavano pochi minuti a mezzogiorno. Arena stava posteggiando la sua Lancia Thema quando arrivò il “gruppo di fuoco”: tentò la fuga a piedi, ma fu raggiunto e ferito a morte. 

Fu lui a spingere perché il sindaco Saglimbene chiedesse l’istituzione in città della compagnia dei carabinieri. In questo senso si erano avuti alcuni incontri col prefetto e coi vertici dell’Arma. A Misterbianco era considerato un politico astuto, il suo peso nella corrente Drago si era notevolmente rafforzato. Era l’uomo che prendeva le decisioni, che dava gli indirizzi in un paese cresciuto a dismisura e senza alcun indirizzo urbanistico. Nel suo territorio si trovavano allora il centro commerciale più attivo di Sicilia e un’importante zona industriale. Qui doveva nascere il depuratore consortile, qui c’era una rete di metanizzazione già costruita ma ancora da avviare. Qui c’era un palazzo municipale nuovo da realizzare, per una spesa valutata in avvio sui dieci-dodici miliardi. Progetti e interessi per centinaia di miliardi. E sulla gestione di tutto questo l’ultima parola sarebbe stata quella di Paolo Arena, che però fu ucciso.

E non dalle Brigate Rosse (il giorno dopo arrivò una rivendicazione che non fu giudicata però attendibile), ma dalla mafia e più precisamente da una corrente mafiosa che si sentiva tradita dal politico. Paolo Arena era infatti «un politico corrotto» – come detto in conferenza stampa dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro – che esponenti del clan Nicotra, detto dei “Tuppi”, hanno ucciso perché «ritenuto un traditore», visto che «dopo avere intrattenuto relazioni illecite e continuative» con loro «aveva allacciato rapporti d’affari» con la cosca rivale dei Pulvirenti. 

A uccidere Arena, è emerso dalle indagini dei carabinieri del comando provinciale coordinate dalla Dda, è stato il “pentito” Luciano Cavallaro, che si è autoaccusato del delitto chiamando in correo un altro esecutore materiale del delitto e il boss Gaetano Nicotra, di 68 anni, tra gli arrestati, e fratello di Mario, capo storico del gruppo ucciso nella faida mafiosa tra i clan dei “Tuppi” e Pulvirenti.

«Già pochi anni dopo l’omicidio di Paolo Arena – ha detto il procuratore Zuccaro – si è individuato come movente il tradimento che il clan Nicotra, egemone a Misterbianco, addebitava a Paolo Arena segretario della Dc locale per avergli voltato le spalle e dato il suo appoggio nella concessione degli appalti del Comune al gruppo dei Pulvirenti. All’epoca tutte le gare erano monopolizzate dalla mafia con l’apporto del funzionario corrotto e infedele che dava le dritte giuste per potersele aggiudicare. È grazie alla collaborazione del pentito Luciano Cavallaro – ha spiegato Zuccaro – che siamo riusciti ad avere la certezza processuale sul mandante: fu Gaetano Nicotra, fratello del boss Mario».

«Un’indicazione sul movente delle indagini – ha rivelato il comandante provinciale dei carabinieri di Catania, il colonello Raffaele Covetti – era giunta dal ritrovamento in casa di Gaetano Nicotra di un “pizzino”, con la dicitura ‘I traditorì, che riportava una lista di nomi, compreso quello di Arena».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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