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Corruzione, il punto fermo di Galvagno: «Nessun passo indietro, per la verità ci sarebbe voluto il Grande Fratello»

Il presidente dell'Ars non si è sottratto alle domande dei cronisti nel corso della Cerimonia del Ventaglio. E torna a precisare di non aver ricevuto alcuna richiesta di rinvio a giudizio

Laura Distefano

30 Luglio 2025, 10:31

Gaetano Galvano, presidente Ars

Gaetano Galvano, presidente Ars

Alla fine la cerimonia del Ventaglio è diventata l’evento collaterale. Il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno si è dovuto misurare ieri con le domande dei cronisti in merito all’inchiesta che lo vede indagato per corruzione e peculato.

Galvagno non si è sottratto, ha solo voluto però rispettare un po’ la scaletta. E prima di entrare nei temi scottanti dello scandalo giudiziario ha voluto evidenziare i traguardi raggiunti in tema di produttività dall’Assemblea Regionale Siciliana.
Il primo interrogativo con cui Galvagno ha dovuto confrontarsi è quello sulla scelta di rimanere zitti per tanti mesi. D’altronde se non fosse stata la stampa a svelare l’esistenza dell’indagine, l’opinione pubblica sarebbe rimasta all’oscuro. Eppure ha avuto mesi per poter parlare. Il presidente dell’Ars però ritiene la sua scelta di silenzio l’unica percorribile. E la rifarebbe. «Quando a gennaio ho saputo della proroga delle indagini nei miei confronti, non ho ritenuto di convocare una conferenza stampa per comunicarlo a tutti. La procura fa il suo lavoro e magari avrei “bruciato” per così dire la sua attività, e poi quella scelta poteva essere interpretata come una sfida e io non sto sfidando nessuno», ha detto.

Galvagno invece ha deciso di confrontarsi con i pm: «Ho chiesto piuttosto all’istante ai magistrati di potermi mettere a disposizione per spiegare ogni cosa. E quando dopo avere chiesto di essere ascoltato, a maggio ho avuto la possibilità di essere interrogato, sono andato lì “in bianco”, senza conoscere le carte in possesso dalla procura». Il pupillo di Ignazio La Russa non ha parlato dell’inchiesta con i vertici del partito, Fratelli d’Italia. «Non ho sentito Giorgia Meloni, ma sento quotidianamente il coordinatore regionale Luca Sbardella, ho dato la massima disponibilità al collegio dei probiviri del partito dove sarò ascoltato, credo, tra oggi e domani». Da quanto risulta a La Sicilia l’audizione con la Commissione di Garanzia di FdI sarà domani con un collegamento da remoto. Sollecitato dai cronisti, Galvagno rimanda qualsiasi decisione sull’ipotesi dimissione a un eventuale rinvio a giudizio.

«Al momento non ho né una conclusione delle indagini né una richiesta di rinvio a giudizio, ripeto “richiesta” che è cosa diversa dal rinvio a giudizio», ripete il presidente dell’Ars ricordando che nessuna forza politica ha chiesto un suo passo indietro. Su una cosa Galvagno è certo: «Se tornassi indietro metterei una telecamera del Grande fratello per far vedere tutto quello che è successo, per far vedere la verità. Ho sempre agito in buona fede». Ad essere accese però erano le cimici, che hanno registrato conversazioni ritenute dalla procura di Palermo almeno sospette. Sull’accusa di peculato, poi Galvagno ha voluto fare una sorta di precisazione a quanto scritto sulle colonne di questo giornale: «Ho rinunciato all’utilizzo dell’auto blu non per sanare la mia posizione ma per avere chiarezza, l’ho fatto anche nei confronti di chi ci sarà in futuro. Se qualcuno dice che serve un regolamento da scuola elementare va bene anche quello, con le domandine per sapere cosa si può fare e cosa non si può fare. Serve chiarezza», ha insistito.

Galvagno a sorpresa difende la sua ex portavoce Sabrina De Capitani. La comunicatrice padana è indagata per corruzione in tre filoni paralleli. Alcune condotte il presidente dell’Ars le reputa delle «leggerezze». Eppure sulla califfa pigliatutto qualcuno a più riprese lo aveva avvertito. Dal meloniano di Paternò arrivano anche elogi nei confronti di De Capitani: la sua attività avrebbe contribuito a migliorare numeri e performance della Fondazione Federico II, facendola uscire dal perimetro palermocentrico.

Cosa dice sulla politica delle mancette ad associazioni e ad amici degli amici? Galvagno questa volta glissa la domanda: «Faccio ancora una volta appello a tutte le forze politiche per trovare il criterio più corretto per l'assegnazione delle risorse. Avevo proposto a tutto il parlamento non un regolamento ma una legge che potesse stabilire i criteri per i contributi alle associazioni. Cosa differente sono i contributi ai Comuni, se si vuole immaginare un meccanismo anche per i Comuni si può fare ma non credo sarebbe giusto un criterio, ad esempio, di finanziamento in base alla grandezza del Comune. Possono esserci comuni piccoli con esigenze importanti».

Galvagno poi smentisce qualsiasi tensione con il presidente della Regione, Renato Schifani. Anzi annuncia che hanno un progetto in comune e cioè quello di modifica del voto segreto all’Ars. Il presidente poi ha detto che la mancata approvazione della norma sui Consorzi di Bonifica è stato «un grande schiaffo». Ma la bocciatura dell’aula sarebbe arrivata anche se a presiedere ci fosse stato «Maradona». Alcuni deputati regionali soffrirebbero - secondo l’esponente meloniano - di «bipolarismo».
Finite le domande Galvagno ha declinato l’invito per il brindisi finale. Non è stata certo una cerimonia tradizionale. Chissà quante volte il presidente avrà pensato di voler prendere quel ventaglio e sventolarlo.