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Cure, tatuaggi, vacanze al mare: la vita palermitana di Matteo Messina Denaro

Era il più ricercato in Italia, ma si muoveva liberamente in città

Manuela Modica

08 Settembre 2025, 14:49

Messina Denaro

Le ultime trecce di Matteo Messina Denaro erano state a Palermo e sempre a Palermo riappare dopo più di vent’anni. Il boss di Castelvetrano, il pupillo di Totò Riina, era il latitante più ricercato d’Italia, eppure si muoveva indisturbato nel capoluogo, dove aveva una serie di punti di riferimento: dal salumaio al tatuatore, dall’oculista al dentista. Una serie di indizi, apparentemente slegati tra loro, che sono venuti fuori dalle indagini e che, unendo tutti i puntini, fanno sospettare una protezione tutta palermitana. «È protetto da una rete massonica», ha detto Teresa Principato, ex procuratore aggiunto a Palermo che per otto anni ha dato la caccia al superboss. Ma fino a dove si estendeva quella rete?

Le ultime tracce di «Iddu» risalivano al 1997 in via Milwaukee, 40, ad Aspra, cioè proprio in città. A questo indirizzo era stato rintracciato il suo ultimo covo. I poliziotti erano sulle tracce di Maria Mesi, una giovane donna dai tratti mediterranei che ogni fine settimana si rintanava un po’ camuffata con cappello, sciarpa e occhiali, in una palazzina anonima ad Aspra. La donna, sospettata di essere amante del latitante, viene pedinata, e all’ingresso della palazzina di via Milwaukee viene piazzata una telecamera. Da quel momento il nulla: non ci sono più movimenti e gli agenti fanno irruzione nell’appartamento. Quel che trovano è un frigo semi vuoto: dentro c’è del caviale, delle salse austriache e poco altro. Sono le tracce lasciate da chi è fuggito in fretta: avvertito da qualcuno?

Le ricerche del boss di Castelvetrano continuano a vuoto per quasi 26 anni, fino al 16 gennaio del 2023: il boss riemerge dalla latitanza ed è ancora una volta nel capoluogo siculo. Viene catturato a La Maddalena, la clinica di via San Lorenzo, dove andava per curare il tumore al colon (morirà il 25 settembre, 8 mesi dopo la cattura): era lì che dopo un primo intervento a Mazara del Vallo, una visita a Trapani, era finito a curarsi: nel maggio del 2021 è a La Maddalena che gli vengono tolte metastasi al fegato. Ci vorranno ancora due anni di cure prima che venga scovato. Il superlatitante, l’uomo che come nemico numero uno aveva Paolo Borsellino perché era stato il primo comprendere la caratura criminale del padre - il magistrato palermitano chiese il divieto di soggiorno contro Francesco Messina Denaro nel 1990, la richiesta fu però rigettata dal tribunale di Trapani -, viveva comodamente a Palermo? Di certo a Palermo andava non solo per il tumore al colon e ci andava anche ben prima di scoprirlo: andava dal dentista, a fare visite oculistiche, ma anche dal salumiere e addirittura in villeggiatura con l’amante.

Tutte tappe a cui è riuscita a risalire la procura guidata da Maurizio De Lucia e che risalgono al 2012 o al 2013, date intermedie, tra l’abisso e l’emersione, che raccontano di un’intensa vita palermitana. Altri covi non ne sono stati trovati, non finora, perlomeno. Ma Andrea Bonafede, classe ’69 (il cugino omonimo, classe 63, aveva invece prestato l’identità al boss), il geometra dipendente del comune di Campobello di Mazara, che per conto del latitante ritirava le ricette dal medico di famiglia, lo accompagnava un po’ dappertutto: a ritirare un’auto, a farsi ricoverare, e lo aveva accompagnato anche nel capoluogo.

«Ad Augusta per angusta», è la frase che un tatuatore imprime sulla pelle del latitante più ricercato d’Italia. È solo uno dei tre tatuaggi che l’ex primula rossa decide di scrivere sul suo corpo, gli altri sono «VIII X MCMLXXXI» e «Tra le selvagge tigri». «Alla gloria attraverso la sofferenza è magari una forma di megalomania, questi tatuaggi li ho fatti in via Rosolino Pilo», disse Messina Denaro ai magistrati di Palermo che lo interrogavano. Il tatuatore è stato poi interrogato dai carabinieri, ai quali ha fornito il suo archivio: il 29 giugno 2012, ha segnato un tatuaggio per Andrea Bonafede classe 1969. Dalle note spese rintracciate nel covo di Campobello di Mazara, è emerso, poi, come l’ex primula rossa, fosse disposto a spendere per il cibo di qualità, e per i salumi andava a rifornirsi non a Castelvetrano, non a Trapani, ma in una nota gastronomia di via Libertà, ovvero nel cuore della Palermo bene. «A Palermo ho chiesto di un dentista bravo, me lo hanno indicato, e ci sono andato», ha poi raccontato il boss a Paolo Guido, il procuratore aggiunto che ha seguito per anni le indagini sulla sua latitanza (ora capo della procura di Bologna). Quel dentista era in via Belgio, ha rivelato il boss, che ha aggiunto: «Ma non sapeva nulla di me». Ma che vita faceva a Palermo? Ha chiesto Guido al boss: «Libero, perché bene o male voi avete scandagliato Campobello, perché avete avuto terreno fertile, ma in genere sempre quella vita faccio, anche se in un altro contesto, in un’altra zona». Di certo nel 2020, prima di scoprire il tumore, era stato in un resort all’Addaura con un’amante: era fine luglio, la struttura ospita fino a mille persone, U Siccu, è lì che villeggia, immerso tra la gente, come un turista qualsiasi. «Ora tutta la Palermo bene ha le unghie ammucciate», ha detto ancora il boss. Secondo Iddu, dunque, la classe bene della città sta nascondendo gli artigli. Se diceva il vero lo diranno le indagini.