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Iptv, ecco cosa rischiano gli abbonati allo streaming illegale

Di Redazione |

PALERMO – Continuano le indagini sullo streaming illegale della Polizia di Stato di Palermo che ieri ha smantellato  l’infrastruttura informatica gestita dalla nota IpTv pirata “ZSat”, che permetteva la riproduzione abusiva, attraverso internet, dell’intero palinsesto Sky e di buona parte delle tv a pagamento come Netflix, Dazn e C. Il fenomeno delle IpTv è in continua crescita ma finora è stato piuttosto sottovalutato sebbene consenta di generare un giro elevatissimo di profitti illeciti, spesso appannaggio delle più importanti organizzazioni criminali del Paese.

L’operazione partita di Palermo però ha assestato un duro colpo al giro d’affari illecito delle IpTv andando a incidere su circa  11.000 clienti della tv pirata ZSat in tutta Italia. Gli uomini della Sezione financial cybercrime della Polizia Postale, coordinati dalla Procura di Palermo, trovando infatti in casa di un 35enne palermitano l’infrastruttura di Zsat, hanno segnato un punto importante nel contrasto al fenomeno della  messa in commercio e riproduzione illecita del segnale delle pay-tv attraverso il web. 

Tecnicamente, le IPTV pirata rendono possibile la visione, attraverso internet, dei canali delle pay-tv normalmente trasmessi via satellite, attraverso la stipula di abbonamenti illeciti i quali, a fronte di costi irrisori per il cliente finale e dietro l´istallazione di un semplice dispositivo domestico (il c.d. “Pezzotto”), offrono la possibilità di accedere all´intero palinsesto, nazionale ed internazionale, delle più note emittenti satellitari a pagamento. «Per rendere possibile la trasmissione, organizzazioni criminali ben strutturate pongono in essere una complessa infrastruttura tecnologica, basata sull’acquisto di abbonamenti genuini (le cosiddette “sorgenti”), da cui, attraverso un intricato sistema di decoder/encoder, il segnale viene trasformato in segnale-dati, scambiabile via internet. A questo punto, attraverso il ricorso a servizi tecnologici disponibili in commercio sul web, il segnale informatico viene assemblato in pacchetti, ed offerto al pubblico attraverso un sistema di “rivenditori” – che utilizzano anche i social network come Telegram e anche Whatsapp per publizzare gli abbonamenti pirata – che giunge fino al cliente finale», dicono gli inquirenti.

Un fenomeno capace di generare un business milionario (si stima che fino allo scorso anno i profitti illeciti ammontassero ad oltre 700 milioni di euro all’anno), che da un lato si traduce in mancati incassi per gli operatori e dall’altro costituisce una fonte di approvvigionamento per pericolosi settori criminali, che non infrequentemente risultano contigui con la criminalità organizzata, nostrana ed internazionale. 

Nella stanza da letto dell’indagato, è stata come detto rinvenuta la “sorgente” dell’Iptv pirata ZSat, composta da 57 decoder di Sky Italia, collegati ad apparati per la ritrasmissione sulla rete internet. Per capire meglio il giro d’affari che una simile truffa può generale basti pensare che nella sola abitazione dell’indagato gli uomini della sezione financial cybercrime della polizia postale hanno rinvenuto e sequestrato, nascosti negli scarichi dei bagni e nella spazzatura, ben 186.900 euro in contanti ed una macchina professionale conta-banconote, lingotti d´oro, e due “wallet” hardware (portafogli virtuali) contenenti cryptomoneta in diverse valute, il cui valore complessivo, certamente elevato, deve essere ancira stimato.

L’uomo intanto è accusato di violazione della legge sul diritto dautore, in attesa che gli ulteriori approfondimenti investigativi svelino un quadro probatorio ancor più articolato.

Ma cosa rischiano invece gli 11.000 clienti di Zsat? In base alle norme attualmente in vigore, chi fa streaming illegale è penalmente perseguibile  e può essere punito con una sanzione amministrativa dal valore massimo di 30mila euro. Ma non solo. Nel 2017 invece una sentenza della Cassazione ha confermato la condanna in Appello a 4 mesi di carcere e 2.000 euro di multa a un uomo che tramite un sistema di decoder e rete Lan riusciva ad accedere ai canali televisivi del gruppo Sky Italia in assenza della relativa smart card. Quello che hanno sottolineato i supremi giudici è stata «la finalità fraudolenta nel mancato pagamento del canone». 

La Cassazione ha quindi confermato il reato previsto dalla legge n. 633/1941 che all’art. 171-octies sanziona «chiunque a fini fraudolenti produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale». Attenti quindi alle Iptv, che promettono iellcitamente un risparmio all’utente finale, ma potrebbero in conclusione non rivelarsi così convenienti.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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