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Gela dal petrolio alla svolta green, oggi parte la filiera della “biosperanza”

Di Maria Concetta Goldini |

GELA –  Nell’area industriale di Eni il logo è sempre quello del 1952. Il Cane a sei zampe con la lingua di fuoco, simbolo del sogno texano di Enrico Mattei. Altri tempi. Il Cane a sei zampe prende fiato e la lingua rossa come il fuoco dopo sessant’anni cambia colore. Diventa verde come l’hanno immaginata e disegnata gli studenti gelesi impegnati in casa Eni nei percorsi di Alternanza scuola lavoro a seguire lezioni non sul petrolio ma su biocombustibili ed economia circolare.

Sessant’anni sono passati dal taglio del nastro di una raffineria che, lavorando il greggio scoperto a Gela, ha cambiato, nel bene e nel male, le sorti di una piccola città del profondi Sud ricca di storia che viveva di agricoltura e turismo balneare. Sessant’anni di “odi et amo”, di tanto lavoro e benessere ma anche di un ambiente compromesso gravemente da lavorazioni industriali pesanti che hanno ammorbato aria, suolo e mare grazie anche a norme ambientali “leggere” e non solo. Tanto lavoro ma anche tante malattie, tanto inquinamento. E poi quell’odore simile alle uova marce, insopportabile, che induceva a repentina fuga chi transitava in auto alla periferia di Gela. Una cappa di piombo che soffocava la vita quotidiana dei gelesi mentre le ciminiere fumavano a pieno regime.

Non c’è più dal 2014. Il 6 novembre 2014: al Ministero dello sviluppo economico con le firme su una decina di fogli si è sancito di mettere fine all’era del petrolio e di riconvertire gli impianti di Mattei producendo biocarburanti da olio di palma.Con il taglio del nastro della raffineria green, Eni cambia pelle e sposta il suo asse verso l’economia circolare. Con una tecnologia Eni denominata Ecofining dagli impianti di Gela si ottiene biodiesel, biogpl e bionafte miscelabili di altissima qualità.

Non solo biocarburanti nel nuovo business dell’azienda del Cane a sei zampe ma anche la sperimentazione nella trasformazione dei rifiuti organici da cui ottenere acqua e bioolio. Una svolta verso l’energia pulita con gli investimenti nel campo del fotovoltaico.

In varie aree dell’ex petrolchimico sono stati creati parchi fotovoltaici che producono 7 megawatt di energia elettrica.  C’è in programma di crearne altri per arrivare all’obiettivo che la raffineria green di alimenti solo con il fotovoltaico. Di queste ed altri passi verso produzioni ecosostenibili è segnata la storia che continua a legare l’Eni a Gela.

Non c’è l’occupazione degli anni caldi del petrolio con la svolta green e l’aria industriale sembra un deserto. Ma c’è un’aria più respirabile, un mare che non è quello dell’era degli scarichi incontrollati, delle petroliere e del catrame.

È una grande scommessa la svolta green che può portare vantaggi per il lavoro insieme all’ambiente se si saprà creare in loco una filiera delle materie prime.  Un esempio: la bioraffineria tratterà gli oli esausti. Ma trovarli nel mercato non è facile. Di oli esausti se ne producono in Italia 300 mila tonnellate l’anno ma se ne raccolgono 65/70 mila cioè il 25% . Ma per le produzioni green servirebbero anche più di 300 mila tonnellate. L’olio esausto bisognerebbe poterlo raccogliere anche dai privati e creare questa nuova filiera con nuovi posti di lavoro.

Sarebbe un vantaggio anche ambientale, quando gli oli esausti di frittura finiscono nel lavandino aumentano i costi di trattamento dei reflui che poi pagano i cittadini nelle bollette.

Queste ed altre opportunità possono arrivare dalla nuova economia verde che impone anche “un riciclo” nella mentalità di chi vuole fare impresa. Non sarà facile, non lo sarà per Gela che ha vissuto per troppi decenni legata alla monocommittenza industriale dell’Eni ed oggi si ritrova alle prese con la deindustrializzazione non accompagnata da alternative e con tante famiglie un fuga verso il Nord e l’estero alla ricerca di lavoro. 

Ma provare a decifrare il linguaggio dell’economia circolare e trasformarlo in opportunità è quasi d’obbligo. Specie per le giovani generazioni.

La svolta green apre anche una nuova fase nei rapporti tra il territorio e l’Eni.  I conti con il passato non sono chiusi e vari sono i procedimenti pendenti in Tribunale di cui va atteso l’esito. Le bonifiche vanno fatte. Il presente sotto la bandiera green è però un’altra pagina che consente di avviare un dialogo più sereno, di trovare insieme il modo per aiutare la città a migliorarsi e a rinascere.

Quel cane dalla lingua verde può fare molto di più per il territorio e può farlo senza sconvolgerne drammaticamente l’ambiente, la salute, la vita stessa di una comunità.

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