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Estorsioni a tappeto, il “pizzo” a Catania secondo la famiglia Santapaola

Di Concetto Mannisi |

Il costruttore decise di far finta di nulla ma ciò servì soltanto a guadagnare qualche mese di tempo: nel marzo successivo arrivarono in due – il secondo sarebbe stato Giuseppe Faro, secondo gli investigatori – e la richiesta fu ribadita. Ciò appena 24 ore prima del furto di un mezzo meccanico da quel cantiere.

Pagare o denunciare? L’imprenditore non ebbe dubbi e così fece scattare l’indagine che l’altro giorno è sfociata nell’emissione – da parte del Gip Giovanni Cariolo – di 31 provvedimenti restrittivi nei confronti di generali, colonnelli e semplici soldati della famiglia Santapaola-Ercolano. Francesco Santapaola, innanzitutto, nipote di Nitto e figlio di Coluccio, considerato nel periodo interessato dalle indagini il reggente della famiglia; il cugino Aldo Ercolano, altro elemento di assoluto livello. E poi Antonino Tomaselli, Carmelo Di Stefano (genero del vecchio Carmelo Rannesi, arrestato nel 2011, e per questo divenuto il referente del gruppo di Lineri-Misterbianco), Pippo “Scillicchia” Santonocito e Giuseppe Felice, meglio noto come “Pippo u ‘nfirmeri” o “Pippo carrozzina”, in subordine rispetto a “Scillicchia” ma di fatto indicato quale vero e proprio motore del gruppo denominato San Pietro Clarenza-Barriera.

Sono loro che tentano di imporre il “pizzo” a tappeto, specialmente nella zona di Belpasso (decine le lettere anonime con richiesta di sessantamila euro e l’invito a cercarsi un amico recapitate a imprenditori e piccoli commercianti). Sono loro che stimolano i traffici e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Sono loro – anzi, è “Ciccio” Santapaola, soprattutto – a proporre nuove-vecchie strategie operative: «Si deve tornare agli anni Ottanta. Rapine, furti….». Questo perché i soldi per sostenere gli affari illeciti, pagare gli avvocati dei detenuti e sostenere chi è ancora a piede libero sembrano non bastare mai.

Così come emerge, del resto, dalle intercettazioni cui viene sottoposto Pippo Felice, che ha un chiodo fisso: garantire gli stipendi ai detenuti della famiglia Stimoli (Pietro, Carmelo e Francesco, quest’ultimo all’ergastolo), nonché agli ergastolani Gabriele Armeni Moccia e Alfio Lo Castro. Alcuni sconosciuti agli stessi soldati, che però, così dicono, «per i fratelli loro se ne vanno pure a rubare».

Non tutto fila sempre liscio e qualche frizione fra i cugini “Ciccio” e Aldo viene registrata, specie quando si prende di mira la stessa vittima cui chiedere il “pizzo” («io glielo dico “tu che intenzioni hai?”… tu a nessuno puoi mandare… perché mio cugino Aldo… lui non può dire fai questo e fai quest’altro… Chi è? Tu devi venire qua da me, se vuoi stare nella strada e tu devi parlare la nostra stessa lingua; se tu parli la nostra stessa lingua allora ci siamo»), ma alla fine la macchina va avanti ugualmente. Almeno fino all’arrivo dei carabinieri.

Fra le varie estorsioni tentate – e non sempre riuscite – quella ai danni della Balestrieri Appalti Srl, che aveva in gestione l’appalto per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti solidi urbani nel Comune di Belpasso. Minacce al responsabile del cantiere, biglietto con la richiesta di sessantamila euro accompagnato da un proiettile, quindi l’attesa. Per “Pippo carrozzina” durata più del dovuto: «Bisogna fare danno al cantiere, diamo un segnale che siamo vivi: così ci vengono a cercare. E dovete capire che se non ci danno soldi ma posti di lavoro va bene lo stesso, perché sempre di soldi che entrano si tratta. E lo stesso vale per il cantiere: ti portiamo l’azolo noialtri e ti facciamo l’intonaco. Quant’è, un euro al metro? Buono…». Ecco come pensano gli uomini di malaffare. Che nell’occasione, però, nonostante un ultimo avvertimento e il danneggiamento di una spazzatrice, restano a mani vuote.

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