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La criminologa

Bruzzone: «I giovani vanno sradicati da famiglie dove si respira violenza»

Parla la psicologa e opinionista televisiva: «Girare armati è uno status, ragazzini che si credono piccoli boss»

Luigi Ansaloni

03 Novembre 2025, 07:05

Bruzzone: «I giovani vanno sradicati da famiglie dove si respira violenza»

«Mi rendo conto di dire una cosa forte, ma credo che allontanare i bambini e i giovani da contesti familiari dove si respira aria mafiosa sia l’unico modo per far crescere in maniera più sana i ragazzi in quartieri difficili, come lo Zen. Solo così potremmo evitare di vedere piccoli boss che credono che sparare e uccidere sia una cosa di cui vantarsi». Parla chiaro Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa di fama internazionale, opinionista in molte trasmissioni televisive. Già nei giorni scorsi Bruzzone era intervenuta sulla vicenda palermitana dell’omicidio di Paolo Taormina, 20 anni, parlando proprio del contesto in cui era cresciuto Gaetano Maranzano, il killer reo confesso, figlio di una famiglia dove in molti sono finiti in carcere per questioni legate al controllo della droga nel quartiere Zen.

Dottoressa Bruzzone, ormai si spara per un niente, soprattutto nelle grandi città, ma anche nei paesini di provincia. C’è un’emergenza criminalità diversa dal passato?

«Sicuramente c’è un allarme sociale, e non solo nelle grandi città. Ovviamente nei piccoli centri il fenomeno è più contenuto, ma ci sono anche lì le baby gang, banda di ragazzini che vanno in giro senza controlli e che semina il terrore, soggetti figli di seconda o terza generazione di gente invischiata con la criminalità organizzata. Ragazzini che si credono dei piccoli boss e che vanno in giro armati, pronti a sparare».

Vanno in giro armati e sparano, uccidono, ben consapevoli che verranno presi e arrestati nel giro di poco tempo, come è successo nel caso dell’omicidio Taormina e nella strage di Monreale. Non si rendono conto di questo?

«Certo che se ne rendono conto, sanno perfettamente quello che fanno. Girare armati è uno status, chi gira senza una pistola è un pivello, nella loro dimensione sociale. La propria identità è la violenza, l’arma è una rappresentazione narcisistica del proprio essere. Per loro andare in carcere non è una vergogna, una pena, ma è un vanto».

In molti hanno sottolineato una responsabilità dei social, dei film, delle serie dove si mitizzano boss e altro. Lei come la vede?

«Certo che c’è. Si creano modelli disfunzionali dopo attraverso la violenza si eleva il proprio livello sociale e si ottiene ciò che si vuole, il potere prima di tutto. Sono questi i simboli e i messaggi che poi vengono fatti propri dai giovani. Lo abbiamo visto per Maranzano. In quel caso, appena ucciso un ragazzo a sangue freddo, è andato sui social immediatamente dopo e facendo un posto inneggiando Riina».

Parlando dell’omicidio di Taormina, diceva i minori figli di persone legate alla mafia dovrebbero essere allontanati dalla famiglia. Sarebbe una soluzione?

«Capisco di dire una cosa forte, ma sono convinta che se cresci in un certo tipo di contesto, dove la violenza e la sopraffazione sono stili di vita, è molto più difficile crescere con delle regole civili e costruire la propria identità basandosi sul rispetto e sulla legalità. Bisogna eradicare la radice criminale, non ci sono alternativa».

Anche la procuratrice dei Minori di Palermo, Claudia Caramanna, sostiene questo, ed è stato più volte minacciata.

«Sono sulla stessa linea della Caramanna. Bisogna impedire ai minori di assorbire le regole di certe famiglie, dove violare la legge è normale, così come lo è sfruttare il più debole e imporsi tramite la violenza. Già dalle elementari si vedono piccoli boss, e questo non è certo colpa della scuola. I bambini nei genitori vedono il potere intimidatorio e lo imitano. Se ne uscirà quando riusciremo a spezzare questa catena».