l'inchiesta
Isab Nord, perché il petrolio è finito sul tetto del serbatoio?
Il giorno dell’anomalia in atmosfera inquinanti come benzene e h2s
Per quale ragione il petrolio sia filtrato sul tetto del serbatoio DA167, della raffineria Isab Nord, e successivamente defluito, attraverso il sistema di canalette, nella fognatura interna allo stabilimento diretto agli impianti di trattamento dei reflui: è su questo che si sta concentrando l’indagine della Procura, avviata per fare luce su quanto accaduto lo scorso 7 novembre, e che ha portato al sequestro del serbatoio.
Per intenderci, l’eventuale debordare del greggio sul terreno attorno alle canalette, interno alla raffineria, che la stessa azienda ha descritto come “impatto ambientale immediatamente circoscritto”, è solo una parte della questione. In questo caso, per fortuna, una parte lieve. La questione principale, invece, è a monte, ossia che quel greggio sul tetto non doveva starci. A prescindere dal suo eventuale straripare. Ed è su questo, cioè sulla eventualità di impianti a corto di manutenzione e dunque esposti a rischi per la sicurezza ambientale e dei lavoratori, che stanno lavorando gli inquirenti con il supporto tecnico dei periti.
Non siamo di fronte, insomma, a quanto capitato tra il 2008 e il 2012 nei serbatoi dell’altro stabilimento, a Isab Sud, vicenda cui è corsa la memoria in questi giorni. In quella occasione il greggio proveniente dai serbatoi aveva contaminato suolo, sottosuolo e falda, infestando undici pozzi a scopi irrigui e alimentari a Città Giardino. La vicenda, che porterà a processo vertici aziendali e responsabili di reparto con l’accusa di disastro ambientale doloso, è ancora una ferita aperta per il territorio: finì con un’assoluzione, perché la procura non riuscì a dimostrare che la sostanza idrocarburica che aveva inquinato i pozzi era la stessa del serbatoio incriminato (S534 con il suo foro di 3 millimetri).
No, qui per fortuna – a quanto se ne sa finora – il greggio non ha contaminato nulla: l’anomalia è che sia finito sul tetto del serbatoio, anziché restarvi dentro. Si tratta di un tetto galleggiante, una struttura che segue il livello del liquido, ossia si abbassa man mano che il serbatoio si svuota. Va immaginato come un solido che galleggia in un bicchiere d’acqua e che si abbassa ogni volta che beviamo l’acqua. Solo che in questo caso la sua grandezza è di 7 mila metri quadrati, quanto un campo di calcio. Ragione per cui ad attirare l’attenzione della polizia municipale di Priolo è stato il cattivo odore. Cui le centraline Arpa hanno dato un nome: le concentrazioni di benzene in atmosfera quel giorno erano di 51,4 mmg per mc (limite 20), quelle di H2S erano di 12 (su un limite di 7) e gli idrocarburi non metanici arrivavano a 2274 (su un limite di 200). Anche questo impatto potrebbe essere valutato dalla procura.