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Lo scenario

Catania, dalla madrina alla “vice regina”: ecco le “troniste” della nuova mafia

Grazia Santapaola è solo l’ultima di una lunga serie di donne al comando: quasi sempre una scelta d'emergenza dopo l'arresto di una persona cara

Laura Distefano

07 Dicembre 2025, 17:13

Catania, dalla madrina alla “vice regina”:  ecco le “troniste” della nuova mafia

«Una vecchia donna di mafia, ha molto carisma e un ruolo nella famiglia Santapaola». Così il giovane killer di Cosa Nostra, Salvatore Sam Privitera, descrive Grazia Santapaola, la donna boss arrestata martedì dai carabinieri del ROS con l’accusa di associazione mafiosa. L’indagata inoltre, a dire del collaboratore di giustizia, avrebbe «gestito le sue estorsioni e le sue entrate direttamente».

Appena scarcerata nel 2017 avrebbe cominciato a (ri)mettere becco negli affari illeciti del gruppo Ottantapalmi, storicamente riconducibile al marito Turi Amato. La donna d’onore si è sempre definita «il sangue blu della mafia» in virtù della sua parentela diretta - è la cugina - col padrino Nitto Santapaola.

Ma non è la sola donna che si è seduta sul “trono” dei clan catanesi. Un ruolo di potere che proviene, naturalmente, da uno stato quasi di necessità creato dai vuoti lasciati da mariti, padri, fratelli e cugini finiti dietro le sbarre. Una scelta d’emergenza, quindi.

Ma che, comunque, fa comprendere come la mafia, in qualche modo, si sia emancipata seppur forzatamente affidando il comando alle donne. Che però vengono considerate un po’ la voce dei padrini che sono dietro le sbarre. Come è stato per Maria Rosaria Nicolosi, la moglie di Giovanni Nizza (del clan Santapaola), arrestata lo scorso luglio nell’ambito del blitz «Naumachia». Anche lei è accusata di associazione mafiosa. I carabinieri hanno documentato le videochiamate fra moglie e marito (alcune autorizzate come colloquio dai vertici del carcere) che diventavano veri e propri summit mafiosi (da remoto), in cui Nizza “banana” avrebbe fornito indicazioni operative alla consorte “affiliata”.

Crudeli, fredde e senza scrupoli

Le donne boss, ascoltando le intercettazioni, sono crudeli, fredde e senza scrupoli come gli uomini. Se non di più. Grazia Messina, moglie di Benito La Motta del clan Brunetto di Riposto (alleati dei Santapaola), ordinò il pestaggio di un uomo solo perché si sarebbe permesso di rapinare un’attività che pagava il pizzo al gruppo del marito. Ora la donna sta scontando la condanna definitiva per mafia frutto del processo «Iddu».

Un’altra madrina che merita una citazione è la moglie del capomafia Santo Mazzei, che è detenuto dal 1992. La zarina di via Belfiore - «u traforu» - Rosa Morace è stata condannata in via definitiva nel processo «Ippocampo». Stesso profilo per la napoletana Maria Campagna, storica compagna del boss Turi Cappello, fondatore dell’omonimo clan. La donna sta affrontando con il partner il processo scaturito dall’inchiesta Penelope del 2017. Avrebbe fatto da «messaggera» del partner recluso al 41bis, oltre ad aver tenuto rapporti indipendenti con trafficanti anche fuori dalla Sicilia. La «zia Mariella» Scuderi è la vedova di Santo Laudani ucciso nel 1990. Da quello che è emerso nel blitz Vicere - la sentenza definitiva nel 2022 - la donna avrebbe gestito la cassaforte dei Laudani «Mussi i Ficurinia».