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Il ricorso

Augusta, battaglia legale sull'impianto da 500mila tonnellate di rifiuti: la ditta impugna l'annullamento dell'autorizzazione

La società Hub Cem Augusta spa, di proprietà della famiglia Caruso di Paternò, non ci sta. Aveva preannunciato la sua intenzione di opporsi al provvedimento regionale e lo ha fatto

Luisa Santangelo

10 Dicembre 2025, 06:00

Augusta, battaglia legale sull'impianto da 500mila tonnellate di rifiuti: la ditta impugna l'annullamento dell'autorizzazione

Lo avevano preannunciato e lo hanno fatto. Così adesso la questione dell’autorizzazione - prima , poi no - all’impianto per lo stoccaggio dei rifiuti pericolosi e non nel porto commerciale di Augusta diventa una battaglia legale. La società Hub Cem Augusta spa di Catania, che aveva ottenuto il via libera dalla Regione per la struttura, ha infatti notificato lo scorso 5 dicembre il ricorso contro lo stop imposto dagli uffici di Palermo. La questione, insomma, si sposta di fronte al Tribunale amministrativo regionale, che dovrà decidere se l’annullamento è legittimo oppure no.

Ciò che, evidentemente, non aveva tutte le carte in regola è di sicuro l’autorizzazione che il dipartimento Rifiuti dell’assessorato all’Energia aveva concesso all’impresa il 12 giugno 2025. Nell’Aua (Autorizzazione unica ambientale) richiesta e ottenuta dalla società catanese, si autorizzava la realizzazione dell’impianto di stoccaggio per 500mila tonnellate di rifiuti non pericolosi e novemila tonnellate di rifiuti pericolosi sulla banchina del porto commerciale di Augusta, affinché da lì venissero poi trasferiti altrove tramite navi. Nel documento, però, spiccava l’assenza di pareri come quello del Comune di Augusta, della soprintendenza ai Beni culturali, del dipartimento Ambiente della Regione Siciliana e dell’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente.

Non tutti pareri indispensabili, certo, ma sui quali il dirigente del Servizio 6 (quello delle autorizzazioni sui rifiuti), Francesco Arini, aveva fatto calare l’istituto del silenzio assenso. All’esplosione del caso, ad agosto 2025, sono in molti a scrivere alla Regione chiedendo l’annullamento dell’autorizzazione. Tra questi, il Comune di Augusta, che si rivolge anche al Tribunale amministrativo di Catania. L’1 ottobre, dopo l’acquisizione degli atti da parte della procura di Siracusa, gli stessi uffici che avevano dato l’autorizzazione l’annullano in autotutela.

Tra agosto e ottobre, però, il procedimento avviato dall’amministrazione megarese di fronte al Tar va avanti. E l’amministrazione regionale, con una nota depositata il 29 settembre, difende il proprio operato. «L’atto impugnato è stato preceduto da un articolato procedimento», diceva la memoria. Precisando che alcune delle verifiche richieste non competevano all’amministrazione regionale: al Comune di Augusta il rispetto della distanza minima dal centro abitato; o al Libero consorzio l’individuazione delle aree idonee o no per quel genere di installazioni. Dice la Regione ai giudici amministrativi, inoltre, per giustificare il silenzio-assenso, che la norma impone termini «perentori di conclusione del procedimento - nella specie pari a 180 giorni (con decorrenza dall’11 ottobre 2021) salvo interruzioni - e, dopo reiterati solleciti (in data 9 dicembre 2024 e 30 gennaio 2025) i pareri non pervenuti sono stati legittimamente considerati acquisiti per silentium». Poi, siccome non è previsto un piano di monitoraggio e controllo, il parere dell’Arpa non era nemmeno «requisito imprescindibile ai fini del rilascio dell’autorizzazione».

Appena 24 ore dopo, a ogni modo, gli uffici cambiano idea. Il 30 settembre il dirigente Arini firma l’annullamento in autotutela perché «il procedimento istruttorio è risultato carente». E il giorno dopo, il 1 ottobre, il dirigente generale del dipartimento Arturo Vallone lo controfirma. Sebbene così, con l’autorizzazione cancellata con un colpo di spugna, il Tar non ha più nulla da decidere, i giudici amministrativi puntualizzano: è la stessa Regione ad ammettere di avere sbagliato. Per questo si applica il principio della «soccombenza virtuale» e l’amministrazione siciliana va condannata al pagamento delle spese processuali, quantificate in 1.350 euro. Per Comune di Augusta e Hub Cem spa, invece, le spese possono considerarsi compensate.

Nella stessa sentenza del Tar, emessa il 6 novembre 2025, si apprende che «la società intende comunque impugnare il provvedimento assunto dall’amministrazione in autotutela». Un mese dopo, il 5 dicembre, Hub Cem Augusta lo ha fatto, notificando il ricorso che fa da preludio a una battaglia di fronte alla giustizia amministrativa.

La ditta catanese è di proprietà della famiglia Caruso di Paternò, quest’ultima diventata ormai uno dei colossi regionali nella gestione dell’immondizia.