L'inchiesta della Pg
«L'agguato ordinato da Aldo Ercolano»: dopo 35 anni comincia il processo
Fissata la data dell'udienza preliminare per il duplice omicidio dei manager delle Acciaierie Megara avvenuto nel 1990
Hanno fatto in fretta. Quasi un paradosso a pensare che per 30 anni c'è stato il silenzio e ora in pochi mesi c'è già la data dell'udienza preliminare per il duplice omicidio dei manager delle Acciaierie Megara, Francesco Vecchio e Alessandro Rovetta avvenuto il 31 ottobre 1990. Il boss di "razza" Aldo Ercolano, figlio dei cugini Pippo Ercolano e Grazia Santapaola, si dovrà presentare davanti alla gup Carla Valenti il prossimo 22 gennaio a Catania. Il nipote del padrino di Catania, Nitto Santapaola, è ritenuto il mandante del delitto: i due uomini sarebbero stati uccisi per il rifiuto di cedere alle richieste di pizzo da parte di Cosa Nostra.
L’ergastolano, che sta scontando condanne per mafia e omicidi, fra cui quello di Pippo Fava del 1984, è ritenuto infatti «l'ideatore e l'organizzatore», in concorso con altre persone rimaste ignote, dell’agguato. A Ercolano si contesta di avere agito «con premeditazione» e con «l'aggravante dei motivi abietti e futili» per garantire il predominio nel territorio catanese e i vantaggi economici alla famiglia catanese di Cosa Nostra, ma anche di assicurarsi il profitto dell’estorsione alle Acciaiere Megara che poi è partita da gennaio 1991.
Dietro ci sarebbe una richiesta di pizzo, dicevamo. E infatti la Procura generale, con i sostituti Nicolò Marino e Giovanella Scaminaci, ha chiesto il rinvio a giudizio anche di altri quattro imputati accusati di estorsione aggravata dall’avere favorito Cosa nostra, reati contestati anche ad Aldo Ercolano. Sono l'anziano Vincenzo Vinciullo, Antonio Alfio Motta, Francesco Tusa e Leonardo Greco. L’accusa delinea anche il ruolo che ciascun imputato avrebbe avuto: Aldo Ercolano, con il padre, il capomafia defunto 'Pippo', avrebbe avuto il ruolo di mandante della richiesta della tangente mafiosa, Greco, invece, di organizzatore, Tusa e Motta di esattori e Vinciullo (che era agente di commercio per Acciaierie) di "negoziatore". L’estorsione sarebbe stata commessa in concorso con esponenti di spicco di Cosa nostra già morti: Bernardo Provenzano, Pippo Ercolano, Nicolò Greco, Lucio Tusa e Luigi Ilardo. Quest'ultimo è l'infiltrato di mafia che portò il Ros a un passo dal vice di Riina a Mezzo Juso (nel palermitano) e che poi nel 1996 fu ammazzato dai santapaoliani prima che potesse diventare collaboratore di giustizia.
Ma torniamo al duplice delitto Vecchio-Rovetta. Tra le minacce, oltre alle telefonate minatorie, anche il posizionamento di proiettili sul sedile di un dirigente e nel giardino della moglie di Rovetta. Secondo la ricostruzione della Procura generale, i vertici di Alfa Acciai di Brescia, indicati come parti offese nella richiesta di rinvio a giudizio, sarebbero stati costretti a versare dal 1991 in più tranche la somma di un miliardo delle vecchie lire da corrispondere alle famiglie di Cosa Nostra di Catania, Caltanissetta e Palermo. Sulla contestazione dell'estorsione c'è da fare qualche calcolo in merito alla prescrizione. Ma intanto a gennaio si apre il processo. E, questa, è comunque una buona notizia per i familiari che attendono giustizia da troppi anni. I figli di Francesco Vecchio, con gli avvocati Enzo Mellia e Giuseppe Lo Faro, si sono sempre opposti alle diverse richieste di archiviazione depositate dalla procura a più riprese. Fino a quando la Pg non ha avocato a sé le indagini ed è arrivata la svolta.

