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il caso

“Non è stata una bravata”: la verità di Tatiana, 11 giorni nascosta per paura di stare male

Dalla scomparsa al mea culpa in tv: il caso che ha acceso i riflettori su ansia, fragilità e responsabilità pubbliche

Redazione La Sicilia

11 Dicembre 2025, 07:18

“Non è stata una bravata”: la verità di Tatiana, 11 giorni nascosta per paura di stare male

«Chiedo scusa a tutti», dice Tatiana Tramacere, 27 anni, davanti alle telecamere di Rai 3: sguardo basso, ha ammesso di aver inscenato la sua scomparsa travolta da una «battaglia interiore» che va avanti «da quasi due anni». Non una bravata, non un colpo di teatro: «Quando si avvicina il giorno di un controllo, io scappo», confessa. È il tassello che mancava in un caso capace, in undici giorni, di passare dalla paura collettiva al sollievo, e poi al dibattito acceso su responsabilità individuali, media e salute mentale.

La notte degli applausi e del sollievo

Nella serata di giovedì 4 dicembre 2025, i carabinieri trovano Tatiana viva in uno stanzino della mansarda di Dragos Ioan Gheormescu, 30 anni, amico della giovane. Il ritrovamento avviene a Nardò, nel Leccese, a poche centinaia di metri dall’abitazione della famiglia Tramacere. La notizia, confermata dal comandante provinciale dei carabinieri di Lecce, colonnello Andrea Siazzu, chiude una ricerca iniziata il 24 novembre, quando di Tatiana si erano perse le tracce. La folla assiepata in strada esplode in un applauso. «Tatiana è viva, sta bene, in apparenti condizioni di buona salute. Lasciateci lavorare per capire se si trattasse di costrizione o volontà», le parole ufficiali dell’Arma. Dopo gli accertamenti al Vito Fazzi e il supporto attivato dalla Croce Rossa, Tatiana torna a casa. «In questo momento sto vivendo anticipatamente il mio Natale», dirà il padre, Rino Tramacere.

La ragazza era scomparsa il 24 novembre. La giovane esce di casa e, secondo le immagini acquisite dai carabinieri, la sera è a braccetto con Dragos. Nei giorni seguenti il telefono di lui viene sequestrato e nasce il sospetto che nel dispositivo possano esserci elementi utili alle indagini. Il 4 dicembre la svolta: perquisendo l’abitazione dell’amico, gli specialisti del RIS trovano Tatiana nascosta in mansarda. Il 5 dicembre la notizia è ufficiale: è viva e in apparenti buone condizioni.

Le parole di Tatiana: «Una battaglia interiore, non una bravata»

La versione che emerge con chiarezza arriva nell’intervista a “Chi l’ha visto?” del 10 dicembre. Tatiana prende la parola e chiede scusa «alla mia famiglia, alle forze dell’ordine, a ogni cittadino di Nardò». Nega con forza l’idea di una «bravata» o di un gesto per attirare l’attenzione: «La verità è che non ho agito con lucidità: mi sono lasciata travolgere da emozioni troppo forti e dalla fragilità che in quel momento non ero più in grado di gestire». A motivare la fuga, racconta, sarebbe stata l’ansia per «questioni di salute» e l’evitamento di controlli clinici imminenti: «Quando si avvicina il giorno di un controllo, io scappo». È un’allusione che non entra nel merito del quadro clinico, ma che spiega il meccanismo psicologico dichiarato dalla stessa giovane.

Nell’intervista Tatiana ricostruisce anche la dinamica di quei giorni: l’ospitalità chiesta a Dragos, la permanenza in casa sua, la scelta di nascondersi («Ho avuto paura, il panico… quando ho paura mi nascondo»). Ribadisce che l’amico «non ha fatto niente di male», definendolo «affidabile» e «protettivo».

Il ruolo di Dragos: tra dubbi iniziali e chiarimenti

Fin dall’inizio, l’attenzione investigativa si concentra su Dragos Ioan Gheormescu, l’ultima persona ad aver visto Tatiana la sera del 24 novembre. Sottoposto a interrogatorio, il 30enne offre una versione che verrà poi sostanzialmente confermata dalla giovane: «È stata lei a organizzare tutto e a chiedermi di aiutarla, ero l’unico di cui si fidava». Racconta di un periodo di sconforto, del desiderio di «isolare» Tatiana dal mondo per qualche giorno prima del rientro a casa. I carabinieri non riscontrano segni di costrizione e pendono verso l’allontanamento volontario. Resta, sullo sfondo, la possibilità di iniziative legali: secondo ricostruzioni di stampa, alcuni familiari non escluderebbero una denuncia nei confronti dell’uomo, ma al momento non risultano decisioni definitive rese pubbliche. Prudenza, dunque: la parola passa alla Procura di Lecce.

L’ondata social: dai like alle critiche, e il silenzio scelto dalla famiglia

La vicenda di Tatiana, che sui social condivideva poesie ed era seguita da oltre 59mila persone su Instagram, scatena un’onda lunga. L’eco mediatica si trasforma in un tribunale parallelo: dai commenti di conforto si passa, in poche ore, a critiche feroci. C’è chi accusa la giovane di aver «screditato la causa» delle donne vittime di violenza, chi sottolinea i «costi» della mobilitazione e il lavoro di tutte le persone coinvolte nelle ricerche. La famiglia chiede «silenzio» per proteggerla in una fase di evidente vulnerabilità, mentre il cugino sbotta contro l’accanimento: «Preferivate trovarla morta?». Di fronte all’odio digitale, Tatiana chiude i profili social.

Le indagini: cosa resta da chiarire

Al momento del ritrovamento, gli specialisti del RIS perquisiscono l’abitazione di Dragos; lui viene ascoltato a lungo nella sede del Comando provinciale dei carabinieri di Lecce. La catena degli atti d’indagine si muove sul confine tra ipotesi di reato e allontanamento volontario, mentre cresce la platea delle testimonianze. Tra i tasselli oggettivi ci sono: Le immagini che mostrano Tatiana e Dragos insieme la sera della scomparsa. L’assenza di segni di costrizione emersa nei primi riscontri sanitari e investigativi. Le ammissioni convergenti dei due protagonisti sulla natura volontaria dell’allontanamento e sull’ospitalità concordata.

Resta, naturalmente, la valutazione formale degli inquirenti su eventuali profili di reato: è compito della Procura di Lecce stabilire se e quali condotte possano integrare fattispecie penali (dall’eventuale favoreggiamento all’ipotesi, inizialmente presa in considerazione, di altre imputazioni poi ridimensionate). Allo stato, è opportuno evitare conclusioni affrettate: la cornice che si delinea è quella dell’allontanamento volontario, maturato in un contesto di fragilità emotiva e di ansia legata alla salute, come dichiarato dalla stessa Tatiana.

“Non avevo previsto nulla”: il racconto minuto per minuto dell’11° giorno

Nella ricostruzione offerta alla tv, Tatiana spiega che non c’era un piano articolato: «Non avevo previsto nulla». Quando percepisce l’arrivo dei carabinieri nell’abitazione di Dragos, prevale il panico: si nasconde in un armadio della mansarda. È lì che la trovano. Nel racconto c’è la cifra dell’impulsività: non un disegno meditato, ma un comportamento tipico di chi vive un picco d’ansia e cerca riparo immediato. Dragos, dal canto suo, parla di aiuto chiesto da Tatiana e ribadisce di averla «accolta e ascoltata». Sono parole che collimano, oggi, con la versione della giovane.

Dopo le scuse, il futuro: cura, tutele e tempi giusti

La famiglia riferisce che, nei giorni immediatamente successivi al rientro, Tatiana è «molto provata», «senza forze» e «ancora sotto choc». Chiede privacy, tempo, silenzio. Le sue scuse pubbliche – dolorose ma necessarie – sono il primo passo di una strada che ora ha bisogno di cure, accompagnamento psicologico e protezione dalle dinamiche tossiche del dibattito online. Il fatto che la giovane abbia parlato di sé, senza nascondersi dietro giustificazioni, è un segnale importante. Resta da capire come le istituzioni e la comunità possano trasformare un caso di cronaca in un’occasione per promuovere educazione alla salute mentale, prevenzione e ascolto.