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La “FACILE” TERRA NISSENA

Le scorribande dei predatori sui siti incustoditi e il ricco mercato delle monete della zecca di Gela

Vi sono decine di siti archeologici importanti che sono il regno degli scavi clandestini perché mancano tutti di custodia e videosorveglianza

Maria Concetta Goldini

13 Dicembre 2025, 00:00

Le scorribande dei predatori sui siti incustoditi e il ricco mercato delle monete della zecca di Gela

Uno degli arrestati nell’operazione Ghenos è il gelese Simone Adriano Pretin già coinvolto in indagini precedenti che riguardano il traffico illecito di reperti archeologici. Un’attività fiorente quella dei tombaroli e dei ricettatori che non è mai tramontata in un territorio come quello gelese che ha un sottosuolo, nell’area urbana così come nelle campagne, scrigno di reperti eccezionali da quelli ceramici alle monete.

Tra i materiali recuperati nell’operazione Ghenos ci sono anche monete della zecca di Gela, una delle più importanti della Sicilia. Il tesoro di Gela costituisce uno dei più significativi rinvenimenti monetali di tutto il mondo greco, e certamente il più ricco dell’epoca tardoantica. Monete di grande valore tant’è che furono rubate negli anni Settanta dal museo e recuperate in parte una decina di anni dopo al termine di un’indagine internazionale. La ricerca di monete è una delle attività più gettonate ancor oggi dai tombaroli del territorio dotati di modernissimi strumenti del mercato americano o acquistati su internet per “andare a caccia” o “cercare funghi e asparagi”.

Non è solo il territorio della colonia greca di Gela a fare gola ai tombaroli. Nel territorio nisseno vi sono decine di siti archeologici importanti che sono il regno degli scavi clandestini perché mancano tutti di custodia e videosorveglianza. Proprio dall’operazione Ghenos emerge che l’azione dei tombaroli nel Nisseno era indirizzata verso le aree archeologiche incustodite. Quelle dell’entroterra come Sabucina, Gibil Gabib e Vassallaggi sono luogo fertile di razzie perché erano terreno di contatto tra le popolazioni indigene e i Greci che arrivarono nell’VIII secolo a. C. Un esempio per tutti è quello di monte Sabucina, terra dei Sicani, le cui prime testimonianze abitative risalgono all’età del Bronzo antico. L’area con i resti del villaggio sicano ellenizzato è teatro di continue incursioni di tombaroli.

Non passa anno in cui non si verifichino incendi. Gli ultimi tra maggio e settembre di quest’anno. Sono i predatori di reperti archeologici che bruciano l’erba del sito abbandonato per favorire il passaggio del metal detector. L’accesso al sito (un tempo parco archeologico poi declassato) è facile. Non ci sono sistemi di sicurezza. I progetti per la videosorveglianza sono ancora in attesa di essere realizzati. Si entra e si esce senza problemi. Lo fanno i tombaroli ma anche le pecore per il pascolo abusivo. Una situazione denunciata più volte dalle associazioni di volontariato che ne reclamano l’affidamento per una migliore valorizzazione e protezione. Al momento il territorio nisseno in fatto di protezione dei suoi siti archeologici si presenta sguarnito ovunque da Mussomeli a Gela mentre proliferano gli scavi clandestini ad opera di organizzazioni ben fornite di strumenti tecnologici all’avanguardia che possono agire indisturbate.