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Polizia

Il blitz di Palermo, la lotta per il potere nei mandamenti mafiosi: «Tagliate di faccia...»

il blitz. Dalle conversazioni intercettate emergono i nuovi ruoli all’interno dei mandamenti mafiosi Non tutti sono rimasti contenti («come una ruota di scorta»), ma le decisioni del capo si dovevano accettare

Luigi Ansaloni

13 Dicembre 2025, 12:53

Blitz Palermo

Il blitz di Palermo

«Una tagliata di faccia, una tagliata di faccia bella e buona». Giochi di potere, invidie e rivalità, nel nuovo blitz dell’antimafia che ha portato a 50 arresti a Palermo. Nelle carte delle intercettazioni ci sono anche i nuovi equilibri dei mandamenti di Cosa Nostra, una sorta di mappa rivisitata delle alleanze e dei confini, e soprattutto chi comanda dove. Anche se qualcuno, come si legge nelle carte, non era proprio d’accordo.

Come nel caso di un associato al quale non era stata data la tanto agognata reggenza di Altarello era stata data un’altra persona, un suo rivale nella corsa a potere. «Queste sono tagliate di faccia, ora è rimasto tipo ruota di scorta. Doveva salire sopra lo scecco quando ha messo i piedi fuori dalla matricola», si legge nell’intercettazione di un associato, come fosse un rimprovero rivolto a chi era rimasto fregato da questa spartizione.

Eppure, non si potevano fare obiezioni, perchè chi di dovere aveva deciso. Senza dubbio, a capo della Noce, c’era Fausto Seidita, “Il lungo”, uno degli indagati dell’operazione, uno dei nomi forti nuovi di Cosa Nostra. «Da quando hanno arrestato suo fratello era in pole position», affermava Paolo Bono. Dopo avere scontato una condanna, Seidita avrebbe scalato la gerarchia fino a subentrare al fratello Giancarlo, “Bellicapelli”, alla guida del mandamento della Noce, dopo essere rimasto in disparte per più di tre anni, calmo, in attesa del suo momento, che poi infine è arrivato. Dal 2019 al 2022, anno in cui Giancarlo Seidita è tornato in carcere, Fausto si sarebbe limitato a fargli da autista e ad accompagnarlo agli appuntamenti. Non proprio con lo stesso carisma, tra i due fratelli, tanto che qualcuno dei suoi fedelissimi non esitava a definire Fausto "cacauova" - ma certamente con l'intenzione di guidare la cosca al meglio, imponendo il pizzo, anche con una tassa sullo spaccio di droga, e intervenendo dove necessario per mettere ordine. In disparte, sì, ma una mente sicuramente non di secondo ordine, visto che sempre secondo le intercettazioni, è proprio Fausto ad avere ingegnato un fitto sistema di comunicazioni riservate e interne, per scongiurare quanti più guai possibili.

La situazione, secondo gli investigatori, cambia nel marzo 2023: la squadra mobile, diretta da Antonio Sfameni, documenta un incontro di rilievo tra Fausto Seidita, Antonio Di Martino — all’epoca reggente della famiglia di Altarello, poi deceduto — e il suo braccio destro, Fabio Billeci. A quest’ultimo sarebbe stato imposto il nominativo di un’impresa edile di “San Giuseppe” per la costruzione di più immobili su un terreno del padre, in via Parrini, nel rione Cruillas. Billeci, inoltre, avrebbe dovuto consegnare somme di denaro a Di Martino e a Seidita.

Gli esiti delle indagini, maturati nel solco delle attività precedenti culminate nell’operazione “Nuovo corso” dello scorso aprile, evidenziano come “il vuoto di potere, generato dagli ultimi arresti, abbia dato spazio a nuovi soggetti, pronti a scalare le posizioni di vertice all’interno del gruppo”. In questo quadro, oltre all’emersione di volti in ascesa, tornano in primo piano figure di riferimento con un passato di peso in Cosa nostra: tra queste spicca l’anziano boss Pierino Di Napoli, scarcerato anni fa e ritenuto in grado, secondo gli inquirenti, di orientare decisioni cruciali per il mandamento grazie alla sua lunga militanza.