La decisione
L'ospedale condannato per la morte di Jacky l’Ultrà della Juve, apprezzato dai cugini del Toro
La corte riconosce la malasanità nella morte di Antonio Marinaro: l'ospedale San Luigi condannato a risarcire la sorella
Per l’anagrafe era Antonio Marinaro ma tutti, e non solo a Torino, lo chiamavano «Jacky l’Ultrà». Un soprannome che gli era stato cucito addosso, come un distintivo, fra gli ambienti della tifoseria organizzata della Juventus, dove era diventato un simbolo delle curve degli anni Settanta e Ottanta e di un calcio che oggi non c'è più. Jacky morì nel 2016 a 61 anni per le conseguenze di una infezione e nelle scorse settimane la giustizia ha riconosciuto, almeno per ora, che il suo fu un caso di malasanità.
La quarta sezione del tribunale civile del capoluogo piemontese ha ordinato all’azienda ospedaliera 'San Luigi' di Orbassano (Torino) di risarcire la sorella, Giovanna, che oggi vive a Milano: secondo una consulenza specialistica disposta d’ufficio dai giudici vi furono responsabilità di carattere clinico sia nella diagnosi, formulata in ritardo, sia nel percorso di cura farmacologica.
Il presidio sanitario, che aveva già respinto l’invito dei magistrati a una conciliazione, ha presentato un ricorso in appello e ha chiesto di «congelare» il versamento dell’indennizzo sospendendo l’esecutività della sentenza.
«Siamo convinti - è quanto dichiara l’avvocato Domenico Nigro di Gregorio, legale della sorella di Jacky, del Foro di Potenza - che la Corte confermerà la decisione del primo grado. La decisione del tribunale è molto bene argomentata e motivata. Spiace dovere mettere in evidenza l’ostinazione con cui, nonostante ciò che è emerso nel corso del procedimento, la controparte insiste nel portare avanti una partita che sta durando ormai da troppo tempo. Ma la signora Giovanna crede nella giustizia e continuerà a crederci».
Jacky era originario di Melfi (Potenza) ed era salito al Nord con la famiglia quando era poco più che un bambino. Divenne un ultrà in un periodo segnato dalla crudezza, si fece largo, fondò il gruppo della «Fossa dei Campioni». I vecchi compagni di curva lo ricordano ancora all’Heysel mentre si prodigava per soccorrere i feriti. Poi, però, forse per l’incalzare delle nuove generazioni o forse per qualche delusione che non riuscì a digerire, si allontanò da quel mondo.
Di soldi Antonio ne aveva sempre avuti pochini e fu il Comune a pagare i funerali. Accanto centinaia di tifosi bianconeri si presentarono anche alcuni granata, che la settimana prima durante la sfida fra il Torino e l’Empoli, avevano srotolato allo stadio lo striscione «Onore al guerriero bianconero - Ciao Jacky». Uno di loro, suo coetaneo, prese a sorpresa la parola per l’ultimo epitaffio al vecchio avversario: «Sono fiero di avere conosciuto Jacky sia nei combattimenti che nella vita di tutti i giorni. Divisi dai colori, uguali nel difendere la propria fede. Ma il calcio di oggi non merita né le nostre fatiche né i nostri rischi».