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Il delitto

Garlasco, la telefonata choc subito dopo l'omicidio di Chiara Poggi e quei minuti che possono cambiare tutto

Nuove intercettazioni esclusive riaprono il caso Garlasco: conversazioni inedite che rivelano tensione, assenza di alibi e dubbi sui tempi della chiamata al 118

Luigi Ansaloni

16 Dicembre 2025, 13:05

Chiara Poggi

Chiara Poggi

Il caso Garlasco torna al centro dell’attenzione dopo la diffusione, da parte di Quarta Repubblica, di nuove intercettazioni esclusive che si aggiungono a quelle rese note la scorsa settimana.

Si tratta di conversazioni mai trasmesse integralmente prima, che restituiscono il clima di tensione, paura e smarrimento vissuto da Alberto Stasi nei giorni immediatamente successivi all’omicidio di Chiara Poggi.

Tra gli audio già pubblicati figurano le telefonate del 23 agosto 2007 tra Stasi e il padre, Nicola. Dialoghi densi di ansia, nei quali il giovane si dice consapevole di essere finito “nel posto sbagliato al momento sbagliato”, ribadendo con forza la propria estraneità ai fatti.

Il suo timore principale è quello di non disporre di un alibi solido e di apparire agli inquirenti come l’unico possibile responsabile. “Sono innocente”, ripete più volte, mentre il padre prova a rassicurarlo confidando negli accertamenti tecnici e nella possibilità che emergano elementi a suo favore.

Stasi, lo si ricorda, è stato poi condannato in via definitiva per l’omicidio della fidanzata.

Un’ulteriore intercettazione del 15 novembre 2007, resa pubblica ieri, introduce un tassello decisivo sul tema dei tempi. In una conversazione con il legale Giarda, Stasi commenta un programma televisivo che analizza i minuti trascorsi tra l’ultimo squillo al telefono della vittima e la chiamata alla Croce Rossa.

Sono sei minuti”, precisa “il giovane dagli occhi di ghiaccio”, respingendo l’ipotesi di una prolungata permanenza nella villetta di via Pascoli. “Io sarò rimasto lì davvero pochi secondi, venti o trenta. Ho fatto tutto velocemente: appena ho visto, sono scappato via e ho chiamato quando ero in macchina”.

Parole che riportano al centro uno degli snodi più discussi dell’intera vicenda: la ricostruzione dei movimenti di Stasi la mattina del delitto e la sua chiamata al 118, anch’essa diffusa da Quarta Repubblica e già all’epoca molto dibattuta.

In quell’audio, infatti, Stasi non cita mai per nome Chiara, non piange e non appare disperato. Lui si giustifica parlando di panico, confusione e dettagli dimenticati: “non mi ricordavo neanche il numero civico della casa”. “Niente di inventato”, assicura al suo avvocato, rivendicando la spontaneità delle proprie azioni.