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IL DOSSIER

Sanità, in Sicilia aspettare è diventata la regola: e la Regione non fornisce i dati sui tempi effettivi delle liste d'attesa

Il rapporto di Cittadinanzattiva sottolinea il vuoto informativo sulle prestazioni, ma dai territori arrivano le solite segnalazioni: agende chiuse, CUP irraggiungibili, appuntamenti rinviati di mese in mese

Alfredo Zermo

16 Dicembre 2025, 18:20

Sanità, in Sicilia aspettare è diventata la regola: e la Regione non fornisce i dati sui tempi effettivi delle liste d'attesa

In Sicilia aspettare è diventata la regola. Aspettare una visita, un esame diagnostico, un intervento chirurgico. Aspettare, spesso, oltre ogni limite ragionevole. Le liste d’attesa rappresentano oggi una delle principali ferite aperte del Servizio sanitario regionale e fotografano una distanza sempre più ampia tra il diritto alla salute sancito dalla Costituzione e l’esperienza quotidiana dei cittadini.

A certificarlo, ancora una volta, è il Rapporto Civico sulla Salute 2025 di Cittadinanzattiva, che raccoglie e analizza oltre 16 mila segnalazioni arrivate nel corso del 2024 dai cittadini di tutta Italia. Il dato più allarmante riguarda l’accesso alle prestazioni sanitarie: il 47,8% delle segnalazioni nazionali denuncia difficoltà nell’ottenere cure e servizi. E dentro questa percentuale, le liste d’attesa assorbono oltre il 70% dei reclami. Un problema strutturale, non episodico, che colpisce in modo particolarmente duro le regioni del Mezzogiorno e la Sicilia in primis.

I numeri parlano chiaro. Nel 2024, secondo le segnalazioni raccolte, si può arrivare ad attendere fino a 360 giorni per una TAC, 720 giorni per una colonscopia e oltre 500 giorni per una prima visita specialistica. Tempi che superano di gran lunga quelli previsti dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e che trasformano la diagnosi precoce in una chimera, soprattutto per le persone affette da patologie croniche o oncologiche.

La Sicilia: pochi dati, molte ombre

Se a livello nazionale il quadro è critico, in Sicilia il problema assume contorni ancora più preoccupanti. Non tanto – o non solo – per i tempi d’attesa in sé, quanto per la scarsità di dati pubblici, trasparenti e aggiornati. Dal Rapporto emerge infatti che la Regione Siciliana, in risposta alle richieste di accesso civico avanzate da Cittadinanzattiva, non ha fornito informazioni puntuali e complete sui tempi effettivi di erogazione delle prestazioni, sul numero totale di prenotazioni o sul rispetto delle classi di priorità clinica.

Un vuoto informativo che pesa come un macigno sulla possibilità di valutare l’efficacia delle politiche regionali e che rende ancora più difficile per i cittadini difendere i propri diritti. Senza numeri certi, senza report pubblici e facilmente consultabili, le liste d’attesa restano un territorio opaco, in cui le responsabilità si diluiscono e il disagio cresce.

Eppure, le segnalazioni che arrivano dai territori raccontano storie molto simili: agende chiuse, CUP irraggiungibili, appuntamenti rinviati di mese in mese. In molte aree interne dell’Isola, ottenere una prestazione significa spostarsi per decine di chilometri, spesso verso i grandi centri urbani, con costi aggiuntivi che gravano sulle famiglie. Per chi non può permetterselo, la rinuncia alle cure diventa una scelta obbligata.

Dalla diagnosi tardiva alla sanità a pagamento

Il ritardo non è mai neutro. Ogni mese che passa può fare la differenza tra una patologia intercettata in tempo e una diagnosi tardiva. Lo sottolinea chiaramente il Rapporto: le liste d’attesa non riguardano una singola fase del percorso di cura, ma attraversano l’intera filiera diagnostico–assistenziale, producendo un “effetto domino” che peggiora progressivamente lo stato di salute delle persone.

In Sicilia questo meccanismo spinge sempre più cittadini verso il privato o l’intramoenia. Una visita che nel pubblico richiede mesi di attesa può essere ottenuta in pochi giorni pagando di tasca propria. Ma non tutti possono farlo. Così la sanità diventa selettiva, accentuando le disuguaglianze sociali e territoriali. Chi ha risorse economiche accede alle cure, chi non le ha aspetta o rinuncia.

Secondo i dati Istat richiamati nel Rapporto, nel 2023 il 7,6% degli italiani ha rinunciato a visite o esami ritenuti necessari. Le principali cause? Le liste d’attesa troppo lunghe e i costi elevati. In Sicilia, dove i redditi medi sono più bassi rispetto al resto del Paese, questo fenomeno assume un peso ancora maggiore.

Il decreto liste d’attesa e le promesse mancate

A giugno 2024 è entrato in vigore il decreto nazionale sulle liste d’attesa, con l’obiettivo di ridurre i tempi, migliorare la gestione delle agende e rafforzare i percorsi di tutela per i cittadini. Ma, almeno per ora, gli effetti concreti faticano a vedersi. Le segnalazioni raccolte nel 2024 indicano che i problemi strutturali restano: carenza di personale, infrastrutture insufficienti, sistemi informatici poco performanti.

In Sicilia, il nodo principale resta la governance. Senza un monitoraggio costante e pubblico dei tempi di attesa, senza dati disaggregati per azienda sanitaria e tipologia di prestazione, ogni intervento rischia di essere inefficace. Il Rapporto sottolinea la necessità di pubblicare report periodici regionali, accessibili e comprensibili, che permettano ai cittadini di conoscere i propri diritti e di attivare, quando necessario, i percorsi di tutela.

Una questione di fiducia

Le liste d’attesa non sono solo un problema organizzativo. Sono una questione di fiducia. Quando un cittadino non riesce a prenotare una visita, quando vede slittare un esame essenziale, quando è costretto a pagare per ottenere ciò che dovrebbe essere garantito, la fiducia nel sistema sanitario pubblico si erode.

In Sicilia, questa erosione rischia di diventare irreversibile se non si interviene con decisione. Servono investimenti sul personale, sull’ammodernamento delle strutture, sulla digitalizzazione dei CUP. Ma serve soprattutto trasparenza. Perché senza dati non c’è controllo, senza controllo non c’è responsabilità, e senza responsabilità il diritto alla salute resta sulla carta.

Il Rapporto Civico sulla Salute 2025 lancia un allarme che non può essere ignorato. Le liste d’attesa non sono un destino inevitabile. Sono il risultato di scelte – o di mancate scelte – politiche e amministrative. In Sicilia, il tempo dell’attesa è già troppo lungo. Ora è il momento delle risposte.