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quartiere albergheria

La street art con lo slogan del drink, l'attacco dell'opposizione: «Pubblicità abusiva»

La replica dello sportello delle attività produttive: «Macché, tutto regolare»

Stefania Giuffrè

17 Dicembre 2025, 07:15

La street art con lo slogan del drink, l'attacco dell'opposizione: «Pubblicità abusiva»

Un campetto nel cuore dell’Albergheria, un punto di aggregazione per i ragazzini del quartiere. Ci sono le porte per fare gol e i canestri per giocare a basket. E a terra un’opera di street art attorno alla quale si sta alzando un polverone. Secondo la consigliera del Pd Mariangela Di Gangi, fra linee di campo, disegni e maglie si celerebbe, neanche troppo velatamente, la pubblicità di un energy drink che sarebbe «una pessima abitudine, specialmente giovanile», scrive la consigliera, riferendosi al consumo di bevande di questo tipo.

L’opera è stata realizzata dall’artista Rosk, all’anagrafe Giulio Gebbia, siciliano della provincia di Caltanissetta, classe 1988, una laurea all’Accademia di Belle Arti e il sogno, da bambino, di fare il calciatore. A commissionare lo “street painting” è stata la società produttrice della più famosa bevanda energetica, la Red Bull, opera regolarmente autorizzata dal Comune. Lungo i lati, la scritta “Ti mette le aaali”, il famosissimo slogan della bevanda energetica. La battaglia si gioca proprio su questo, sul claim e sul logo riprodotto sulla maglia di uno dei due sportivi raffigurati a terra. Di Gangi ritiene che si tratti di pubblicità non autorizzata, gli uffici comunali replicano che non c’è alcun messaggio promozionale. Il carteggio è ampio e articolato, va avanti da mesi quando Di Gangi ha presentato una prima interrogazione nella quale denunciava che l’opera «reca il marchio dell’azienda finanziatrice e il logo, rendendola di fatto una pubblicità necessariamente soggiacente alle regole per l’esposizione di cartelloni pubblicitari».

A stretto giro era arrivata la replica dell’ufficio per la Rigenerazione urbana, che spiegava: l’autorizzazione è per un’opera di street art, è stata chiesta la stipula di un patto di collaborazione per la rigenerazione e la cura di spazi a disposizione di tutti. Dal canto suo il Suap nega che si tratti di pubblicità. Non c’è stata nessuna richiesta di questo tipo, precisano da via Ausonia, e in ogni caso, a norma di regolamento «l’amministrazione promuove le iniziative necessarie affinché nel proprio territorio non venga esposta pubblicità con un contenuto ed immagini lesive del decoro, della fede religiosa e/o delle appartenenze di genere, culturali e nazionali delle persone, fattispecie non rientranti tra quelle indicate nell’interrogazione»

In pratica gli uffici confermano che non c’è un’autorizzazione come pubblicità e che non ci siano messaggi vietati. Di Gangi a quel punto ha presentato un esposto alla polizia municipale, chiedendo di «accertare formalmente la natura pubblicitaria» dell’opera e «la rimozione della pubblicità abusiva senza pregiudicare la fruizione dello spazio». I vigili dopo un sopralluogo hanno constatato l’esistenza della scritta e chiesto chiarimenti alla società e al Suap. La risposta degli uffici è stata la stessa di qualche mese prima, sottolineando che «l’opera di street art non sia da qualificare come messaggio pubblicitario e di conseguenza non sia soggetta alle disposizioni regolamentari relative ai mezzi pubblicitari».

Ora la consigliera, dopo mesi di botta e risposta, chiede l’intervento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e ai Garanti per i minori (nazionale, regionale e comunale). In mezzo a esposti, atti ispettivi e scartoffie burocratiche, c’è San Benedetto al Moro che, dal prospetto della palazzina affacciata sul campetto, osserva la scena.