l'appuntamento
Renna: "La corruzione è peggio della mafia, meglio ammettere quando si sbaglia"
L'arcivescovo di Catania incontro i giornalisti per gli auguri di Natale: "Umiltà e perseveranza siano con noi"
In un mondo che tende ad appiattirsi, la non rassegnazione e il continuare a porsi domande sulla realtà è la prova che la speranza esiste. Questo il messaggio che l’arcivescovo di Catania, mons. Luigi Renna, ha rivolto ai giornalisti durante l’incontro di ieri mattina per lo scambio degli auguri di Natale.
L’arcivescovo nel suo discorso ha toccato punti salienti che affliggono la società di oggi, come l’annoso problema dello spaccio di stupefacenti, ma anche quello della corruzione: «Non voglio colpevolizzare nessuno - ha detto - ma, anche in virtù dei legami che si creano con la conoscenza, sono molto addolorato per quello che è avvenuto a Paternò. Oltre alla mafia il grande male della Sicilia è la corruzione, che è anche peggio della mafia, perché si annida nelle istituzioni, nelle università, nella sanità e persino nella Chiesa. Credo che parlarne sia importante! È vero che si aspetta il giudizio degli inquirenti, però avrei preferito che qualcuno avesse detto di aver sbagliato. Forse una certa classe dirigente non comprende che, pur cercando di fare del suo meglio, non è sufficientemente prudente. Sarebbe stato meglio, per riacquistare la fiducia di tutti, ammettere i propri errori, perché gli atti di umiltà sono quelli che ci avvicinano di più alla gente».
Umiltà e perseveranza, queste le due virtù fondamentali che bisogna sempre tenere presenti e che fungono da sentinelle contro le derive del potere. Il compito dei giornalisti, ieri rappresentati anche dal presidente regionale Concetto Mannisi, è quello di raccontare e “affondare il coltello” sulle situazioni per aiutare a capirle: «Non basta a mio parere dare la notizia - afferma l’arcivescovo - ma bisogna ragionare su ciò che accade. Credo che il giornalismo d’inchiesta più sia di inchiesta più vive veramente la sua vocazione perché aiuta ad andare in profondità. Non fermarsi al fatto ma andare oltre e vedere quali procedure, quali situazioni ci sono dietro. Occorre rimettere in atto una controtendenza perché molti, oggi, si accontentano semplicemente della notizia telegrafica. Bisogna riuscire a coniugare la brevità con la necessità di fare un'analisi. Chiedersi il perché certi avvenimenti accadono e quanto noi possiamo esserne responsabili».
Non poteva mancare, inoltre, uno sguardo al panorama europeo e a quella che si può definire la "Cultura della Guerra", evidenziando come vi sia un preoccupante arretramento rispetto alla sensibilità pacifista di qualche decennio fa. Una società, la nostra, che però, a differenza di quella che si stava preparando alla Seconda guerra mondiale, conserva il valore della non violenza seppure in ambiti molto limitati. «Quelli che possono condizionare i tempi siamo noi!», dice Renna. «Papa Francesco parlava molto della responsabilità dei movimenti dal basso, della cultura dal basso. Il mio parere è che dobbiamo recuperarla».
In questo panorama l’arcivescovo descrive l'Europa come un “esperimento” di unità e volontà nato dopo le macerie delle guerre mondiali, per far sì che popoli diversi possano convivere senza armi. Un’Europa che deve rimanere unita!
Monica Colaianni