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Il caso

Gestore idrico unico, la firma senza i sindaci: dubbi e tensioni sull’Ati commissariata

Il sindaco di Carlentini Giuseppe Stefio parla di un percorso già scritto, di commissariamento voluto e di un’unità dei sindaci rivelatasi illusoria

21 Dicembre 2025, 17:21

Gestore idrico unico, la firma senza i sindaci: dubbi e tensioni sull’Ati commissariata

Dovrebbero essere i cittadini a chiedere conto e ragione all’attuale classe politica del perché, venerdì, a firmare la convenzione che sancisce l’operatività del nuovo gestore unico del servizio idrico integrato, per i prossimi trent’anni, nell’intero ambito provinciale, con un appalto da 1,2 miliardi, siano stati un commissario – in sostituzione dei sindaci – e un presidente della società mista, espressione dei privati. In pratica non c’era il pubblico. Da una parte un commissariamento Ati (Assemblea dei sindaci) per inadempienza e dall’altra una società pubblico/privata che, nonostante il dichiarato 51% pubblico, ha partorito uno statuto dove il rappresentante sociale è il presidente del consiglio di Gestione, espressione dei privati. Mentre il rappresentante del consiglio di Sorveglianza, espressione pubblica, ha solo posato per la foto, perché la commissaria Ati Barresi non voleva comparire.

In questo contesto, qualche malcontento è cresciuto (tardi?) da parte dei sindaci. Il più ribelle, tra i ribelli, è sicuramente il primo cittadino di Carlentini, Giuseppe Stefio, la cui posizione non è frutto di estromissioni da eventuali lottizzazioni, ma dell’ingenua convinzione che «l’unità dei sindaci» fosse un valore condiviso. E invece a un certo punto «qualcosa è accaduta».

«Noi ad agosto – racconta Stefio – abbiamo avuto una convocazione da parte della commissaria Barresi, ma poi sui contenuti della convenzione non abbiamo avuto la possibilità di un confronto. Io, per esempio, non conosco neanche le tariffe. In questo – il rammarico di Stefio - Francesco Italia, benché l’assemblea dei sindaci fosse commissariata, come presidente dell’Ati avrebbe dovuto garantire e tutelare il ruolo dei sindaci. A un certo punto, invece, c’è stata la sensazione che si volesse andare avanti senza sentire, né ascoltare nessuno. La delusione più grossa è questa: sin dalla nascita dell’Ati si è sempre detto rappresentiamo i territori, cerchiamo di dare voce a tutti i territori. Ma in realtà c’era uno strano immobilismo. La sensazione – prosegue Stefio -, col senno di poi, è che ci fosse un progetto ben definito: fare commissariare l’Ati. Soprattutto da parte dei sindaci che detengono le quote maggioritarie.

Stefio ragiona a voce alta: «Il fronte dei sindaci – ricorda - si rompe nel momento delle nomine (Consiglio di sorveglianza ndr): venuto meno il principio di equa rappresentanza di tutti, e fatte valere le quote societarie». C’era dunque un progetto precedente che culmina lì? «Che cosa devo pensare?», si chiede Stefio retoricamente. Che poi spiega: «La sensazione è di essere stati distratti per arrivare a questa soluzione. Alla fine, a prescindere che ci sia un commissario e per sua natura deve decidere al posto nostro, al di là dei tecnicismi, mi chiedo: è possibile che noi sindaci non conosciamo i termini della convenzione? Dopo la convocazione di agosto, mi aspettavo un altro incontro per capire quali fossero i contenuti della convenzione. E invece si arriva alla firma. Non mi sembra corretto. E quindi sorgono molti dubbi». Anche sull’altra parte firmataria, Aretusacque: è possibile che la società a maggioranza pubblica sia rappresentata dal privato? Stefio tace su questo, ma traspare autocritica: con il senno di poi, i sindaci potevano stare più accorti sul statuto: «Ci siamo fidati di chi era socio di maggioranza – ripete - Credendo alla buona fede e all’unitarietà dei sindaci, alla fine c’era un intento ben preciso? Chi detiene le quote di maggioranza aveva la responsabilità di gestire meglio tutto, a meno che non gli abbia fatto comodo così. Un segnale di trasparenza – conclude - sarebbe stato mettere alla presidenza del consiglio di Sorveglianza un rappresentante delle associazioni per l’acqua pubblica. Ora chi tutela i cittadini sull’eventuale aumento delle tariffe?».