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IL GIALLO INFINITO

Garlasco, una scia di sangue in cima alle scale: la nuova impronta che riapre domande scomode

Un dettaglio affiorato dal passato – una possibile impronta di scarpa insanguinata – rimette al centro del caso Poggi la fragile “traccia 33” e le opposte letture di accusa e difesa

Alfredo Zermo

21 Dicembre 2025, 22:32

Garlasco, una scia di sangue in cima alle scale: la nuova impronta che riapre domande scomode

La scena è la stessa di sempre, eppure non lo è più. In cima alle scale che scendono verso la tavernetta di via Pascoli, a Garlasco, dove il corpo di Chiara Poggi fu trovato il 13 agosto 2007, gli inquirenti avrebbero individuato – o meglio rivalutato – una nuova impronta: il segno di una possibile scarpa insanguinata.

È un dettaglio che non era mai emerso al grande pubblico con questa nettezza e che, secondo quanto riferito dal Tg1 nell’edizione di questa sera alle 20, si collocherebbe in una posizione coerente con la famigerata “traccia 33”, l’impronta di palmo sul muro che la Procura di Pavia ritiene attribuibile ad Andrea Sempio, l’amico del fratello di Chiara oggi indagato nel nuovo filone per concorso in omicidio. Se quella scarpa, sporca di sangue, si fosse davvero fermata sul pianerottolo più alto, e se la mano, nello stesso frangente, si fosse appoggiata alla parete, allora un tassello della dinamica potrebbe spostarsi. Ma per la difesa di Sempio la “33” resta un reperto fragile: “al massimo 5 punti caratteristici, non sufficienti a una attribuzione certa”, ribadiscono i consulenti. Il confronto – scientifico e processuale – si fa di nuovo rovente.

Il punto fermo del Tg1 e le conferme delle agenzie

La notizia della “nuova” impronta di scarpa è stata rilanciata dal Tg1 e ripresa da più testate: l’ANSA ha parlato di un’impronta “sulla sommità delle scale”, compatibile per posizione con la “traccia 33”; stessa linea Adnkronos e Tgcom24, che collocano il segno in cima alle scale interne e ne riferiscono la possibile compatibilità con l’impronta palmare. Dettaglio non banale: secondo questa ricostruzione, l’aggressore si sarebbe fermato e, appoggiandosi, avrebbe lasciato entrambe le tracce – suolo e parete – nello stesso corridoio temporale dell’azione. Un’ipotesi investigativa suggestiva, che però attende la necessaria validazione tecnico-peritale e, soprattutto, un pieno inquadramento processuale.

La “traccia 33”: un vecchio reperto

La “traccia 33” venne repertata nel 2007 sulle scale della villetta Poggi e classificata inizialmente come “non utile”. Negli ultimi mesi è tornata centrale: per i consulenti della Procura di Pavia – tra cui il tenente colonnello Giampaolo Iuliano dei RIS e il criminologo Nicola Caprioli – coincidono 15 minuzie dattiloscopiche con il palmo destro di Andrea Sempio; per i consulenti della famiglia Poggi e per la difesa di Sempio, quella corrispondenza non regge, sia sul piano del metodo sia su quello quantitativo: le minuzie realmente utilizzabili sarebbero 7 per alcuni, 5 per altri, troppo poche per un’attribuzione affidabile. È una distanza che non si colma da mesi e che ha già prodotto richieste – finora respinte dai pm – di inserire la “33” nell’incidente probatorio aperto a Pavia.

Le parole delle parti

La posizione dell’accusa è nota: la “33” sarebbe un indizio chiave, un segno lasciato proprio da Sempio, e il suo posizionamento – vicino al luogo in cui Chiara fu trovata – lo collocherebbe sul teatro del delitto. La difesa, invece, rovescia la prospettiva: anche a voler prendere per buone alcune compatibilità, non si tratterebbe di una “prova di colpevolezza”; Sempio frequentava quella casa – amico storico di Marco Poggi – e la presenza di sue tracce, in un’abitazione “di famiglia”, non sarebbe anomala. Sul piano tecnico, poi, la contestazione è netta: la “33” – ricordano i legali – è un reperto “storico” trattato con reagenti come la ninidrina, di qualità non omogenea, e un’analisi che inverte l’ordine corretto (prima isolare l’ignoto, poi confrontare con il noto) rischia un bias. Per questo, gli avvocati di Sempio insistono: i “5 punti” reali non bastano e i protocolli non sarebbero stati rispettati.

La novità della scarpa: perché conta la posizione

La possibile impronta di scarpa insanguinata, se confermata e correttamente datata alla finestra dell’omicidio, aggiunge un’informazione di contesto: “in cima alle scale” significa in uno spazio stretto, a ridosso del punto in cui il corpo venne avvistato e dove si ipotizza l’ultimo segmento dell’aggressione. La compatibilità di posizione con la “traccia 33” suggerisce – per chi sostiene l’impostazione accusatoria – un gesto simultaneo: il piede che arretra o si ferma, la mano che si posa sul muro per guardare in basso o per non scivolare. Il valore probatorio, però, dipenderà da elementi concreti: tipo di calzatura, pattern del battistrada, quantità di sangue, eventuali colature o sbavature che parlino del movimento. Senza queste conferme, siamo davanti a un tassello suggestivo ma non decisivo.

Il Dna sotto le unghie

Nelle stesse settimane, a Pavia si è discusso il perito nominato dal gip: la genetista Denise Albani della Polizia Scientifica ha firmato una relazione su 90-94 pagine che, con tecniche aggiornate rispetto al 2014, rivaluta il profilo genetico maschile estratto da due unghie di Chiara. L’esito, sintetizzato dall’ANSA e da altre testate: piena concordanza dell’aplotipo Y con la linea paterna della famiglia Sempio; in altre parole, una compatibilità molto alta con un gruppo ristretto di individui che condividono quell’aplotipo. Ma nel merito la perizia è prudente: profilo parziale, materiale degradato e non replicabile in modo stabile; risultato “non certamente affidabile” per un’identificazione individuale. Il 18 dicembre 2025, in incidente probatorio, le parti hanno discusso il dossier; il valore dell’esito, allo stato, è quello di una conferma “di linea” – che incrocia alcune valutazioni già note ai consulenti Carlo Previderé e Ugo Ricci – ma non di una prova piena.

Che cos’è un’aplotipo Y e perché non “nomina” una persona

Per i lettori: l’aplotipo Y è la sequenza di marcatori del cromosoma Y, trasmesso in linea maschile. Se si trova una compatibilità, come nel caso in esame, di norma indica che la traccia biologica proviene da qualcuno appartenente alla stessa linea paterna dell’indagato (padre, fratelli maschi, zii e cugini in linea di maschi, o un soggetto non imparentato ma con identico aplotipo presente nella popolazione). È quindi un dato che restringe, ma non identifica in esclusiva. In un processo, un’associazione Y regge se concorre con altri indizi – posizione, tempi, tracciati coerenti – e se la catena di conservazione e acquisizione del reperto è stata ineccepibile. Ed è proprio su “metodi e catena” che la difesa continua a insistere.

Un contesto che pesa: tra vecchie certezze e nuove indagini

Il caso di Garlasco, per chi non lo seguisse con continuità, ha un punto fermo giudiziario: Alberto Stasi, all’epoca fidanzato di Chiara, è stato condannato in via definitiva a 16 anni il 12 dicembre 2015 dalla Cassazione e oggi è in semilibertà (provvedimento confermato dalla Cassazione il 1 luglio 2025). Il nuovo filone che coinvolge Andrea Sempio non riapre quel giudicato, ma cerca – secondo l’impostazione accusatoria – eventuali co-responsabilità o concorsi nell’omicidio rimasti nell’ombra. È un equilibrio delicatissimo, anche mediatico, che alimenta aspettative e diffidenze.

Il “sistema Pavia” e l’ombra delle corruzioni: perché l’inchiesta di Brescia pesa sul clima

A incupire il quadro è poi l’inchiesta parallela della Procura di Brescia sul cosiddetto “sistema Pavia”: l’ex procuratore aggiunto Mario Venditti è indagato per presunta corruzione in atti giudiziari con riferimento alla gestione delle indagini del 2017 su Sempio; in sintesi, si ipotizza un flusso di denaro – stime tra 20 e 30 mila euro, secondo alcuni atti – per “addolcire” la posizione del giovane. Sono contestazioni tutte da provare, ma bastano, per ora, a rendere più tesa l’atmosfera e più accese le letture “di parte”. Nelle scorse settimane ci sono state perquisizioni a carico di più soggetti, e si parla di irregolarità nella conduzione delle indagini e persino di domande anticipate a familiari dell’indagato: elementi che, se confermati, imporranno ulteriori verifiche sulla tenuta probatoria di talune acquisizioni storiche.