La storia
Don Cunsolo assolto ma attende ancora la sentenza della giustizia ecclesiastica: «La Chiesa ignora la mia innocenza»
Prosciolto dal gup perché il fatto non sussiste, il religioso di Siracusa attende un altro verdetto tra sospensioni a divinis, istanze di ricusazione e presunte discrepanze nelle accuse
Dopo la sentenza di assoluzione con formula piena dalle accuse di violenza sessuale su minore perché il fatto non sussiste, emessa dal Gup del tribunale aretuseo, Andrea Migneco, per il reverendo Salvatore Cunsolo, già cappellano militare a Catania, si è chiuso il capitolo con la giustizia ordinaria ma rimane aperto quello con la giustizia ecclesiastica. Il procedimento canonico, infatti, era stato di fatto sospeso, su richiesta dell’avvocato Antonino Lizio, che difende Cunsolo, in attesa del giudizio del giudice ordinario.
Don Cunsolo, lei si è sempre difeso dall’accusa di violenze sessuali nei confronti di un minore. In attesa delle motivazioni della sentenza, che cos’è, a suo parere, che avrebbe convinto il giudice ad assolverla?
«Ho sempre sostenuto le importanti discrepanze nelle dichiarazioni rese dal denunciante in varie occasioni, dalle quali si capisce la falsità delle accuse. Per esempio, nell’interrogatorio davanti al giudice, ha descritto la casa di campagna di mia proprietà a Francofonte con la presenza di un’alta siepe grazie alla quale era difficile agli esterni notare quanto avvenisse in piscina, dove racconta essersi consumato, da parte mia, il primo atto di violenza ai suoi danni. Peccato che dagli atti è emerso che la prima visita del giovane nella mia casa di campagna è avvenuta anni dopo, probabilmente nel settembre del 2018 (data ricavata da una foto da me ritrovata) e non tra il 2009 e il 2011, come dichiarato dal denunciante in incidente probatorio e negli altri interrogatori. Ho potuto dimostrare, producendo foto dell’epoca, che, ammesso e non concesso quell’incontro fosse avvenuto otto anni prima, la posa della siepe risaliva alla primavera del 2010 e non poteva, quindi, essere così alta come descritta. Ed in più, il denunciante colloca la presunta prima violenza in piscina in date diversissime tra loro, alcune persino durante le vacanze di Natale, cosa impossibile per varie ragioni (piscina coperta e clima non favorevole per l’utilizzo di una piscina). Da considerare anche che nessuna prova, dico nessuna, è stata prodotta a sostegno dell’accusa».
Lei ha avanzato istanza di ricusazione nei confronti del delegato?
«Vorrei evitare di entrare nel merito. Ci sono stati episodi dai quali è emerso un comportamento lesivo dei miei diritti di difesa, mi auguro in buona fede, perché credo che anche la curia di Siracusa sia stata tratta in errore dal mio accusatore. Ho saputo che il Tribunale Ecclesiastico Diocesano, già nella fase di indagini preliminari, aveva chiesto alla Procura lo scambio dei documenti inerenti il processo. La Procura rispose ricordando che nella fase delle indagini, gli atti sono secretati e che si doveva aspettare la chiusura delle stesse indagini per avere accesso alla documentazione. In seguito lo scambio è avvenuto, ma mancavano i due verbali di interrogatorio della presunta vittima durante il processo vero e proprio. L’avvocato Lizio, ha formulato precise richieste, suffragate dall’ordine del Gip, per la consegna della documentazione. Nonostante l’istanza di ricusazione presentata al Dicastero competente, solamente nel gennaio successivo, il giudice ecclesiastico, ha consegnato i verbali, dieci minuti prima dell’inizio dell’udienza del Gip».
Perché coinvolge la Diocesi?
«Non intendo coinvolgere nessuno, tantomeno la Chiesa, che amo e che ho servito da così tanti anni. Sono solo molto ferito perché si è voluto dar subito credito ad accuse false senza preoccuparsi di verificarle. Pensi che dopo la denuncia presentata dalla presunta vittima all’arcivescovo, il denunciante è stato fisicamente condotto negli uffici della Questura dal vicario generale, e poi la Diocesi ha offerto la somma di 200 euro al ragazzo, dopo averlo ospitato nei propri ambienti per una notte. Per quanto mi riguarda, invece, pare su spinta dello stesso denunciante, sono stato sospeso a divinis cautelativamente dall’inizio dei due processi, ma senza aver mai verificato nulla e causando in me danno e dolore».
E’ ancora sospeso dal sacerdozio pure dopo l’assoluzione?
«Nessuno, dopo l’assoluzione si è fatto sentire. Ho saputo che il mio avvocato ha comunicato sia a Roma che al tribunale ecclesiastico di Siracusa che ero stato assolto, ma ancora nessuna notizia sulla mia sorte dal punto di vista ecclesiastico. Tutto questo è assurdo e non mi capacito che non si capisca quanta sofferenza mi causa».
Alla luce della sentenza assolutoria da parte del Gup del Tribunale, lei rinuncerà alla ricusazione?
«Quell’istanza resta in piedi perché da me ancora non formalmente ritirata. Sebbene convinti della fondatezza dell’eccezione di ricusazione presentata, non ci interessa insistere oltremodo, laddove, come spero, sulla scorta della affermazione di innocenza dichiarata autorevolmente dal giudice penale dello Stato, si possa giungere ad una giusta e doverosa assoluzione anche in ambito ecclesiastico. Il giovane ha mentito al Pm ed ha mentito al Gup. Ha mentito anche al vescovo, al suo vicario e al giudice ecclesiastico, ma solo i giudici dello Stato hanno capito l’inganno. Mi sono chiesto se le autorità ecclesiastiche competenti hanno capito la sofferenza che mi hanno arrecato e che ancora soffro, da innocente. Io non ho commesso nulla di quello di cui sono stato accusato, ma i miei testi che hanno cercato di riferirlo al tribunale ecclesiastico sono stati trattati malissimo per aver detto la verità e ancora adesso non ho notizie sulla mia sorte».