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Acqua, la Corte dei Conti: «In 25 anni di gestioni situazione peggiorata»
Il “referto”: bocciata la scelta dei dissalatori adottata dalla Regione «fonte marginale», non c’è chiarezza su «economicità» ed «efficienza»
Il lago di Piana degli albanesi ridotto ad una pozzanghera (luglio 2024)
Negli ultimi 25 anni. nessun «miglioramento qualitativo nella gestione dell’approvvigionamento primario e del ciclo idrico integrato risulta conseguito». Semmai, si registrano «altrettanto palesi peggioramenti complessivamente gravanti sul sistema idrico». In poche righe, è fotografato il fallimento storico e presente della gestione idrica in Sicilia. I passaggi sono contenuti in un referto della Sezione di controllo della Corte dei conti. Un documento frutto di un'istruttoria durata un anno, che racconta di una emergenza eterna e mai risolta. E alla quale, al momento, sembra non si trovino le contromisure adatte. Lo spiegano gli stessi magistrati contabili, in seguito al contraddittorio con gli uffici della Regione e con la galassia degli enti che a vario titolo – a volte persino in conflitto con se stessi – concorrono alla gestione: «Tutte le gravi criticità» individuate, infatti, sono state «integralmente confermate all’esito del confronto con tutte le amministrazioni, senza alcun superamento neppure parziale». Nessun argomento per controbattere. Anzi, tutti questi enti (la Corte fa riferimento alla Presidenza della Regione, al Dipartimento acqua e rifiuti, alla Protezione civile regionale e all’Assessorato all’Agricoltura), «hanno pacificamente ed unanimemente riconosciuto la sussistenza di cause d’inefficienza gestionale e strutturale, sulle quali intervenire con urgenza ed immediatezza». Sul punto, quindi, Corte dei conti e Regione sono d'accordo: non c'è tempo da perdere. Ma non sarà semplice. Perché i fronti su cui intervenire sono tanti, dalle condizioni delle infrastrutture idriche, a cominciare dalle dighe, alla gestione degli enti, compresi i Consorzi di bonifica, mentre anche i tentativi di rispondere all'emergenza siccità finiscono sotto la lente delle Corte: è il caso della convenienza pratica ed economica dei dissalatori voluti dalla Regione.
Ma qualcosa bisognerà fare. Anche l'esperienza diretta dei siciliani, diventata ormai letteratura e spunto per fiction comiche, finisce per combaciare con quelli che sono gli indicatori più analitici. È il caso del cosiddetto “Best” che analizza tre fattori. Il primo è il benessere, che riguarda gli aspetti, complementari al Pil, rilevanti per la qualità della vita dei cittadini; il secondo è l’equità, che attiene alla distribuzione del benessere; e il terzo è la sostenibilità, che si riferisce all garanzia dello stesso benessere anche per le generazioni future. «Dalla lettura e dalla rilevazione dei Best, la Sicilia, rispetto alle altre regioni – sottolinea la Corte dei conti - occupa il penultimo posto». C'è da scalare, quindi, anche questa classifica.
Ma come? Finora, chi ha amministrato la Sicilia, non ha fatto quello che era più logico fare: «La variabilità dei fenomeni climatici avrebbe dovuto indurre la Regione – scrivono i magistrati contabili - al miglior governo dell’approvvigionamento idrico, che - viceversa ed all’esatto contrario - è diventato meno sicuro» e «sempre più problematico fino alla più recente dichiarazione di stato di emergenza regionale, nel maggio 2024». In Sicilia, però, la disorganizzazione degli enti che gestiscono l'acqua ha persino una radice nei confini stessi degli ambiti serviti: nonostante il richiamo – reiterato anche in questo caso dalla Corte dei conti – di far coincidere gli Ato con i bacini idrografici, in Sicilia ci si è limitati a sovrapporli a quelli amministrativi. Così, il sistema di gestione finisce per essere «radicalmente frammentato, con competenze distinte e non coordinate che danno luogo a molteplici e differenti questioni critiche». Gli allarmi più recenti, poi, annota la Corte dei conti, sarebbero stati più volte segnalati dall'Autorità di bacino alla Presidenza della Regione, ma «nonostante i promemoria inviati - soltanto nel 2024 la Giunta regionale ha adottato i conseguenti atti deliberativi». La modalità di creazione della Cabina di regia, arrivata il 9 aprile del 2024, non avrebbe consentito «d’intervenire con immediatezza, anticipando di oltre un anno gli interventi» contro la siccità.
Oggi, poi, appare difficile garantire il fabbisogno annuale necessario, stimato in oltre 1,1 miliardi di metri cubi, anche per le condizioni delle infrastrutture: dei 45 grandi invasi artificiali esistenti sull’isola, ne sono attivi 38, dei quali solo 18 funzionanti a pieno regime, mentre 20 assoggettati a limitazioni di riempimento. Sette invasi, invece, sono attualmente fuori esercizio o in costruzione. Oggi, quindi, si può garantire al massimo il 67,1 per cento del fabbisogno.
Numeri sui quali la Regione sta provando a porre rimedio. Ma uno dei tentativi è stato già “bocciato” dalla Corte dei conti. È il caso dei dissalatori, che a regime, annota la Corte dei conti, produrranno solo l’1,28 per cento dell'acqua necessaria, a fronte dello 0,77 per cento garantito al momento. Rispetto al fabbisogno civile o potabile, l’acqua che verrà prodotta dai dissalatori a regime contribuirà per il 5,28 per cento. Un po' poco, considerati gli investimenti: «A fronte di tali volumi di produzione di risorsa idrica – scrive infatti la Corte - la spesa affrontata dalla Regione (oltre 100 milioni di euro per la realizzazione, più una spesa prevista, a regime, di 32 milioni l'anno) non viene supportata da alcuna relazione tecnica che ne esponga e ne giustifichi, nel dettaglio, il rapporto costi/benefici». I magistrati quindi parlano di «sussistenza di palesi indicatori della diseconomicità». I dissalatori, insomma, rischiano di trasformarsi nell'ultimo buco nell'acqua.