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CARCERI

Ucciardone, droga ai colloqui e una testata all’agente: l’ennesimo campanello d’allarme dalle carceri siciliane

Un controllo di routine si trasforma in violenza: da un pacchetto sospetto al pronto soccorso, dentro l’istituto palermitano dove si accumulano criticità note e nuove, dai droni alla nona sezione “infernale”.

Redazione La Sicilia

24 Dicembre 2025, 19:27

Ucciardone, droga ai colloqui e una testata all’agente: l’ennesimo campanello d’allarme dalle carceri siciliane

La scena si consuma in pochi secondi, nel pieno via vai dei colloqui prima delle feste. Un detenuto viene fermato per un controllo: addosso avrebbe un involucro che gli agenti della Polizia penitenziaria reputano compatibile con della sostanza stupefacente appena ricevuta. La tensione sale all’improvviso. L’uomo si divincola, colpisce con una testata un agente in volto e scappa di qualche passo, prima di essere bloccato. Per il poliziotto, trasporto in ospedale e una prognosi di dieci giorni. È accaduto all’Ucciardone di Palermo nel pomeriggio del 24 dicembre 2025. Un fatto in sé circoscritto, ma che racconta molto della fragilità del sistema e delle condizioni in cui lavorano — e vivono — le persone dietro le mura delle carceri siciliane.

Cosa è successo e perché è importante

Secondo la ricostruzione, la presunta droga sarebbe stata consegnata durante i colloqui con i familiari, una delle vie più antiche e, nonostante i controlli, ancora utilizzate per far entrare stupefacenti e micro-tecnologie nelle celle. L’aggressione, una testata al volto, ha comportato per l’agente un passaggio in pronto soccorso e dieci giorni di prognosi. Un episodio che le sigle sindacali interpretano come l’ennesimo segnale di una spirale di violenza che da mesi — anzi anni — attraversa gli istituti palermitani, con particolare intensità proprio all’Ucciardone.

L’Ucciardone, un istituto simbolo tra storia e criticità

L’Ucciardone è uno dei penitenziari storici d’Italia. Ma il peso della storia non attenua le emergenze del presente. Nell’ultimo anno si è parlato più volte della cosiddetta “nona sezione”, un reparto ritenuto ad alta conflittualità, dove si concentrano detenuti con profili complessi, anche per fragilità psichiatriche. Proprio lì sono state documentate ripetute aggressioni ai danni del personale: agenti colpiti alle spalle, feriti con oggetti lanciati o divelti da arredi, persino tentativi di dare fuoco alle celle durante tumulti improvvisi. I sindacati — dal CNPP-SPP al Coordinamento nazionale polizia penitenziaria — denunciano da mesi condizioni “esplosive” e chiedono misure drastiche, inclusa la promessa chiusura della nona sezione indicata in visita istituzionale dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro.

Nel corso del 2025 gli episodi non sono stati isolati: dalle aggressioni con pugni e calci a quelle con sbarre di metallo e frammenti di lavandino, con diversi agenti finiti in ospedale. Il quadro che emerge è quello di un reparto che fatica a reggere la pressione quotidiana, tra carenza di personale, turni lunghi e gestione di persone con disturbi psichiatrici che necessiterebbero di percorsi ad hoc, spesso non disponibili.

Non solo colloqui: i droni, la frontiera del contrabbando

Il tentativo del 24 dicembre ripropone il tema del contrabbando in carcere. Oggi, accanto ai metodi “tradizionali” (colloqui, pacchi, corrieri), si è affermata una frontiera tecnologica: i droni. In Sicilia e non solo, le forze dell’ordine hanno intercettato più volte piccoli velivoli carichi di stupefacenti e telefonini diretti ai cortili detentivi. A Gela, un’indagine dei Carabinieri ribattezzata “The Wall” ha documentato tra maggio 2024 e giugno 2025 l’uso sistematico dei droni per rifornire le celle; quindici gli indagati colpiti da misura cautelare. E a Palermo, proprio pochi giorni fa, due persone sono state bloccate mentre cercavano di far arrivare all’Ucciardone un carico che, secondo i sindacati, avrebbe fruttato circa 20 mila euro solo di droga, oltre a telefoni per altri 2 mila: l’intercettazione è avvenuta all’esterno e per gli arrestati si sono aperte le porte del Pagliarelli.

Questa evoluzione mette sotto stress i sistemi di sorveglianza perimetrale e la capacità di reazione del personale: un drone può sfrecciare in pochi secondi sopra la cinta muraria, sganciare il pacco e sparire. Se allo stesso tempo i colloqui restano una via d’ingresso privilegiata per piccoli quantitativi e micro-schede, il risultato è un fronte ampio, difficile da presidiare senza risorse e tecnologie più avanzate.

Sovraffollamento e carenze d’organico: la miscela che moltiplica i rischi

Non si può isolare l’episodio di Palermo dal contesto nazionale. Al 31 luglio 2025, nei penitenziari italiani erano presenti 62.569 persone a fronte di una capienza regolamentare di circa 51.300 posti. Considerando i posti temporaneamente indisponibili, gli esperti stimano un indice effettivo di sovraffollamento che supera in media il 130%, con punte oltre il 200% in alcuni istituti. Sono numeri confermati da più rilevazioni (dal Ministero della Giustizia al Garante nazionale passando per Antigone) e fotografano una pressione costante che, inevitabilmente, accresce tensione, incidenti e aggressioni.

La Sicilia è tra le regioni più esposte: nel 2025 si attesterebbe attorno a 6.400-7.000 detenuti distribuiti in 23 carceri, con un tasso di affollamento che i rappresentanti istituzionali e le cronache locali indicano oltre il 100%. In parallelo, i sindacati parlano di turni fino a 13 ore, straordinari non sempre pagati, accorpamenti di posti di servizio e personale allo stremo. È su questo crinale che un controllo ai colloqui, un trasferimento negato o una crisi individuale possono precipitare in violenza.

Le voci dal fronte: sindacati e DAP

Le sigle della Polizia penitenziariaSAPPE, OSAPP, UILPA, SINAPPe, SPP e altre — da mesi chiedono interventi strutturali: deflazione della popolazione detenuta, assunzioni per rafforzare gli organici, formazione specifica sulla gestione delle emergenze e strumenti idonei a fronteggiare i nuovi rischi (droni, micro-tecnologie, aggressioni improvvise). Il 9 giugno 2025 il SAPPE ha incontrato il nuovo Capo del DAP, Stefano Carmine De Michele, portando al tavolo proprio i temi delle aggressioni al personale, del sovraffollamento e della dotazione organica. Un confronto che certifica come la priorità sia ormai condivisa anche ai vertici dell’Amministrazione, chiamata però a tradurre l’attenzione in atti concreti e misurabili.

La “nona sezione” dell’Ucciardone: perché è un nodo cruciale

Nel 2025 l’attenzione su Palermo si è spesso concentrata su un reparto: la nona sezione. Qui si sono sommate tre variabili critiche: la vulnerabilità psichiatrica di una quota di detenuti, la vetustà strutturale, la carenza di personale. Dalle cronache risultano episodi in rapida sequenza: agenti colpiti con pugni o oggetti lanciati, reparti messi a soqquadro, incendi appiccati in cella e sedati a fatica, una catena di feriti — in alcune giornate anche quattro o sei agenti insieme. L’idea di chiudere il reparto è tornata sul tavolo più volte e alcune sigle l’hanno indicata come condizione per ripartire da protocolli più rigorosi di assegnazione, sorveglianza e trattamento.